Cristiana Colummi, Liliana Ferari, Gianna Nassisi & Germano Trani. Storia di un esodo - Istria 1945-1956

Indice generale, con un'appendice di Annamaria Brondani. Prefazione di Giovanni Miccoli, Introduzionemappa.

Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia (Trieste, 1980)

L. 40.000


Autori

Cristiana Colummi è nata a Bologna nel 1952. Ha studiato e si è laureata presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Trieste. Si occupa di storia delle ideologie e delle organizzazioni culturali e fa parte della redazione di «Qualestoria». Attualmente è borsista presso l'istituto di storia dell'Università di Trieste. 

Liliana Ferrari è nata a Lucinico (Gorizia) nel 1953. Ha studiato e si è laureata presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Trieste. Si occupa di storia delle organizzazioni cattoliche e fa parte della redazione di «Qualestoria». Attualmente è borsista presso l'istituto di storia dell'Università di Trieste. 

Gianna Nassisi è nata a Poggiardo (Lecce) nel 1951. Ha studiato e si è laureata presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Trieste. Si occupa del problemi del movimento contadino ed attualmente insegna in una scuola media di Gorizia. Germano Trani è nato a Gorizia nel 1953. Ha studiato e si è laureato presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Trieste. Si occupa di storia del movimento socialista ed è borsista presso l'istituto di storia dell'Università di Trieste.


Indice Generale

Mappa da 1866 a 1954 - tratto da J.B. Durselle, Le conflict de Trieste

GIOVANNI MICCOLI

pag.

Prefazione. Perché una storia dell'esodo.

V

Introduzione.

1

Elenco delle sigle e delle principali abbreviazioni.

7

CRISTIANA COLUMMI

Capitolo I. Guerra, occupazione nazista e resistenza nella Venezia Giulia: un preambolo necessario.

1.

Connotati del movimento sloveno e croato.

12

2.

Motivazioni e matrici diverse della partecipazione degli italiani.

19

3.

Un dibattito sulla resistenza italiana: Quarantotti Gambini e Califfi.

21

4.

Posizioni della classe operaia.

23

5.

CLN, PCI, OF.

26

6.

Significati e limiti di scelte e consensi.

29

7.

Gli arruolamenti nelle Guardie Civiche.

32

8.

Il problema delle «foibe».

36

9.

Le violente polemiche nel dopoguerra.

39

10.

Lo sfollamento di Zara.

43

LILIANA FERRARI

Capitolo Il. Fiume 1945-47.

49

1.

La ritirata tedesca.

49

2.

Aspetti complessi della situazione fiumana.

50

3.

Effetti devastanti dell'ultimo anno di guerra.

52

4.

I giorni dell'aprilemaggio 1945.

54

5.

La mancata insurrezione.

56

6.

La posizione dei comunisti fiumani.

58

7.

Crescita e sviluppo dei comunisti croati.

61

8.

I partigiani in città.

63

9.

Il nuovo potere civile e politico.

64

10.

Drammaticità della situazione economica.

67

11.

Consolidamento dell'annessione e repressione di ogni dissenso.

70

12.

Resistenza e proteste nelle scuole italiane.

72

13.

I gruppi «ciellenisti» e autonomisti.

75

14.

L'attività clandestina italiana dopo il maggio 1945.

78

15.

Immiserimento economico e pressione poliziesca.

81

16.

L'esodo.

84

GIANNA NASSISI

Capitolo III. lstria: 1945-1947.

87

1.

Le motivazioni generali per l'annessione.

88

2.

L'organizzazione politico-amministrativa.

93

3.

Le «organizzazioni di massa»: l'UAIS.

96

4.

Le «organizzazioni di massa»: l'Unione degli italiani-

100

5.

Le prime misure politico-economiche e le prime tensioni.

104

6.

Le elezioni per l'Assemblea popolare.

111

7.

Lo scontro nella prima metà del 1946.

114

8.

La riorganizzazione della vita economica.

125

9.

Le componenti di un nodo inestricabile.

131

10.

Il CLN dell'Istria e «Il Grido dell'Istria».

135

LILIANA FERRARI

Capitolo IV. L'esodo da Pola.

145

1.

