Biografia di Tomaso Luciani

di Melchiorre Corelli

[Tratto da: © Francesco Semi & Vanni Tacconi, Istria e Dalmazia - Uomini e Tempi. Istria e Fiume, Del Bianco (Udine, 1991).]

Nel marzo 1818 nasceva ad Albona Tomaso Luciani, il futuro cittadino così altamente benernerito degli studi e della Patria.

Ben presto egli si appassionò per gli studi, incomincio a visitare la zona albonese, a cercare lapidi, monete, documenti, oggetti preistorici, a esplorare i castellieri e le caverne, due campi fino allora del tutto trascurati.

Divenuto podestà, s'occupa con ardore del pubblico bene, provvede al miglioramento dell'aspetto esterno della cittadina.

Nel 1843 scrive nel Museo d'antichità di Pietro Kandler e inizia cosi la sua attivita di scrittore, durata cinquant'anni, sino al 1893, e quindi in L'lstria dello stesso Kandler. In breve entra in relazione con gli uomini migliori della regione.

Nel 1848 è l'anirna degli albonesi, tutti fedeli a Venezia e alla libertà; nei giorni della rivoluzione s'incontra a Moncalvo di Pisino, nella casa ospitale di Carlo de Franceschi (v.), con Michele Fachinetti, Antonio Madonizza e Gianpaolo Polesini, per discutere degli avvenimenti e della condotta che gl'istriani hanno da seguire in quel momento.

Anche a norne dei sottocomuni o frazioni, chiede che l'italiano sia proclamato lingua d'ufficio e che l'Istria non sia annessa alla Carniola.

Scrive nel Popolano dell'Istria di Michele Fachinetti, nello stesso tempo è iscritto nel registro dei «Precettati» politici.

Continua intanto le sue gite e perlustrazioni e, assieme con Antonio Covaz di Pisino, sostiene, contro l'opinione del grande Kandler, che i castellieri non sono costruzioni romane, perche la loro forma, di solito circolare, differisce da quella delle romane, le pentole e i cocci sono rozzi, quindi diversi dai romani, che gli oggetti di pietra rinvenuti nei castellieri non erano più adoperati all'epoca rornana. Nello studio delle caverne egli e pure un innovatore, vede difatti, da buon paletnologo, nelle stesse le abitazioni dei nostri progenitori, contro lo stesso console inglese a Trieste, il celebre Burton che aveva esplorato tante regioni del mondo e ancora nel 1878 era d'opinione diversa. (1) In quel ternpo raccoglie materiali per il Conservatore, la grande raccolta kandleriana, in 15 volumi manoscritti, di proprieta della Giunta provinciale dell'Istria.

Nel 1859 si combatte la seconda guerra d'indipendenza, la flotta franco sarda e nell'Adriatico, i comuni istriani, compreso quello di Albona, retto sempre dal Luciani, chiedono che l'Istria sia unita al Veneto, nella speranza, purtroppo vana, che questo venga a far parte della confederazione italiana, di cui si parlava in quei giorni.

Riesce a procurarsi un passaporto dalle autorità austriache, va a Milano nel gennaio 1861, dove viene subito a contatto coi maggiori patrioti ed entra a far parte del Comitato politico veneto di Milano e con quello centrale di Torino, di cui è anima Alberto Cavalletto, il reduce dalle prigioni di losephsstadt.

Una delle sue prime attività, così ben lumeggiate da Giovanni Quarantotti nella sua storia della Dieta del «Nessuno», fu la preparazione della stessa, d'accordo col Comitato veneto centrale di Torino e coi patrioti istriani; la manifestazione, squisitamente separatista, riusci perfettamente e la rnaggioranza dietale, in due sedute dell'aprile 1861, si rifiutava di mandare deputati a Vienna, ritenendo che il destino italiano dell'Istria si sarebbe attuato in brevissimo tempo. Mentre nell'Istria lavorava il Combi, con prudenza, quasi all'oscuro, quale capo del Comitato nazionale segreto per Trieste e l'Istria ed Antonio Madonizza era la figura più eminente e più rappresentativa del movimento nazionale, Tomaso Luciani era il vincolo d'unione tra i comitati dell'Italia libera ed i patrioti istriani.

