Cenni storici su
Pietro Kandler, Triestino
L'Archeologia che il volgo
disprezza, e gl'impotenti scrivacchiatori d'inutili gazzette chiamano
occupazione di oziosi, ha uno scopo assai più alto di quello che
comunemente si crede. Ella leggendo nelle pietre e nei bronzi, nelle
reliquie degli antichi monumenti e nelle medaglie, nelle statue e nelle
necropoli, negli avanzi di antichissime città e negl'idoli, i costumi, le
abitudini, le religioni, le leggi e quasi tutta la vita interiore ed
esterna dei popoli che furono, ci rivela lo svolgimento dell'umanità,
l'origine delle varie e successive civiltà, e si trasmura in istoria, in
alto insegnamento delle moderne generazioni.
Carlo de Cesare. — Lettere
al Direttore
dell'Archivio Storico, Lettera VI
Con animo profondamente commosso, adempio al doveroso e triste ufficio,
verso l'Illustre trapassato, a cui, —più che vincoli di lunga parentela,
quelli di una più che quarantenne amicizia legavanmi — pubblicando questi
Cenni biografici, la prima parte dei quali udii sovente ripetuti dal suo
labbro facondo, l'altra e ben maggiore, dei referenti alla vita sua
operosissima, fu da me condivisa per intimità di affetto, per comunanza di
sentimento.
Trieste li 2 Febbrajo 1872.
Gaetano J. Merlato.
Pietro Kandler nacque a
Trieste
il dì 23 Maggio del 1804, da Paolo Kandler distinto pittore scenografico e
di decorazione, e da Giovanna Cerutti, figlia al Dottor Matteo Cerutti,
Medico ben conosciuto a
Trieste, dove esercitò medicina tutta la sua vita.
Gli avi del Kandler furono originari della Scozia, dove il casato Chandler
sorvive ancora numeroso, in famiglie tanto della Scozia che
dell'Inghilterra. Il primo dei Kandler in Austria vi venne chiamato alcuni
secoli sono in qualità di giardiniere di una delle ville Imperiali di
Vienna. Un amoretto, con una Dama di Corte alto locata, gli procurò l'esilio a
Trieste, dove l'Imperatore lo mandò come Guardabosco (Forster)
del bosco Farneto, in allora proprietà Imperiale.
Ciò avvenne intorno al principio del secolo XVII.
Da quel tempo la famiglia Kandler visse costantemente a
Trieste,
imparentatasi con vecchie famiglie di qui.
Pietro Kandler fu il secondogenito della famiglia e fin dall' infanzia
diede a vedere svegliatezza di mente non comune. A cinque anni leggeva
correntemente non solo da sinistra a destra, ma con eguale facilità da
destra a sinistra. Fatte le prime scuole in patria, sotto il Governo
francese, e distinto sempre tra suoi condiscepoli, rammentava ognora con
compiacenza, che alla distribuzione dei premi fatta con grande solennità
nella Sala del Ridotto, il Governatore francese dopo consegnatogli il
premio, vistolo nociuto com' era e di fisonomia intelligente e svegliata,
lo alzasse sulle ginocchia per accarezzarlo, egli intanto stesse giuocando
coi stivaloni alla Dragona del Maresciallo.
Passato indi nel Ginnasio di Capodistria vi studiò Umanità e Rettorica
da quei frati, e belle lettere latine dall' Arciprete Bencich, col quale
strinse più tardi amicizia che durò fino alla morte di questo,
ottuagenario. Studiò legge all'Università di Padova, cattivandosi l'animo
e l'amicizia di que' Professori che presto ne conobbero il talento, ed il
grande amore che portava allo studio, alcuni dei quali si legarono a lui
con vincoli di amicizia che gli conservarono vita durante. Ne porse
l'occasione, a questa intimità, una circostanza più volte raccontatami dal
Kandler. Qualche mese dopo essere entrato all' Università, uno dei
Professori, e se ben rammento fu quello di Diritto Romano, il quale
chiamatolo per interrogarlo senza poter pronunziare nettamente il suo
nome, che disse, per di più barbaro, soggiungendo ancora, che nativo di
quei paesi di Turchia, per certo non avrebbe capito acca delle sue
lezioni; egli il Kandler punto da quella poco lusinghiera apostrofe, e
sapendo quanto il Professore ci tenesse a queste sue lezioni che erano di
un dettato forbitissimo, risposegli prontamente: "la prova Professor e
vedaremo.„ Sorpreso questi della risposta, chiedeva come mai in paesi
turchi avesse appreso sì bene il veneziano. A cui il Kandler: no semo
Turchi no, questo xe el dialeto che parlemo anca noi altri a casa.
