I
castelli della Val d'Arsa
[Tratto da: Dario Alberi.
ISTRIA - storia, arte, cultura.
LINT (Trieste,
1997), pg. 885-9. All copyrights reserved to the author and publisher. This text is
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La Val d'Arsa conserva ancora le rovine degli
antichi castelli medioevali che fanno da corona turrita al bel panorama
della vallata. Questi, disseminati sui colli e sulle creste rocciose,
fanno ricordare il crudo periodo feudale durato in questa zona per dieci
secoli. Con l'inizio del feudalesimo, l'Istria, nel IX secolo, dopo una
permanenza sotto i duchi di Carinzia passò direttamente alle dipendenze
dell'imperatore ed il territorio, chiamato "marca", fu affidato ad un
marchese o margravio, con il compito di difendere questa zona di
confine.
A metà dell'XI secolo erano già stati eretti la maggior parte dei
fortilizi, qualcuno probabilmente sulle fondamenta di antiche
fortificazioni romane. Il marchese carinziano Ulrico I o Voldarico della
casa sveva Weimar-Orlamunde ebbe in dono varie località della Val d'Arsa,
direttamente dal re Enrico IV nel 1064, e fu lui il probabile realizzatore
di parte di questa cintura di fortificazioni. I castelli, che in tutto
l'arco di sei secoli provvidero alla difesa dell'ampia area, sono situati
nei territori di
Lupogliano,
Bogliuno,
Vragna,
Cosliacco,
Chersano,
Lettai, Gradigne,
Passo,
Cepich e S.
Martino di Bellai o Possert, più recente è il castello di
Bellai. Talvolta queste rocche furono affiancate da opere di difesa
minori chiamate battifredo. Tutta la valle passò nel 1102 sotto il
controllo della chiesa aquileiese, pur facendo parte dell'impero ed i
patriarchi infeudarono queste località a loro vassalli, non essendo la
chiesa in grado di gestire i beni temporali. In seguito, con il decadere
dell'autorità politica di
Aquileia, queste piccole baronìe particolari
furono accolte dai conti di Gorizia in un rapporto di vassallaggio, e su
di loro vennero esercitati i pieni diritti di sovranità. I feudi, con la
crescita di quella che diventò la contea di
Pisino, passarono più volte
dal potere patriarchino a quello comitale. Ciò fu naturalmente motivo di
guerricciole continue che arrecarono danni ingenti causando un'emorragia
della popolazione. Dopo il 1374, la contea di
Pisino pervenne ai duchi
d'Austria ed i castellani della Val d'Arsa formarono le loro Signorie
private diventando sudditi austriaci, staccati amministrativamente dalla
contea e solo più tardi dipesero da
Pisino per i giudizi sui fatti
criminali. I feudi ottenuti dai patriarchi erano di natura retto legale e
cioè la trasmissione dell'eredità dei beni feudali poteva essere devoluta
ai discendenti di entrambi i sessi; si potevano vendere ed anche dare in
locazione. Al principio del secondo
millennio, nei poveri paesini e nei villaggi della Val d'Arsa, situati
lungo le antiche strade romane, ridotte a sentieri per le capre dai
secoli di abbandono, viveva ancora una popolazione italica sopravvissuta
alla caduta dell'impero romano, alle distruzioni ed alle stragi
conseguenti
alle invasioni barbariche dei Longobardi, degli Avari e degli Slavi. Forte
era la pressione esercitata su queste genti da altre stirpi provenienti
dalle steppe orientali che premevano per entrare in questo territorio. Nei
secoli XI e XII i feudatari carniolici richiamarono, attorno ai manieri
della Val d'Arsa, coloni slavi in qualità di servi della gleba per
coltivare i terreni signorili e come servitù. In seguito, già a metà del
XIV secolo, la regione fu abitata da genti
rumene, in un contesto compatto lungo tutto il bacino dell'Arsa.
Questa storia di epoche aspre e semibarbariche ha lasciato
traccia di sè nell'architettura di carattere difensivo, dato il luogo
periferico. Normalmente questi castelli o rocche erano composti dal
palazzo, da una torre e da una cinta di mura e talvolta erano muniti di
fossato. Appena in epoca più tarda, tra il XVI ed il XVII secolo, persa
notevolmente l'importanza militare, furono talvolta sostituiti da
residenze più confortevoli. I castellani della Val d'Arsa conducevano una
vita dura, unici diversivi erano la caccia e le giostre. Formavano una
casta feudale compatta, estranea al paese per razza, costumi e lingua.
Parlavano dialetti tedeschi ma, essendo tutti analfabeti, tutte le
scritture e documenti furono trascritti dai notai in lingua latina. I
signori del feudo erano considerati padroni assoluti delle loro terre e
dei loro sudditi e non riconoscevano altra autorità se non quella del
sovrano, fosse arciduca o imperatore. Furono personaggi duri, in ogni
epoca, sia i primi di origine tedesca, sia i successivi di origine
italiana. Ogni protesta per nuove imposizioni ed ogni richiesta di
miglioramento del tipo di vita furono stroncati con durezza, ricorrendo
talvolta all'intervento militare. Il potere autocratico dei feudatari
della Val d'Arsa sembra comprendesse pure lo "ius primae noctis"; i poveri
contadini, sprofondati nella miseria e nell'ignoranza, dovevano sottostare
ad ogni tipo di prestazione e di oneri, oltre a pagare sempre nuovi tipi
di imposte. Il castello di
Lupogliano o Lupoglavo o Mahrensfels è il più settentrionale e fu
feudo di Enrico de'
Pisino cui seguirono gli Eberstein e poi gli
Herberstein; fu dato in pegno al Crussich e quindi al Sincovich, entrambi
fautori e sostenitori degli Uscocchi. Passò agli Eggenberg che lo
vendettero ai Brigido i quali costruirono il nuovo castello di cui ora
rimane il fabbricato; gli ultimi feudatari furono i Sottocorona.