Scriveva, sempre di cose istriane, in molti giornali, cosi ad esempio nel Diritto di Torino, nell'Alleanza e nella Perseveranza di Milano, nella Nazione di Firenze, forniva dati politici, amministrativi, economici, statistici, etnografici, militari a quanti potevano interessarsi della nostra causa; cercava di suscitare anche l'interesse dell'estero, faceva pubblicare articoli sulla nostra regione in lingue straniere.

Si serviva a tale proposito dell'appoggio di due diplomatici triestini, ad un tempo ferventi patrioti, Raffaele Abro e Costantino Ressman, ambasciatore quest'ultimo d'Italia a Parigi, durante il secondo impero.

Collaborava al Dizionario coreografico d'Italia dell'Amati, con una ventina di voci riguardanti l'Istria, e pubblicava intanto alcuni studi, in particolare quello intitolato L'Istria. Schizzo storico-etnografico, sempre coll'intento di divulgare la conoscenza dell'Istria nell'Italia libera, purtroppo quasi ignora in tutta l'Italia.

Col passaggio della capitale a Firenze il Luciani si stabiliva nella citta toscana, per essere più vicino al Governo e poter quindi perorare più facilmente la nostra causa presso lo stesso.

Avvicinandosi la guerra del 1866, la sua attività fu ancora maggiore; bisognava che l'Italia occupasse l'Istria, per lei indispensabile, e difatti il Luciani ancora nel luglio 1865 scriveva:

Senza i nostri paesi l'Italia non è fatta, non e sicura, non può prosperare; essi non sono appendici, sono parte veramente integrante.
Fece parte del Comitato d'azione triestino istriano, assieme con altri patrioti, profughi dalle nostre terre; come già accennato, ebbe la parte principale nella compilazione dei memoriali indirizzati al Re e ai ministri; tentò di ottenere rimbarco su una nave da guerra, per poter essere, date le sue vastissime cognizioni e conoscenze, utile ai comandi, al momento dell'occupazione, ma trovò la opposizione più recisa da parte del'ammiraglio Persano, insensibile di fronte a sui nobili sentimenti.

Putroppo, la guerra del 1866 si chiuse con un esito infausto, colla disillusione più grande per chi aveva tanto lavorato e sperato.

S'era stabilito a Venezia nel novembre 1866. La casa sua e il cafle Rossarol erano i luoghi di ritrovo per tutti i patrioti esuli a Venezia e per gli istriani di passaggio per la citta della laguna; Tomaso Luciani e Carlo Combi erano l'anima delle nobili e patriottiche conversazioni. Si parlava, si discuteva, si sperava e si vedevano chiaramente i pericoli. Nell'aprile 1868 cosi si esprimeva in una lettera: se dormono certi, molti italiani, non dormono già i tedeschi e gli slavi... occorre vigilanza, concordia, energia.

Negli anni 1867-1870 fece continui viaggi nell'istria, rimanendovi mesi interi, per visitarla in tutte le sue parti, dal punto di vista storico, archeologico, epigraflco, geologico, per studiare meglio i castellieri, per arrivare al Vallo romano, per giungere, assieme con Antonio Covaz, alla conclusione che l'antica Nesazio era da cercarsi nei pressi di Altura nel comune di Pola, come più tardi, nel 1901, fu dimostrato dagli scavi cola fatti. Fu in contatto continuo con tutti gli uomini migliori dell'Istria e di Trieste, senza eccezione, dal Kandler al De Franceschi, dall'Amoroso al Marchesetti; ad Albona era suo fedele compagno l'avvocato Antonio Scampicchio, deputato della Dieta del «Nessuno», appassionato per ogni genere di studio, in ispecie per la geologia. I due grandi amici che avevano raccolto assierne infiniti oggetti di vario genere, se li divisero; la raccolta geologica rirnase allo Scampicchio che ne fece un bel museo, meta delle visite di studiosi italiani e stranieri, ora, purtroppo, danneggiato e disperso; la parte archeologica passo al Luciani e quindi a Parenzo e più tardi a Pola, i mobili preziosi ai marchesi Polesini. Le lapidi romane e venete, testimoni della latinità ed italianità di Albona, furono collocate nella Loggia veneta e trasportate nel 1900 nell'atrio del nuovo palazzo municipale.