Rappacificato in tal guisa il professore, incominciò a rispondere parlando
per una mezz'ora, sempre usando e frasi e parole del maestro,
dando prova fin d'allora di quella feracità di memoria, della quale poi
valendosi nel raccogliere fatti e notizie, ebbe a destar sorpresa in chi
l'udiva, come, e dove ne avesse raccolto tanta messe.
Divenne in breve per questo fatto l'amico di quei Professori e molti di
èssi già vecchi vennero a visitarlo in patria, ricordando con
soddisfazione l'amato discepolo. Tra questi amicissimo suo fu l'Abate
Furlanetto, al quale più tardi somministrò molte voci latine da lui
espillate nelle Pandette e negli Autori latini non tanto usati. L'Abate
Menin, Professore di Storia in quell'Università, venne pure varie volte a
visitarlo e taluna anche semplicemente per vederlo e passar seco un pajo
di giorni. Altro Professore di Pavia vecchio e pensionato, di cui non
ricordo il nome, venne qui chiedendo di lui, prima d'intraprendere un
viaggio per l'Egitto, e vi rimase alloggiato in casa Kandler per qualche
giorno.
Passato all' Università di Vienna, studiò molto in quella Biblioteca
Imperiale, e nei mesi di vacanze fece escursioni e peregrinazioni a piedi
nell'Ungheria fino ai Confini della Transilvania, nella Slavonia e nella
Croazia, nella Stiria e nella bassa Austria. Dovunque notando e
osservando, quanto credeva utile e giovevole ai suoi studj, ai
quali fin d'allora mostrava tendenza e predisposizione.
L'ultimo anno di legge lo fece a Pavia prendendovi la laurea. Ivi
pubblicò il Poemetto latino del Eapicio Histria, dimenticato e
quasi sconosciuto, e da esso rinvenuto nella Biblioteca Imperiale di
Vienna. Poemetto che l'anno appresso venne tradotto in versi italiani e
pubblicato per le stampe in
Trieste Tipografia Weis 1826, dal Dr. Matteo
Cerutti suo avo materno.
Finiti gli studj accademici,
prima di ripatriare percorse a piedi tutta la Lombardia e la regione
alpina dei laghi, fino ai confini della Svizzera, buona parte del Tirolo
italiano e tutto il Veneto, sempre con memorie e studj.
Stabilitosi in patria l'anno 1826, entrò a praticare nello studio
dell'Avv. Rossetti, dove ebbe principio quella comunanza di affetti, di
vedute e di studj che non doveva cessare che alla morte dell'uno e
dell'altro. Intenzionato in quegli anni il Rossetti di dar mano alla
pubblicazione dell'Archeografo, onde raccogliervi le notizie storielle,
geografiche, statistiche della Provincia tutta e di
Trieste in
particolare, eccitò il Kandler a contribuirvi lui pure. Questi vi
corrispose volonteroso, esordendo nella sua carriera letteraria colla
descrizione del Duomo di S. Giusto, la quale venne poscia unita nel
primo volume dell' Archeografo che uscì nel 1829 per le stampe del
Marenigh, cui il Rossetti aveva fatto venire qui da Firenze, a
trapiantarvi la sua Tipografìa.
Nei pochi anni che rimase nello studio del Rossetti, continuò ad
assisterlo nelle indagini di studj propri ad alimentare la materia
necessaria per la continuazione dell'Archeografo. Là nello studio del
Rossetti cominciò a studiare gli Statuti di
Trieste, i cui volumi stettero
depositati nella Libreria Rossettiana per molti anni, facendo da quelli,
estratti d'interi libri, raccogliendovi quante notizie potessero servire
alla Storia di Trieste.
Uscito dallo Studio Rossetti per entrare al Fisco come praticante e
poscia come primo Aggiunto al fiscale Dottor Lorenzo Miniussi, che lo amò
ed estimò grandemente fino all'estremo di sua vita, là pure, tra quelle
carte d'officio colse opportunità il Kandler di fare tesoro di notizie e
fatti relativi ai suoi studj prediletti. Dal Fisco passò al Magistrato, in
allora politico-economico, come Assessore, perché diceva il Kandler, che
per conoscere le condizioni del Comune, era mestieri, servire
nell'Amministrazione del medesimo. Vi rimase fino a che venne nominato
Avvocato. Alla morte del Rossetti avvenuta nel Novembre 1842, lo sostituì
nella carica di Procuratore Civico, officio che sostenne fin quasi agli
estremi di sua vita.
