Il prosciutto

[Da Parenzo a Orsera]

Quando con l'autunno puntuale arriva la bora a spazzare le strade dell'lstria, si fa strada, tra gli allevatori di suini, l'ottimismo. Il vento freddo che rotola dal Monte Maggiore verso le valli e fino al mare è infatti la «garanzia» che il prosciutto che porteranno in tavola sarà ottimo.

«Una volta, il vento arrivava all'improvviso facendo sbattere imposte e portoni. Alla fine dell'anno, nelle aie ci si preparava alla maialatura. Si accendeva un gran fuoco, per scaldare l'acqua ma anche per mitigare la temperatura, sempre molto rigida in quel periodo dell'anno. Ogni famiglia invitava parenti ed amici, la festa era un obbligo. Si beveva il vino buono, nelle cucine si spandeva il profumo dei crauti preparati all'istriana con carne fresca di maiale e qualche foglia di lauro. Poi non mancava il brodo di manzo con l'aggiunta di qualche osso di maiale che lo rendeva più denso. Oggi il senso della festa è rimasto intatto anche se negli ultimi anni tutto avviene in un clima di austerità».

Così, davanti alla sua casa nel cuore di Montona, la splendida città turrita che veglia sul fiume Quieto, Luciano Bellini ricorda con un misto di nostalgia e di tristezza il tempo antico. La preparazione è legata alle temperature dell'inverno. Se fa molto freddo e tira bora è sufficiente mettere il prosciutto, privato della cotica, sotto sale per un solo giorno. Se invece fa caldo, bisogna prolungare i tempi, finanche a cinque giornate. Poi il prosciutto viene pressato e messo ad asciugare. Con l'aiuto del sale si cerca di avviare una conservazione migliore e senza rischi. Una volta il prosciutto veniva appeso nelle cucine dove il caminetto era sempre acceso ed asciugava senza difficoltà. Anche oggi negli asciugatoi si accende il fuoco con legna di ginepro, lauro, rosmarino, ulivo e vite per arricchirne sapori e profumi. l prosciutti vengono posti in «gabbia» per proteggerli dagli insetti che ne potrebbero compromettere la stagionatura.

Si tratta di un procedimento che si potrebbe ricreare a regola con il concorso di una adeguata meccanizzazione se il prosciutto fosse prodotto in modo industriale. In Istria, invece, tutto è lasciato all'iniziativa privata per cui i prosciutti vengono preparati artigianalmente in ambito familiare.

La richiesta sempre maggiore da parte dei ristoratori della regione ha fatto aumentare il volume dei prosciutti prodotti, ma non si riesce ancora a soddisfare le reali necessità. Per questo motivo il prosciutto istriano rimane un piatto delle grandi occasioni che raramente viene consumato, come avviene altrove, nel menù di ogni giorno. 

Il prosciutto istriano si può trovare sulle tavole di parecchi ristoranti, soprattutto nella zona di Pinguente dove, nei paesetti posti in vetta alle colline che si rincorrono dal Monte Maggiore al mare, l'aria è frizzante ed il vento di Bora arriva a scuotere senza pietà «tuto quel che sta in pìe» (tutto quello che sta in piedi). 

Il noto filologo Babudri, autore di numerosi libri sugli usi e costumi della Venezia Giulia, ed al quale fanno riferimento tutti gli studiosi contemporanei, racconta che i contadini istriani sono «ottimi porziteri», avendo imparato l'arte della maialatura dai «cargnei» e dai friulani di San Daniele del Friuli. Egli spiega anche le varie fasi attraverso cui si svolgeva la maialatura: verso mezzogiorno si procedeva alla quartatura; seguiva la manipolazione delle carni per insaccare salsicce e salamini e si approntavano riso, cedrini e pignoli per i sanguinacci (mule o mulisse o mulze o boldoni); si ritagliavano gli omboli, si componevano le pezze di lardo, e così via. A sera si celebrava l'avvenimento con una cena che si protraeva ben oltre la mezzanotte. Fanno prova di questa ricostruzione numerosi documenti riportanti le liste cibarie di case benestanti, e risalenti al 1806. 

In un altro manoscritto autentico, raccolto da Babudri, viene inoltre raccontata una «Cena del porco» Ne riportiamo qui alcuni passi veramente... gustosi.

«Siegua il piatto di persuto vecchio tagliato grosso come grossa è la volontà di nostro buon cuore, et insieme li capuzzi in garbo ove non manchi lardo vecchio disfritto. Ed il piatto appresso sarà di gallina et dindio, cossate e petto poichè le ale debbon esser state messe in brodo... Non mancherà dopo li maccaroni et sugo d, pastizzada, fisso invero con buon strutto di sugna el sonza et pesto di lardo, donde sia levata la zivola, Porterete indi in tavola due primizie care: prima le luganighe nuove con missianza di herbe et poi le brisiole nuove, che siino di buon augurio a quello animal si trassero a nostro confronto. Non mancherai di imbandire illievaro in due modi: in garbo dolze e in guazzeto, et col sugo appronterai li buzzoladini di patate... Et finirai con li crostoli et le fritole, onde son stimate le donne nostre. Et vin darai di buon boccato...» 

Ancora oggi la maialatura in Istria è motivo di grande festa: si invitano, per l'occasione, amici e conoscenti. A mezzogiorno, ora di far merenda, si prepara la «coradela» (coratella) con la polenta. Le interiora vanno soffritte cor la cipolla, pomodoro e irrorate col sangue di maiale.