Avendo consumato buona parte del patrimonio avito, per dedicarsi esclusivamente, con disinteresse eccezionale, alla vita politica, nel 1871 si vide costretto ad entrare a Venezia all'archivio dei Frari, come semplice sottoarchivista. Le pratiche burocratiche non erano però di suo gradimento, sicchè nel 1873 rinunciò all'ufficio ed accettò di buon grado, nonostante lo stipendio assai modesto, l'incarico datogli dalla Giunta provinciale dell'Istria di cercare negli archivi veneti i documenti riguardanti la storia istriana.

All'epoca della guerra russo-turca (1877-1878) e del congresso di Berlino ebbe le stesse idee e speranze di Carlo Combi e svolse un'attività del tutto analoga, mentre nell'Istria, a Trieste e a Gorizia elementi giovani facevano piccole dimostrazioni che irritavano profondamente le autorità austriache. Sofferse molto nel 1882, per la conclusione della triplica alleanza che faceva differire l'attuazione dei suoi sogni politici.

Tutti intanto ricorrevano a lui per informazioni, notizie di carattere politico, storico, letterario, artistico, parecchi anche per ragioni umanitarie. Così nel 1880 Giuseppe Bradicich di Pedena, a nome del podestà di Pisino Francesco Gostantini, si rivolgeva al Luciani chiedendo soccorsi per la popolazione povera del comune, anche allo scopo di controbattere l'azione slava e le funeste conseguenze nazionali degli aiuti provenienti dalla Carniola e dalla Croazia.

Frutti delte sue indagini, oltre alla gran copia di materiali inviati a Parenzo e poi pubblicati negli Atti e memorie della «Società istriana di archeologia e storia patria», fondata nel 1884, erano, tra altro, a quel tempo: Mattia Flacio istriano di Albona, 1869), le Fonti per la storia dell'Istria negli archivi di Venezia, (1873), sua opera principale, le Notizie e documenti per la conoscenza delle cose istriane (1873-1874), Sui dialetti dell'Istria, studi e memorie, (1876), Documenti che riguardano le trattative di vendita del Contado di Pisino (1876-1877), Albona, studi storico-etnografici (1879), le Tradizioni popolari albonesi (1892).

Peggiorate ancor più le sue condizioni finanziarie, aumentate le spese di famiglia, egli dovette domandare nel 1887 la sua riammissione in servizio all'archivio dei Frari che gli fu naturalmente concessa.

Nel 1892, pensando ad una fine non lontana, desidera ritornare ad Albona e, dopo lunghe pratiche, riesce ad ottenere il permesso di recarsi nella terra natia, per rivedere le amate sponde, i cari luoghi...versare una lagrima sulla tomba... del maestro.

Nel viaggio di ritorno s'abboccò coi rnaggiori patrioti della regione, in ispecie coi componenti del Comitato per l'erezione del monumento a Giuseppe Tartini che stava preparando un nurnero unico, al quale collaboro anche il Luciani con un articolo che fu il suo ultimo lavoro letterario. La sua flne andava avvicinandosi; nelle lettere, tanto numerose, si lagnava dell'età avanzata, dell'esaurimento del patrimonio, delle ristrettezze economiche, ma la fede era sempre la stessa.

Nel 1890 scriveva a Giuseppina Martinuzzi:

il tempo farà giustizia ... chi spera, opera, chi dispera è inoperoso... dunque speriamo, operiamo ed amiamo.