Libero di disporre del suo tempo a maggior agio, fu allora che per
mantenere la promessa fatta al letto di morte del Rossetti, — al quale io,
e lui chiudemmo gli occhi, e ne gettammo la maschera in gesso che servì
poi allo scultore Bosa, per farne il ritratto in marmo — per mantenere
dico, quella promessa di assumere cioè la continuazione dell'Archeografo e
degli studj iniziati con tanto amore dal defunto, egli il Kandler, si
diede a tutt'uomo a studiare le cose antiche di
Trieste e della Provincia,
ripercorrendola questa in tutte le direzioni, dal mare alle vette più alte
dell'Alpe Giulia. —
"Ho camminato, a piedi s'intende, tutta „ questa regione; sono
penetrato nelle caverne e nelle grotte, a profondità di oltre
novecento piedi sotto suolo; ho indagato fino a che fu possibile, il
corso dei fiumi soprasuolo e sottosuolo; il suolo dei laghi essiccati,
e delli esistenti e ne ho segnate carte di mia mano, anche per
riconoscere le primitive abitazioni di questi nostri Celti 'Autottoni
od Aborìgeni, od Umbri, se preferisce dirli. Ho
riconosciuto le più antiche costruzioni di abitanti già passati in
istato sociale; i Tabor o Taver di Celti, dei quali Tabor,
uno sovrasta sull'alta Alpe a Torino, dal quale Tabor presero nome i
Taurini, e nelle nostre regioni di Tauriniscì. Di siffatto
Tabor nella Carsia, sovrastante alla Palude Lugea o lago di
Zirkniz, ne fé' cenno
Dante che lo aveva veduto,
e lo disse Tabernich che rettamente scritto, sarebbe Tavernich o rupe del Tabor."
Ecco come il Kandler negli ultimi giorni
di sua vita (27 Novembre 1871) scriveva all'illustre letterato Cav.
Ulderigo Botti, Consigliere di Prefettura in Lecce, dotto raccoglitore ed
illustratore di memorie ed oggetti preistorici di quella Provincia,
mandandogli la da lui ultima scritta lettera letteraria Sulle caverne
dell' Istrici, e che lo stesso Botti poi, assenziente il Kandler, fece
dare alle stampe, Lecce, Tipogr. Editrice Salentina, 1872.Frutto di
queste sue continuate escursioni e ricognizioni, si fu la conoscenza
perfetta che acquistò sulle condizioni del suolo di quel paese, per cui
potè parlarne con cognizione di causa delle principali città, non meno che
dei luoghi i più rimoti, delle sue castella, dei monumenti antichi e
medioevali, di tutte quelle memorie infine referibili alla Storia civile
ed ecclesiastica e alla geografia della provincia tutta. Raccolse quantità
di Memorie, frugando, ed interrogando ovunque, e che poi pubblicò in parte
nel giornale L'Istria e in parte in altri suoi
scritti posteriori. Diede alle stampe gli Statuti delle principali Città
dell' Istria, di Pola, Parenzo, Rovigno, Cittanuova ed altri. Più tardi
quello di Trieste, del 1310 circa, copia di altro più antico, con
Prefazione storica ed Indice.
Nel 1846 incominciò la pubblicazione del suo giornaletto ebdomadario
intitolato L'Istria, periodico che doveva secondo il suo
intendimento, servire di Magazzino e repertòrio
istorico-geografìco-archeografico-statistico e letterario per tutte le
notizie relative a Trieste e all'Istria, desunte da opere poco note o non
mai stampate. Durò questo giornale sette anni di seguito; poi a suo grande
dolore dovette sospenderne la pubblicazione.
All'occasione che S. E. Illustrisi, e Rev. Monsignor Legat saliva nell'anno
1847 la Cattedra Vescovile
Trieste-Capodistria, egli il Kandler affranto
da atroci dolori e tenutovi sul letto da terribile lombaggine unita a
sciatica, diede alle stampe non pertanto un volume in quarto contenente la
Storia dei tre Vescovati
Trieste-Cittanova, Pedena, spettanti all'antichissima Diocesi Tergestina.
Alla venuta in quel torno a
Trieste del Conte Stadion come Governatore
del Litorale, conosciuti da questo i meriti letterarj e la dottrina del
Kandler, lo chiamò a sé e seppe apprezzare e l'una e gli altri; tanto che
ben presto divenne l'animo ed il consigliere più assiduo del Conte.
Chiamavalo spessissimo a consiglio intrattenendosi seco lui sino a notte
molto inoltrata, e non pochi erano i mattini, quando non ancora suonate le
sette, lo faceva chiamare per trattare di nuovo su oggetti importanti. Le
misure più liberali adottate dal Conte Stadion ed applicate in Provincia,
furono inspirate, suggerite e dirette dal Kandler, ed il merito di quelle
va in gran parte devoluto alla sua memoria. Mai intraprese il Conte
Stadion gita alcuna in Istria senza condurre seco il Kandler, ed io ch'ebbi più volte
l'onore di essere ammesso in loro compagnia a quelle gite,
posso testificare della stima ed amicizia che il Governatore Conte,
accordava al letterato cittadino. Non è già che il Kandler non fosse stato
consultato anche dai predecessori o successori dello Stadion, principiando
dal Principe Porcia, nella cui famiglia fu sempre trattato come amico e
persona di casa. Ma nessuno di essi ebbe il talento ed il potere dello
Stadion, per cui molte cose dette è suggerite dal Kandler agli altri
Governatori, non ebbero efìetto alcuno, tranne quello di inimicarlo con
chi, o non sentivasi accarezzato nelle
proprie idee, o veniva contrariato ne' propri divisamenti. Per lunghi
anni fece parte ei pure del Consiglio della Città, ove portò i suoi lumi e
la sua dottrina sulle condizioni del Comune, e certo non fuvvi cittadino
di lui più zelante nel promuovere il benessere degli amministrati, nel
propugnarne i diritti, nel cooperare al lustro, al decoro della città.