Il comitato popolare di liberazione.

2.

Classe operaia e ceti medi di fronte alla soluzione jugoslava.

149

3.

Il comitato cittadino polese.

153

4.

La situazione della città all'arrivo degli angloamericani.

155

5.

Gli incontri col GMA del CPL e del comitato polese.

158

6.

L'opposizione ad oltranza del partito comunista.

161

7.

Costituzione ed attività del CLN di Pola.

163

8.

Crescita ed organizzazione del movimento italiano.

165

9.

Sindacati e associazioni. I primi incidenti.

169

10.

«L'Arena di Pola».

173

11.

Il discorso sul fascismo e quello sulla classe operaia.

176

12.

L'organo dell'UAIS: «11 Nostro Giornale».

179

13.

La commissione interalleata e la manifestazione del 22 marzo.

182

14.

Afflusso di profughi dall'lstria. Il «fronte comunista italiano».

185

15.

Riaffiora il tema dell'esodo

188

16.

Preoccupanti notizie da Parigi.

191

17.

Crescita della tensione: si profila un grande esodo.

195

18.

La reazione dell'UAIS.

197

19.

Il CLN a Roma e a Parigi. Contrasto di posizioni.

200

20.

Deludenti tentativi a Roma.

205

21.

Partenza incombente. Il problema della sistemazione dei profughi.

208

22.

La partenza di massa.

211

LILIANA FERRARI

Capitolo V. Trieste 1945-1947: la questione istriana nella stampa.

215

1.

Il contesto ed i protagonisti.

215

2.

La stampa «filoitaliana» «La Voce libera».

220

3.

Il contributo di Carlo Schiffrer.

231

4.

«Vita Nuova».

237

5.

«Il Corriere di Trieste».

245

6.

«11 Lavoratore».

250

7.

La presenza degli esuli a Trieste.

264

8.

Le prime forme di organizzazione: il comitato fiumano ed il CLN dell'lstria.

266

CRISTIANA COLUMMI

Capitolo VI. Le organizzazioni dei profughi.

1.

I primi comitati e la repubblica di Salò.

275

2.

L 'immediato dopoguerra.

277

3.

Il Comitato giuliano di Roma.

279

4.

«Difesa Adriatica».

282

5.

L'Associazione Venezia Giulia e Zara dopo il trattato di pace.

289

6.

 L'impegno assistenziale.

292

7.

Il MIR e «L'Arena di Pola».

293

8.

Il MIR e le elezioni del 18 aprile.

299

9.

L'avvicinamento all'Associazione Venezia Giulia e Zara.

304

10.

Il governo italiano e il problema dei profughi nei primi anni del dopoguerra.

308

11.

La salvagnardia dell'italianità.

312

12.

L'intervento di De Gasperi.

313

13.

Il carteggio De Gasperi-Sereni. La posizione dei comunisti.

316

14.

L'Ufficio per le zone di confine. Il Comitato rifugiati italiani.

321

CRISTIANA COLUMMI LILIANA FERRARI

Capitolo VII. Il problema delle opzioni.

325

GIANNA NASSISI

Capitolo VIII. La zona E del TLT dalla ratifica del trattato di pace
alla rottura del Cominform.

337

CRISTIANA COLUMMI

Capitolo IX. Le elezioni del 1950 nella zona E.

355

1.

La posizione della Jugoslavia dopo la rottura con il Cominform

355

2.

Le conseguenze della mutata situazione politica.

357

3/

La Jugoslavia per la spartizione del TLT.

361

4.

Verso le elezioni in zona B.

364

5.

La presentazione delle liste.

367

6.

La campagna per il consenso.

370

7.

La reazione all'astensionismo.

373

CRISTIANA COLUMMI

Capitolo X. Dalle elezioni del 1950 alla nota angloamericana
dell'8 ottobre 1953: le premesse del grande esodo.

381

1.

La chiusura dei blocchi: il problema dei pendolari.

381

2.

Provvedimenti contro gli insegnanti.

391

3.

Accuse contro il CLN dell'Istria e i «cominformisti».

395

4.

Il clero italiano.

397

5.

Nuove misure di integrazione nella repubblica jugoslava.

401

6.

La «svolta» economica.

