La Scoperta di Antonio

Qualche ventina di anni fa non si sarebbe mai fantasticato che anche il territorio italiano ospitasse orme e resti di dinosauri. Si pensava fossero soltanto una caratteristica americana ed invece … risalgono, infatti, agli anni ‘90 le prime segnalazioni di orme di dinosauri italiani: ai Lavini di Marco sopra Rovereto in calcari Giurassici del Trentino Alto Adige e alle pendici del Monte Pelmetto in Cadore.

La notizia di probabili dinosauri sul Carso triestino risale all’incirca a poco più di dieci anni fa, quando comparve sul giornale locale ‘il Piccolo" una notizia a dir poco eccitante e cioè che erano stati rinvenuti dei resti di dinosauri nei pressi del Monte Ermada. A dire il vero, due appassionati ricercatori avevano ritrovato dei resti fossili attribuibili inizialmente a grossi rettili cretacici, in una zona prospiciente il mare vicino aIIa cava abbandonata di Villaggio del Pescatore.

Ne fu informato il Museo civico di Storia Naturale che si occupò di effettuare regolare domanda di concessione di scavo alla Soprintendenza ai B.A.A.A.A.S. del Friuli Venezia Giulia. Tra il 1992 e il 1994 le campagne di scavo diedero alla luce i primi reperti: un resto di osso pubico, un paio di zampe anteriori riferibili ad un individuo, un coracoide, una serie di quattro vertebre molto schiacciate, un osso isolato, resti disarticolati di pesci, un unico resto vegetale. Fino a questo momento nulla di particolare che facesse immaginare ad un grande dinosauro.

Ne! 1990 mi iscrissi all’Università degli Studi di Trieste alla Facoltà di scienze Geologiche con grande entusiasmo e convinta che Io studio della paleontologia, passione coltivata fin da piccola, mi avrebbe dato tanto. Nel frattempo iniziai anche una collaborazione volontaria con il Museo di Trieste per ricerche e studi a carattere paleontologico.

Quasi giunta al termine del mio corso di studi nel 1994 mi venne assegnata oltre ad una tesi in Micropaleontologia anche una tesina in Rilevamento Geologico. Per caso mi offrirono proprio Ia zona di Villaggio del Pescatore. Durante uno dei frequenti sopralluoghi in zona, allo scopo di confermare un’ipotesi di faglia che secondo i miei calcoli doveva passare poco distante dalla Cava abbandonata di Villaggio del Pescatore, raggiunsi una parte poco frequentata della zona. L’area aveva un’intricata vegetazione mediterranea che non permetteva un agile cammino in posizione eretta ma soltanto a carponi. A fatica quindi, misurando le giaciture dei pochi affioramenti e facendomi spazio tra i rovi, mi ritrovai di fronte ad una roccia calcarea con un fossile fuori dal comune. Dopo pochi secondi di smarrimento realizzai l’accaduto: mi trovavo di fronte ad un affioramento di roccia calcarea che portava in superficie una zampa anteriore di qualche rettile fossile.

Ancora adesso mi vengono in mente prima le iniziali sensazioni di incredulità, sgomento e stupore e poi quella di eccitazione che sopraggiungono quando un paleontologo fa una scoperta inattesa ed improvvisa. Non immaginavo ancora in quel momento, che questo reperto avrebbe influenzato Ia mia attività di paleontologo ed avrebbe rivoluzionato Ia paleontologia italiana ed europea, tanto da cambiare Ia paleogeografla del Cretacico.

Quel 25 aprile 1994 corsi subito ad informare il Museo di Trieste della scoperta e poi l’Università di Trieste. Fin dal primo sopralluogo fu ipotizzato che probabilmente quella parte distale di arto era forse soltanto Ia parte affiorante di un individuo di dinosauro che continuava verso iI basso all’interno delle rocce calcaree; oggi sappiamo che questo reperto ormai venuto completamente alla luce è Antonio!

SCAVI

Questa eccezionale scoperta diede l’avvio ad ulteriori campagne di scavo negli anni 1995 e 1996 sotto la direzione del direttore del Museo civico di Storia Naturale di Trieste, dott. Sergio Dolce. Venne estratto proprio quel blocco di roccia calcarea che portava in superficie la parte distale di quell’arto trovato dalla sottoscritta (quello affiorante che apparteneva ad Antonio). DaI reperto recuperato fuoriuscirono altre due zampe di un unico esemplare di dinosauro che ci diedero la certezza che l’esemplare probabilmente continuasse in profondità.

Fu proprio l’estrazione di questo secondo paio di zampe anteriori di un unico individuo che convinsero le istituzioni preposte alla tutela e valorizzazione del giacimento fossilifero, a erogare cospicui fondi per la ricerca e a organizzare degli scavi sistematici con tecnologie innovative nel campo della paleontologia.

Fu firmata quindi una convenzione fra Ia Sovrintendenza Archeologica e per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici del Friuli Venezia Giulia, il Museo di Storia Naturale di Trieste, ed il Dipartimento di Scienze Geologiche, Ambientali e Marine dell’Università di Trieste, per poter operare in sinergia vista l’enorme importanza scientifica del sito paleontologico e i probabili sviluppi socio-economici.

Gli ultimi scavi effettuati tra il 1996 ed il 1997 hanno portato alla luce l’intero dinosauro ritrovato eccezionalmente in ottimo stato di conservazione ed in connessione anatomica.