Durante quaranta e più anni di sua esistenza letteraria, raccolse
quantità straordinaria di carte, di leggi, di pubblicazioni d'ogni genere
antiche e moderne, risguardanti il Comune di
Trieste, le quali ordinate
per serie cronologica e distribuite in volumi lascia ora in una Collezione
di XXVI volumi, colle rispettive dissertazioni e commentazioni manoscritte
che le completano, ed il cui Indice va per le stampe. Da questa immensa
farragine di carte trasse la così da lui denominata Collezione Conti,
in onore del Podestà nobile Stefano de Conti. Raccolta di leggi
speciali risguardanti il Comune, la cui pubblicazione rimase sospesa al
cessare la Podestaria Conti. Uscirono per le stampe soltanto il primo
volume composto di quattro quaderni suddivisi in varie puntate con
speciale intitolazione, 1861, 4.°; ed altro contenente l'Emporio e il
Porto franco, 1862, 4.° v. 1.
Né minori furono le sue indagini ed investigazioni nel campo della
Storia. A migliaj a raccolse, trascrisse documenti istorici, lesse e
spogliò carte e manoscritti antichi, tra qnali i moltissimi volumi degli
Atti dei Cancellieri del Comune dal XIII al XV secolo, da lui ricuperati
da sicura perdita; che poscia depositò nell'Archivio. Da questi trasse
importanti notizie per la storia patria, tra altre le singolarissime
sulle cinquanta e più famiglie esuli toscane qui riparate a' tempi di
Dante, molte delle quali presero ferma
stanza
e si fecero cittadini di
Trieste, come gli Agolanti che vivevano in
Riborgo e possedevano molti campi nella valle di Zauli, a
Bogliuno, a
Dolina, gli Angioleri, i Baschiera, i Bitini, i Copa, il cui nome dura
ancora nella via di Copa, dove avevano le case, e che il Kandler
voleva si denominasse via dei Copa, ciò che non gli fu concesso; i
Scolari, i Bardi, i Soldoneri, gli Ugolini, i Villani, i Giudici, gli
Onorati, (per legato di Pietro Onorati profugo Sanese, si costrusse da suo
figlio nel 1367 la cappella di San Pietro or ora demolita), i Bruni, i
Cancellieri, i Rossi, gli Argenti, i Botegi, i Bandelli, (il cui casato
dura nella Vedova del Kandler), i Bagno, tutti mercanti, gabellieri o
banchieri, che tenevano i loro banchi o negozj nella piazzetta del
Rosario, chiamata allora dei Mercanti. — In
Trieste aveva stanza pure il
Malaspina amico personale di
Dante. — Mantennero gli altri molti la loro
cittadinanza estera, e buona parte di essi ripatriarono in Toscana appena
verso la fine del 1300, ragion per cui il Petrarca che qui soggiornò
ripetutamente alla metà del secolo, invitava il Boccaccio a visitare
Trieste e Capodistria.
Fece frugare nelle Biblioteche e negli Archivi di Germania e d'Italia,
e fino anche di Spagna, facendo tesoro di quanto veniva piibblicato su
tale materia dai dotti dell'una e dell'altra nazione. Con questi
preziosi materiali potè portare a compimento il Codice Diplomatico
Istriano dai tempi di Roma fino al 1520, anno col quale chiudeva il
Medio Evo; opera già stampata e che meritò il favore dei dotti di Germania
e d'Italia.