Il più rinomato dei castelli della Val d'Arsa era quello
di Cosliacco, allora chiamato Wachsenstein, dal nome del suo
feudatario; fu feudo dei Duinati e dei Walsee, inoltre fu posseduto dai
Gutenecher, dai Moyses, dai Barbo e dai Nicolich. Inespugnabile era quello
di Vragna sull'orlo di un precipizio;appartenne a Ugone VI di
Duino, ai Walsee, ai Wachsenstein ed ai Sincovich. Il castello meglio
conservato è quello di Chersano, o Carsano o Karsan, di costruzione
più recente. Costruito dai de Pisino,
lo tennero i Karscheiner fino al 1600, passò quindi ai de Fin dopo un breve periodo che fu
del comandante di Segna, Rabatta, ucciso da quegli stessi Uscocchi che
doveva proteggere. pervenne quindi ai Rampelli e, per matrimonio, ai
baroni Dell'Argento ed infine ai Susani. Il castello di
Bogliuno o
Bagnol si vede da ogni parte della valle. Ricco di reperti romani, si
affaccia sul dirupo che sovrasta la strada che attraversa la valle. Fu del
cividalese Turini, degli Eberstein e quindi appartenne a Ugone VI di
Duino. Passò ai Walsee eredi dei Duinati, dal loro vassallo Zechoner,
pervenne ai Moyses di Cosliacco e quindi fu feudo del Sincovich. La
posizione panoramica dal castello di Passo o Passberg compensa la
salita che bisogna fare per raggiungerlo. Fu eretto da Federico Eberstein,
quindi divenne feudo dei Walderstein e per matrimonio pervenne a Benvenuto
Barbo il cui figlio Messaldo provvide a ricostruirlo nel XVI secolo.
La rocca di Gradigne ed il suo territorio, pur proclamata Signoria
dal patriarca
Raimondo della Torre, fu sempre sottoposta al castello di
Passo seguendone le vicende storiche ed i suoi feudatari. Il castello di
S. Martino
di Bellai o Possert è uno dei più antichi, distrutto nel 1300. Fu proprietà
allodiale dei Gutenecker, signori di Cosliacco, quindi passò ai Moyses e poi
a Giorgio Barbo dopo la divisione dei beni terrieri della signoria di
Wachsenstein o Cosliacco. Venne rifatto nello stesso sito, nel XVI secolo,
dal Barbo e da suo figlio Daniele ed il nuovo castello venne chiamato
volgarmente Schabez; fu diroccato intorno al 1600.
L'ultimo in ordine di costruzione è quello di
Bellai, del XVII
secolo, costruito da Giorgio Barbo e suo figlio Daniele in sostituzione di
quello di Schabez o S. Martino che era stato distrutto dai Veneziani. Il
castello di Lettai non esiste più ed è quello che durò più a lungo sotto il dominio
dei patriarchi. Fu feudo di Doimo da S. Vito di
Fiume e questi lo vendette
ai Gutenecker di Cosliacco. Per eredità passò ai Nicolich e quindi al greco
Calotti. Anche il castello di Cepich o Felicia non esiste più.
Probabilmente fu la Cortalba che ancora nessuno è riuscito a locare. Venne
infeudato ai Gutenecker di Wachsenstein, poi agli eredi Moyses e quindi,
sempre per via ereditaria, pervenne ai Nicolich, comproprietari con i Barbo
del castello di Cosliacco e quindi, per matrimonio, passò ai Diotalevi. Nel
1668 tutti i castelli della Val d'Arsa furono acquistati dal principe G.
Vicardo d'Auersperg che intendeva aggregarli alla vicina contea di
Pisino.
Riunì invece in un'unica amministrazione i vari possedimenti ed a Castel
Bellai fissò il centro amministrativo e giudiziario della grande Signoria
formata dagli otto castelli valdarsesi e che si chiamò di Wachsenstein.
La visita a queste rocche, come spiegato nella descrizione delle varie
località, non è sempre facile. Individuare i luoghi non è un problema se si
è preparati [889] qualche sana passeggiata e se si è capaci di
dotarsi di fantasia abbinata ad un po' di romanticismo. Per una ricognizione
accurata di tutti i luoghi sono necessari almeno due giorni. Per raggiungere
la Val d'Arsa da qualsiasi punto dell'Istria o da
Trieste basta un'ora e
mezza di macchina.
Da
Lupogliano si può scendere a
Vragna quindi, proseguendo verso la piana
dell'Arsa, si sale a destra per Bogliuno; ritornati sulla strada principale,
cento metri più a sud si sale a Passo e da qui si scende verso
Valdarsa o Susgnevizza passando per S. Martino, Bellai e
Lettai. Arrivati a
Valdarsa si
prende la strada secondaria sotto i Caldiera per visitare
Cosliacco, si
prende poi la strada per
Pisino e si arriva a
Chersano. Da qui si può andare
sulla Liburnica o risalire la valle per
Lupogliano, dove le superstrade
portano a Fiume oltre la galleria del
Monte Maggiore, a
Trieste via
Pinguente e, verso sud, a
Pisino.
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