Lo scavo è stato affidato alla ditta "Stoneage" di Trieste, una società specializzata in ricerche paleontologiche, che ha usato delle nuove tecniche di scavo e di preparazione del reperto fossile. Infatti sono stati utilizzati mezzi meccanici di cava come perforatrici e fili da taglio diamantati, allo scopo di sbancare l’enorme quantità di roccia antistante Ia parte contenente Antonio, che si trovava inglobato in un blocco di 2 metri cubi di roccia, del peso di circa 2 tonnellate. Per raggiungere Io scheletro del dinosauro sono stati rimossi a blocchi oltre 300 metri cubi di roccia. In corso d’opera sono emerse inoltre delle soddisfacenti novità in quanto si sono rinvenuti un altro reperto di dinosauro, chiamato questa volta Bruno, un coccodrillo, pesci, crostacei, pochi vegetali e numerose ossa sparse.

In maniera molta sapiente e meticolosa, si è proceduto poi ad usare una tecnica di tipo chimico molta lenta, che ha richiesto qualche anno di lavoro ma che ha permesso Io scioglimento esclusivo della roccia, consentendo cosi la completa ed oggettiva conservazione di tutto l’apparato scheletrico del dinosauro. Si e sperimentato un metodo di preparazione usato comunemente su fossili di piccole e medie dimensioni che non era stato usato finora su campioni di tale calibro e che si basa sulle differenze di chimismo tra fossile e roccia. La roccia calcarea è costituita in grande percentuale da carbonato di calcio mentre le ossa fossili sono composte da fosfato di calcio. II carbonato di calcio che ha una diversa solubilità dal fosfato di calcio e stata attaccato da una soluzione di acido formico diluita al 5%. Ciò ha permesso Ia conservazione dei reperti ossei che mano a mano che venivano in superficie sono stati consolidati, mentre alternando acidature a sciacquature, Ia roccia si è disciolta in successive fasi.

La scoperta di Antonio è di grande eccezionalità ed importanza poiché è il primo dinosauro completo rinvenuto in Italia ed anche in Europa. Ed è grazie a questo rinvenimento che si aprono nuovi orizzonti e sviluppi nello studio del Carso Triestino, che fino a poco tempo fa si credeva essere un antico ambiente marino di scogliera. I dinosauri rinvenuti infatti testimoniano Ia presenza di vaste terre emerse che finora non erano state ipotizzate. Ma non solo, tale rinvenimento va a modificare l’assetto paleogeograflco delle terre emerse del periodo cretacico ed a creare nuovi sviluppi nella ricerca geologica e paleontologica.

PROSPETTIVE FUTURE

La Soprintendenza ai B.A.A.A.A.S. del Friuli Venezia Giulia ha affidato al Prof. Giovanni Pinna il coordinamento dello studio scientifico e della pubblicazione dei resti fossili provenienti dal Villaggio del Pescatore. Sona stati inoItre identificati gli argomenti di studio ed i relativi responsabili a livello internazionale.

Gli studi saranno raccolti in una monografia del Ministero per i Beni Culturali.

Lo studio del giacimento e dei reperti è stato cosi suddiviso:

  • Ad Eric Buffetaut (esperto internazionale sui dinosauri, C.N.R.S. Parigi) ed a Giovanni Pinna (ex direttore del Museo di Storia Naturale di Milano e noto paleontologo) è affidato Io studio dei dinosauri e Ia realizzazione di una nota preliminare ad essi dedicata da pubblicarsi su una rivista internazionale
  • Ad Eric Buffetaut e a Massimo Delfino (Università di Firenze) è affidato Io studio dei coccodrilli
  • A Nevio Pugliese e collaboratori (Università di Trieste) è affidato lo studio geologico, paleoecologico, micropaleontologico e palinologico del giacimento
  • A Luigi Capasso (Ministero per i Beni Culturali, Laboratorio di Antropologia) è affidato Io studio delle paleopatologie
  • A Chiara Sorbini (Università di Pisa) è affidato lo studio dei pesci
  • A Tiziana Brazzatti (Museo civico di Storia Naturale di Trieste) è affidato Io studio dei vegetali e dei crostacei
  • A Sergio Dolce (direttore Museo civico di Storia Naturale di Trieste) e Flavio Bacchia (Stoneage) è affidata Ia storia delle ricerche, le tecniche di scavo, Ia preparazione e Ia conservazione
SCHEDA DESCRITTIVA Dl ANTONIO

Nome scientifico: genere e specie nuovi alla Scienza. Il nome scientifico verrà scelto all’atto della pubblicazione ufficiale della monografia del Ministero per i Beni Culturali.

Tipo di dinosauro: adrosauro primitivo

Lunghezza: 4 metri

  • Altezza: 130 cm
Peso stimato dell’individuo: approssimativamente 700 Kg
  • Sesso: probabilmente femmina
Età: 6 anni di vita, esemplare adulto o sub-adulto

Alimentazione: erbivora

Abitudini di vita: viveva in branchi, in modo simile ad erbivori attuali quali, antilopi, gnu ecc..

Ambiente di vita: viveva in una pianura costiera paludosa ricca di vegetazione

  • Clima: tropicale o subtropicale
Periodo geologico: cretacico superiore (Santoniano superiore) cioè all’incirca 78 milioni di anni fa. 

A cura di Tiziana Brazzatti

Tratto da:

  • https://www.sistiana.net/antonio/anton.htm (no longer online)

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Created: Tuesday, April 23, 2002; Last updated: Saturday, March 25, 2023
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