Ad intervalli pubblicava altre opere : Indicazioni per riconoscere le condizioni del Litorale, contenenti gli Annali di
Trieste e dell'Istria, lavoro che quadruplicò di mole dopo la
prima edizione, 1855, 4.° v, 1, e le Inscrizioni Romane dell'Istria,
in oggi più che raddoppiate di numero, manoscritto pronto per la
stampa di una seconda edizione, la cui nuova distribuzione ed
illustrazione puossi vedere nella Provincia N. 20 dell'anno 1868. I
Carmi latini del Zovenzoni, letterato e poeta triestino, dei quali
fé' trarre copia da un Codice della Biblioteca di S. Marco. — L'
Austriade, poema latino di Rocco Bonii, con notizie
storico-biografiche dell'uno e dell'altro autore, 1862, 8.°, 1 v. — Le
Memorie su Enea Silvio Piccolomini, segretario dell'Imperatore
Federico III, poscia vescovo di
Trieste, indi Papa, col nome di Pio II. —
Quelle di Andrea Rapicio triestino, colto poeta latino, autore del
poemetto Histria già nominato, lui pure vescovo di
Trieste, e
quelle di altro vescovo, Rinaldo Scarlicchio, luogotenente dell'
Austria inferiore, 1862, 4.°, v. 1. — Notizie
storiche di Trieste, e guida per la città, raccolte da Giovannina Bandelli triestina, 1850,
16.°, v. 1, la prima edizione; 185ì, 16.°, v. 1, la seconda edizione.
Notizie che servirono poi al Löwenthal per la sua traduzione tedesca,
edita in Vienna in due volumetti. — Memorie e notizie su Antonio
Turrini primo stampatore in
Trieste, e su Giovanni Maria Petreuli
detto Manarutta, primo scrittore delle storie di
Trieste, 1860,
8.° v. 1. — L'Inscrizione Romana del IV secolo dell'Era cristiana,
tratta da vecchi ruderi in Veglia; dottissima dissertazione sull'antica
Liburnia, con carte geografiche autografate dallo stesso Kandler, 1861,
4°, v. 1. Altra dissertazioncella intitolata di Aquileja Romana,
del Conservatore Imperiale, con tavola colorata della pianta della città
romana e dei dintorni, tratta dalla grande pianta disegnata dallo stesso
Kandler, dissertazione che venne inserita nel II.° fascicolo del I.°
volume della nuova serie dell'Archeografo Triestino, èdito per cura
della Società di Minerva, 1869, 8.°. — Già nel 1865, 12. V vol. 1, aveva
il Kandler pubblicato altro opuscolo sullo stesso soggetto intitolato: Indàgini sullo stato
materiale dell'antica Aquìleja. Esercitazione del Conservatore pel
Litorale P. Dr. Kandler. Il Timavo, scritto per occasione di nozze
Guastalla-Levi, dedicato alla sposa, figlia al carissimo suo amico Dr.
Augusto Guastalla. Opuseoletto dettato con iritendimentò speciale, perchè
facesse parte un dì di altra opera grandiosa che aveà ideata e che anelava
vedere effettuata sull'Alpe Giulia. Avrebbe questa dovuto contenere la
parte geodetica, geologica, orografica, botanica, storica e militare,
raccogliendo e riunendo in essa in un solo corpo quanto fosse atto a darne
una completa descrizione scientifica di quella. Perché, diceva, non
esservi in tutta Europa catena di montagne dell' importanza storica di
questa. Lasciò un breve manoscritto intitolato all' "Alpe Giulia" frutto
di osservazioni fatte ed impressioni provate nelle escursioni che su
quell'Alpe andava facendo di sovente. Vi prepose un'invocazione ed
evocazione storica ispirato in quel solenne momento a guisa del Petrarca,
al suo ritorno per la prima volta dalla Francia in Italia, quando dalla
cima del Gebenno dettava quei bellissimi versi:
...Te lætus ab alto
Italiani video frondentis colle Gebenae
∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙ ∙
Salve, pulchra parens, terrarum gloria, salve!
coi quali la salutava da lunge qual figlio amoroso che a braccia aperte
corre al seno della madre che sospirosa l'attende; e dei quali versi, il
Rossetti, scriveva: chi leggendo questa affettuosa espansione, non sente
pari affetto, non ha cuore
italiano. E fu su questo tema dell'Alpe Giulia, che per espresso
eccitamento del Kandler, la giovanetta Elisa Tagliapietra dettò allora il
Carme storico intitolato II Piro. Si mostrò il Kandler in quella
sua invocazione pieno di sentimento poetico, come lo si mostrò nella
Prefazione alla Storia del
Consiglio dei Patrizi, 1858, 8.° v. 1.