Il primo piatto del pranzo viene servito verso le sei del pomeriggio. Per primo arriva in tavola il brodo preparato con gallina ruspante, seguito dai fusi col sugo di gallina, quindi i crauti con porcina e cotiche fresche. Le carni pregiate, prosciutti, omboli, spalletta, vengono posti sotto pressa con sale, rosmarino, pepe ed aglio. A conclusione di un giorno di lavoro si arrostiscono le braciole. 

Una delle specialità consiste nell'arrosto di maiale con ripieno di cervella e condito con pepe, sale ed aglio. Viene arrotolato su se stesso e posto a cuocere in un involucro di carta stagnola sotto le braci. In genere viene servito col contorno di una bella insalata. Il giorno dopo si preparano le salsicce con la carne macinata. Per insaporire l'impasto si aggiunge sale, pepe, e vino nel quale è stato fatto bollire l'aglio. Le salsicce vengono messe ad asciugare. Affinché non si saldino le une alle altre vengono divise da foglie di lauro. Per conservarle si è poi soliti porle in recipienti di vetro, irrorarle con grasso fatto sciogliere al fuoco e chiuderle ermeticamente. In questo modo conservano a lungo il loro sapore ed il profumo inconfondibile. Le costolette e le altre ossa, messe sotto pressa per un giorno, cosparse di sale, rosmarino e pepe, vengono messe a colare e ad asciugare in un posto fresco e ventilato.

Siamo nel Pinguentino, la zona dei castelli: dalla giurisdizione di Pinguente ne dipendevano cinque, cinque autentici gioielli: Rozzo, Colmo, Draguccio, Vetta e Sovignacco. 

A Vetta, nella omonima trattoria, si servono i fusi col ripieno di prosciutto. Si tratta di una ricetta originale proposta dalla proprietaria, Ondina Petohlep. Più grandi del solito, i fusi hanno un ripieno fatto con prosciutto del posto, pecorino e uovo per legare il trito. Poche volte all'anno, quando il freddo è più intenso, la cuoca prepara anche un sugo a base di carne di maiale affumicata. Soffrigge in olio buono, coste, salsiccia e prosciutto, con l'aggiunta di vino bianco. Un intingolo veramente saporito con cui accompagnare una polenta fumante.

Curiosità 

Qualche anno fa a Gallesano, vicino a Pola, venne insediato un prosciuttificio industriale, con l'intenzione di avviare una produzione più consistente di prosciutto istriano. L'inflazione che colpì la Croazia negli anni successivi bloccò sul nascere quest'importante iniziativa. Ora si tenta di cercare nuovi appigli attraverso dei finanziatori stranieri, ma nulla di concreto è stato ancora realizzato. 

In effetti l'unica cosa che potrebbe interessare degli eventuali investitori stranieri, è la qualità del prodotto, che è molto diverso dai prosciutti che si trovano un po' ovunque in commercio. Il prosciutto istriano, infatti, viene conservato senza cotica e grasso per cui è più magro ed ha un sapore inconfondibile. Tagliato sottile mantiene un aspetto legnoso per poi sciogliersi letteralmente in bocca al primo assaggio.

* * *

La bora, alla quale gli istriani affidano la buona riuscita della produzione dei prosciutti, ha avuto nella storia ruoli diversi, anche curiosi. Nella battaglia che Teodosio sostenne contro Arbogeste, battaglia che durò due giorni, la Bora (che Claudiano chiamava «gelido aquilone») si scatenò soffiando alle spalle di Teodosio, facendo in modo che i dardi dei suoi soldati colpissero con raddoppiata veemenza, mentre quelli dei nemici cadevano innocui al suolo.

Le tradizioni, si sa, non rispettano i confini, come tante altre cose, per altro, che rendono la vita più ricca, le esperienze più profonde. Quelle gastronomiche, in special modo, rimbalzano da una riva all'altra di un fiume, o da una sponda all'altra di un vasto mare, scendono lungo le coste, si arrampicano a scavalcare le montagne e... anche se per un certo periodo finiscono nel dimenticatoio, prima o poi vengono ripescate. 

A Crikvenica, per esempio, terra d'incontro di diverse culture, luogo di soggiorno dei blasonati ungheresi e risposta all'austriaca Abbazia, il prosciutto si porta in tavola con il pesce. Un esempio: i naselli col prosciutto. Un abbinamento strano? Tutt'altro. L'accostamento è comprensibile: si tratta di prodotti di cui disponevano le famiglie del territorio che, contemporaneamente, erano contadine ma praticavano anche l'arte della pesca. Secondo la logica per cui tutto va utilizzato con fantasia, questo piatto rappresenta il trionfo del buon senso di queste genti. I naselli col prosciutto costituiscono un piatto molto saporito. Viene preparato con i filetti di pesce fresco ed un ripieno fatto col fegato di pesce e le animelle impastate col prosciutto. Il tutto viene infine cotto al cartoccio e gratinato in forno. 

Altra ricetta di queste contrade sono gli spiedini di code di scampo e prosciutto: un accostamento bizzarro ma che il palato apprezza ampiamente e senza riserva alcuna.

Tratto da:

  • Rosanna T. Giuricin & Stefano De Franceschi, Mangiamoci L'Istria, MGS Press (Trieste, 2001), p. 138-40.

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Created: Thursday, November 07, 2002; Last Updated: Monday, April 04, 2022
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