II 9 marzo 1894, dieci anni dopo la morte dell'intimo amico Carlo Combi, Tomaso Luciani chiudeva per sempre i suoi occhi.

Nel 1896 gli istriani inalzavano a Tomaso Luciani, nel solitario cimitero di S. Michele di Venezia, un monumento, frutto d'inflnite modeste elargizioni, raccolte in tutta la provincia.

Appassionato cultore delle patrie memorie, archivista scrupoloso, storico, archeologo, epigrafista, paletnologo, amante della natura e fine osservatore della stessa, studioso delle scienze naturali, folclorista, non compilò grandi opere, soprattutto per mancanza di tempo, scrisse infiniti articoli in giornali e riviste, lasciò lavori documentati e seri. Come già detto, precorse i tempi, intuendo la posizione di Nesazio, l'origine dei castellieri, l'importanza delle caverne per l'uomo preistorico, si occupo delle abitazioni lacustri, suppose, con ragione, che l'estuario veneto fosse abitato già nelle epoche più lontane; per le sue benemerenze scientifiche l'«Echino-lampas Luciani» porta il suo nome.

Non è un erudito arido e noioso, ma, a differenza del Kandler che si limita alla raccolta di documenti della latinità delle nostre terre, ne trae le conseguenze d'ordine politico e nazionale.

Ebbe amicizie e lodi autorevolissime; il Mommsen lo chiamava vetus amicus et horum meorum laborum optimus adiutor, perchè difatti era stato il suo valido collaboratore nella preparazione del terzo e del quinto volume del Corpus Inscriptionum latinarum. Altra volta diceva di lui magna industria et optimo successu Flanonam Albonamque pervestigavit.

Melchiorre Corelli (1886-1955)

Opere principali:

  • Del Quarnaro, di Albona e dell'Istria. Studi storici ed etnogrqfici, in «L'Alleanza» di Milano. 1864;
  • "Il Litorale Veneto-Istriano", in «L'Alleanza», 1865;
  • L'Istria. Schizzo storico etnografico, Firenze, 1866;
  • Mattia Flacio Istriano di Albona, notzie e documenti, Pola, 1869;
  • Sui dialetti dell'lstria, studi e memorie, Capodistria, 1876;
  • "Documenti che riguardano le trattive di vendita del Contado di Pisino, Trieste, 1876-1877", «Archeografo triestino»; Albona, studi storico-etnografici, Venezia, 1879;
  • "Documenti Albonesi del secolo XVII, Roma, 1881", «Archivio storico per Trieste, l'Istria e il Trentino»;
  • Commemorazione del prof. Carlo Combi, Venezia, 1885; Fonti per la storia dell'istria, Trieste, 1890;
  • Tradizioni popolari albonesi, Capodistria, 1892.

Bibliografia:

  • In memoria, ai figli di Tomaso Luciani (a cura di E. rota), Venezia, 1894;
  • Enrico Genzardi, "Tomaso Luciani, scrittore e patriota istriano", in «Atti e Mernorie della Società istriana di archeologia e storia patria», 1920 e 1921;
  • "Nella traslaxione in Patria delle ossa di Tomaso Luciani" (di vari autori), in «Pagine Istriane», Capodistria, 1923;
  • Giovanni Quarantotti, "Un patriota istriano dell'ottocento, Tomaso Luciani", in «Porta Orientale», 1932, ristampato in Uomini e fatti del patriotismo istriano, Trieste, 1934;
  • Giovanni Quarantotti, "Per l'inaugurazione di un busto a Tomaso Luciani", in «Atti e Memorie», 1935;
  • id, T.H. in «Pagine Istriane», 1923.
Nota:
  1. R. Burton, Note sopra i castellieri..., versione di N. Gravisi Madonizza, Capodistria, 1877.

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Created: Tuesday, July 15, 2008; Updated Saturday, November 19, 2022
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