E qui mi giova ricordare, come il Kandler essendo stato or sono
parecchi anni invitato dal sig. Lìttrow, in quel tempo Direttore di quest'Accademia di Commercio e di Nautica, a far parte esso pure, di alcune
serate letterarie da tenersi nella sala maggiore di quella, con pubblico
pagante, il cui ricavato sarebbe stato devoluto a benefizio di due poveri
allievi di quell'Istituto; — Egli, vi si prestasse già nella prima sera
con un discorso che improvvisò, sulle Condizioni dell'antica Aquileja, la
cui gran carta colorata della pianta della città antica e de' suoi
d'intorni, portò seco alla vista del pubblico, — lo aprisse colla
descrizione di un trionfo di un Cesare che tornava vincitore dall'avere
sconfitto i barbari al Danubio, — lo dipingesse con tale verità di
accento, con tanta poesia di espressione da strappare continui e replicati
applausi non solo dagli uomini, ma anche dalle dame che vi assistevano
assidue a quelle lezioni serali date dai migliori ingegni di allora. Con
eguale felicità d'ispirazione dipinse l'Aquileja dei Patriarchi, nella
seconda parte del suo discorso, e lo fece in guisa da parere una
descrizione alla Scoti, né romanziere alcuno avrebbe potuto immaginare con
miglior effetto quelle scene militari e religiose del Medio Evo. Ma quando
alla chiusa del suo discorso narrò la triste vicenda della distruzione
della città, avvenuta per opera di
Attila, più d' un ciglio si inumidì, e
furono lagrime strappate dal labbro eloquente di quel dicitore ispirato,
che piangendo
e lamentando la miserrima fine di quell'opulenta città, della quale
ormai non poteva più dirsi, se non: Qui surse un dì, la rivale della città
dei Cesari! sapeva infondere nell'animo de' suoi uditori la pietà pegli
atroci casi narrati:
Deploro altamente che a quegli anni, la stenografia, qui da poi fosse
poco conosciuta e meno praticata; imperocché, se quel discorso
improvvisato, avesse potuto fermarsi sulla carta, starebbe documento
iudubbio di quanto il Kandler avrebbe potuto fare, se dato si fosse
all'arte dello scrittore.
Ma, egli, andavami ripetendo di sovente, "non esser questo il suo
compito, dovere lui fare la parte ingrata del rammassatore, del
preparatore e gli anni essergli ancor pochi a ciò. Aver promesso, al
Rossetti, di accettare la gravosa eredità di continuare l'opera da quello
con tanto amore e patriottismo iniziata." E il Kandler mantenne la parola
data, con immensi sagrifizj, e con ostinata perseveranza, malgrado tutti
gl'impedimenti che si frapposero a quel suo prepotente bisogno di far
presto, come soleva dire, perché nessuno dopo lui si sarebbe
sobbarcato volonteroso a lavoro cosi faticoso ed ingrato.
Scrisse altri due opuscoletti per occasione nuziale, l'uno per nozze
Guastalla-Ara, in omaggio alla figlia secondogenita allo stesso Dr.
Guastalla, sull'Istro Adriaco; l'altro, sui varj nomi assunti
dalla città di Capodistria, per le nozze Cappelletti-Türk, omaggio alla
figlia dell'amico suo, di colui, del quale tutti deploriamo la
recentissima perdita. Altro, sulla Strada ferrata progettata pel varco
Pinciano (Prediel) rese pure di pubblica ragione. Pell'anniversario
secolare 1863, della fondazione del Casino vecchio, anticamente chiamato
de' Nobili, raccolse in un volumetto notizie peregrine della
Trieste di
que' tempi.
Pell'
anniversario secolare di
Dante, scrisse parecchie lettere sui Varj passi
della Divina Commedia, che si riferiscono a questi paesi, e che vanno
pubblicate per le stampe,
Trieste, Coen, 1866, voi. 1 in 4.°, e molti
altri scritti volanti, e una serie di lettere serio-facete, d'argomento
critico-storico, col Pseudonimo di Giusto Traiber, legatore di libri,
pubblicati nell'Osservatore Triestino e qualche altro periodico.
Nei due ultimi anni di sua vita andava pubblicando nell'Osservatore
Triestino alcune Epìstole di argomento storico-archeografico
toccanti la Provincia, la cui pubblicazione qualche mese prima della sua
morte, cessò per motivi che è bello il tacere.
Tutti questi suoi lavori usciti per le stampe la maggior parte di essi
in breve dettato, stanno ora fra gli scritti da lui lasciati di molto
ingrossati con note, aggiunte, postille, documenti annessi ecc, fino a
quadruplicarne il contenuto di taluno.
Lascia molti volumi manoscritti, intitolati Conservatore, in
fascicoli semestrali dagli anni 1861 fino alla sua morte. Raccolta di
scritti originali su moltissimi e svariati argomenti tutti d'interesse
storico per la Provincia.
Notizie storico-geografiche sulla città di Trento, 1 vol. — L'Epistolario del Conservatore, 2 v. — Notizie storiche con documenti
della città di Montona, 1 v. — Le inscrizioni Romane dell'Istria.
— Materiali e nuova disposizione per una seconda edizione con aggiunte
molte manoscritte e stampate. — Gli Annali di
Trieste, preparati
per una 4.ta edizione. — Manoscritto più che quadruplicato dopo l'ultima
pubblicazione a stampa del 1855, 1 v. — Dizionario di più di 2500
articoli sulle cose più necessarie a sapersi intorno
Trieste e l'Istria, 4
v. —- Franchigie storiche e Portofranco di
Trieste, del
Dr. Nobile, 1 v. con postille ed annotazioni del Kandler.
— Vecchi Ricordi Cormonesi del Dr. Costan-tino Cumano, 1 v.
postillato e documentato dal Kandler. —-Studi sul Codice. Norma
giurisdizionale, e sulle Tavole 2 v. —:
L'Amministrativo Contenzioso, 1 v. — Notizie storielle della
città di Muggìa, 1 v. — La grande collezione dì leggi, commenti,
dissertazioni pel Gius e Giurisprudenza della legislazione Municipale di
Trieste, 26 v. — Una grandiosa collezione di carte geografiche
antiche, piani, piante romane di città d'Istria e d'Italia.
D' ambedue queste collezioni, vanno per le stampe gli indici
particolareggiati pubblicati dallo stesso Kandler.
Era il Kandler profondo latinista, ed epigrafista di molto merito, e
negli ultimi tempi di sua vita lamentava non averne tenuta copia e fatta
raccolta, e ne valeva bene la pena. Maneggiava la lingua latina con tanta
facilità da scrivere lettere in questa, su qualsivoglia argomento a penna
corrente, senza pentimenti, senza sospensione di dettato. Conoscitore e
lettore costante di tutti i classici latini di ogni tempo, estrasse voci
da questi e ne fece raccolta per arricchire diceva, il grande Dizionario
del Furlanetto, che come tutti i grandi latinisti passati s'era limitato
allo spoglio soltanto dei prosatori e poeti del secolo d'Augusto, non
curando quella abbondantissima messe, che ne offrivano le epigrafi
lapidarie, le Pandette, ed i difficilissimi Autori Cromatici. E nello
studiare appunto questi ultimi, venne il Kandler a quelle deduzioni e
scoperte, del come gli antichi romani usassero nella distribuzione delle
terre a favore dei Coloni mandativi nelle provincie da loro conquistate.
Egli fu il primo a trattare con tanta scienza, e con tale certezza la
questione degli Agri Colonici, da tracciarne con precisione sulla
carta il disegno, destando meraviglia nei dotti pel suo senso direi quasi
intuitivo, che ne sviscerava le più recondite idee, e ne indovinava
l'essenza, non meno che nei tecnici, per l'esattezza, con la quale ne
indicava il luogo, ne determinava i limiti, ne calcolava l'estensione.
Lavorò in iscala assai grande per primo quello di Pola, poi quello di
Padova, che corrispose alle sue induzioni e riuscì sul terreno quale lo
avea immaginato sulla carta.
Segnò in scala minore quello di altre città istriane,
Trieste,
Parenzo,
Cittanova e di molte d'Italia. — Ridusse e disegnò le piante romane di
parecchie città d'Istria e d'Italia e della stessa Vienna.
Tito Livio,
Plinio il vecchio, Tacito, erano gli Autori suoi
prediletti, e li aveva sempre alla mano; ma da tutti gli altri, trasse
memorie e appunti pei suoi studj. Da un codicetto triestino pubblicò il
P. Aurelii Victoris "De Regionibus Urbis Romae", al quale poi aggiunse
note e postille come soleva fare di tutti i suoi libri. Ed a convalidare
il grande amore che portava alla latinità, diceva essere l'attuale civiltà
europea quanto lunga e larga, opera e frutto dell'antica sapienza romana,
portatavi da esso loro i Romani, su tutto il mondo allor conosciuto. Né
esservi istituzione moderna che non debba ad essi le sue origini, e non ne
conservi puranco la sostanza, dopo venti e più secoli!
Ebbe corrispondenza epistolare colla maggior parte dei dotti d'Italia,
con parecchi strinse amicizia e non pochi conobbe di persona. Tutti gli
professarono stima e considerazione. Molti di essi lo consultarono e lo
richiesero di ajuto per la pubblicazione de' loro scritti. A nessuno fu
avaro del suo sapere, che anzi quanti ricorsero a lui, a tutti lo versò a
piene mani. Diceva il Tommaseo in questo particolare,
che ove il Kandler non avesse altro merito, non gli si sarebbe potuto
negare quello della generosa diffusione del suo sapere. La sua
corrispondenza letteraria, in risposta alle richieste fattegli, darebbe
materia sufficiente per molti volumi. Le sue lettere componevansi talvolta
fino di venti e più fogli, mai erano minori di tre o quattro.
Ebbe dal di fuori onori e distinzioni. Venne da molti anni addietro
aggregato qual membro effettivo ai quaranta dell' Imperiale Accademia di
Vienna. Fu inscritto alle prin-c pali Accademie scientifiche d'Italia.
Nominato per acclamazione membro corrispondente dell' Ateneo Veneto.
L'Imperatore Francesco Giuseppe lo onorò colla grande medaglia in oro
prò virtute et merito, pei suoi lavori storici, e pella sua operosità
a vantaggio della scienza, lo creò Cavaliere dell'Ordine della Corona
ferrea, e l'Imperatore Massimiliano di quello della Guadalupa. L'Imperatore Napoleone III, con sua lettera datata dal suo gabinetto privato
gli mandò in regalo tutte le sue opere e quelle del Borghesi delle quali
ne era l'editore; Principi e Ministri lo onorarono dei loro scritti, e
molti lo mandavano salutare, benché noi conoscessero di persona. Pure
modesto com' era, e non facendo conto del suo sapere, perché conosceva
che molto gli mancava ancora ad imparare, mai ne parlò di queste sue
onorificenze se non con qualche intimo suo, abborrendo da ogni pubblicità.
Quanti furono i dotti di ogni nazione che vennero in
Trieste, tutti lo
visitarono e stettero a lungo con lui conversando, conversazione la sua
dottissima ed amenissima. Inglesi, francesi, tedeschi ed italiani, tutti
partivansi soddisfatti e contenti perché regalati delle cose sue che aveva
dato alle stampe. Parlava con scioltezza il francese ed il tedesco
e questa sua facilità di esprimersi nelle loro lingue lo rendeva più grato
agli stranieri. Mommsen, l'insigne storico, lo stimava grandemente
apprezzando la sua dottrina, né più d'una volta sdegnò le obbiezioni ed il
parere del Kandler. A molti altri dotti della Germania fu largo di sue
note ed osservazion.
Dottissimo com' era della Geografia antica e degli Autori che
trattarono di quella, li studiò e ne commentò parecchi. Molto lavorò su
"Prete Guido" e sull' "Anonimo Ravennate", e lascia su quest'ultimo
autore un manoscritto oltre alle aggiunte e postille fatte nel testo della
nuova edizione di Berlino 1860, che i signori M. Pinder e G. Parthey ivi
pubblicarono.
Su carte geografiche in grande scala romanizzò gran parte d'Europa.
Tutta la parte superiore e gran parte dell'Italia centrale (X regione
dell' Italia romana), la parte romana dell'Impero d'Austria, ed altre
provincie ancora. La riduzione poi della provincia d'Istria, del Goriziano
e di Trieste, è lavoro che non ha pari. Di questi suoi lavori geografici,
pubblicò indice dettagliato per le stampe. Ed a compimento formulò la
carta plastica dell'Istria prodotto di 40 anni di studj continuati, e
quella della città romana
Trieste.
Fu il Kaudler da giovinetto assai magro, di capelli nerissimi ed
inanellati, di fisionomia geniale e mobilissima; però nella tarda
gioventù impingnò straordinariamente, ciò che facevalo parere più piccolo
di statura che noi fosse. Di modi gravi e posati, però dolci, che tale era
l'indole sua, fu amato pel suo conversare facile, ameno e
scherzevole; e se tale, non sempre si mantenne nei pochi ultimi anni di
sua vita, la colpa non fu tutta sua, ma in parte dei tempi,
alieni dalle sue idee e dal suo sentire. Lamentava egli moltissimo che
l'attuale generazione si mostrasse in generale così ostile a quanto non
sapesse di positivismo o egoismo come meglio voglia chiamarsi.
Calmo e pacato nel suo contegno fu rispettoso verso tutti,
particolarmente verso chi era investito di autorità, poiché lo considerava
debito di civiltà e creanza, che diceva suolsi dimenticare frequentemente
in questi tempi, per ispirito di parte. Mai brigò nulla per sé, benché
avesse avuto più d' una occasione di poterlo fare. Amò la patria sua da
vero, cittadino antico, sagrificando pel lustro e decoro di essa l'intera
sua vita, la sua famiglia.
Religioso senza ostentazione, e scevro di pregiudizj, morì sul letto di
strazianti dolori, con rassegnazione, con calma, sopportando con animo
forte la dura sorte assegnatagli. Il mattino del 18 Gennaio 1872 fu
l'estremo di sua vita. Sia pace alle sue ceneri.
La sua perdita sarebbe stata in ogni tempo grave alla scienza, ma essa
sembra irreparabile in un' epoca in cui la vera dottrina è così rara, ove
lo studio per se stesso, senza altro scopo profano, è divenuto un'eccezione tanto rara che la nostra generazione miope e serva dei tempi è
appena in grado di creder che possa esistere.
Non voglio tuttavia finire senza augurare a
Trieste nostra, all'Istria
tutta, buon numero di scrittori egualmente fecondi, dotti e pensatori,
avessero pur forma altrettanto propria ed individua ; — e pubblico côlto e
preparato ad apprezzarli. |