406

7.

I provvedimenti nel settore agricolo.

410

8.

Dopo il fallimento delle cooperative agricole.

413

LILIANA FERRARI

Capitolo XI. Gli esuli a Trieste (1947-1953).

419

1.

La situazione nella città.

419

2.

I partiti e l'opinione pubblica.

423

3.

Gli esuli a Trieste.

426

4.

L 'assistenza agli esuli.

430

5.

 Il CLN dell'lstria e «La Voce libera».

431

6.

Il CLN dell'lstria e l'«orientamento» degli esuli.

441

7.

La posizione del governo italiano.

444

8.

Il partito comunista.

446

9.

La democrazia cristiana.

452

10.

Gli esuli a Trieste dopo il 1950.

453

11.

Lo sviluppo organizzativo del CLN dell'Istria.

456

12.

La politica democristiana nei confronti degli esuli dopo il 1950.

461

13.

Il partito comunista e la polemica contro la «discriminazione».

464

14.

«Il Corriere di Trieste».

466

CRISTIANA COLUMMI

Capitolo XII. L'ultimo grande esodo.

469

1.

La zona B dopo l'8 ottobre 1953.

469

2.

Continua il processo di assimilazione.

475

3.

Partono i contadini.

479

4.

L'esodo nella stampa jugoslava.

481

5.

Il memorandum di Londra: l'articolo 8 e 10 Statuto speciale.

484

6.

L 'esodo dal muggesano.

489

7.

L 'epilogo della vicenda.

490

LILIANA FERRARI

Capitolo XIII. I problemi dell'inserimento.

497

1.

Crisi economica e condizioni di vita in città.

497

2.

I riflessi del memorandum.

501

3.

Vari orientamenti sul problema dell'esodo.

505

4.

Gli esuli a Trieste.

508

5.

Il governo italiano ed il CLN dell'lstria di fronte al problema della sistemazione.

514

6.

L'esperienza dei campi profughi.

519

7.

La politica degli alloggi: i «borghi».

523

8.

La rivista «Trieste».

526

9.

La «pacificazione adriatica».

533

10.

«Concentrazione» o «sventagliamento»: la linea del CLNI.

538

11.

«La Prora» e l'atteggiamento della democrazia cristiana.

542

12.

L 'Unione degli istriani.

550

13.

Il partito comunista.

554

14.

Gli esuli e la città: «11 Corriere di Trieste».

557

15.

Il «Primorski Dnevnik».

560

GERMANO TRANI

Appendice I. Problemi di quantificazione del fenomeno dell' esodo.

565

ANNAMARIA BRONDANI

Appendice Il. I provvedimenti legislativi a favore degli esuli.

579

1.

Problemi generali.

579

2.

Sistemazione provvisoria dei dipendenti da enti locali e pubblici.

581

3.

Sistemazione definitiva dei dipendenti da enti locali e pubblici.

588

4.

Primi provvedimenti contingenti o settoriali in tema di assistenza.

600

5.

L'equiparazione ai reduci.

602

6.

Primo riordinamento e coordinamento dell'assistenza.

604

7.

Le iniziative dei profughi per risolvere i problemi della casa e del lavoro.

615

8.

Finanziamenti all'Opera per la costruzione di alloggi e per attività artigiane ed economiche.

618

9.

Agevolazioni a favore delle imprese industriali ed artigiane.

621

10.

La legge Scelba ed il nuovo riordinamento dell'assistenza.

623

11.

I beni nell'antico territorio jugoslavo e nei territori ceduti col trattato di pace.

630

12.

I beni nell'ex zona B del Territorio libero di Trieste.

646

Indice dei nomi.

653

Indice generale.

659


Prefazione

PERCHÈ UNA STORIA DELL'ESODO

Il progetto di questa ricerca è nato nella primavera del 1977. Ma già da tempo si pensava, nell'ambito dell'istituto regionale per la storia del movimento di liberazione, ad uno studio sull'esodo dall'Istria, individuando in esso per la sua entità, le circostanze in cui venne realizzandosi e le conseguenze che produsse uno dei grandi nodi della nostra storia recente.

L'argomento era ed è scottante. Il carico di passioni e di sofferenze, legato alla partenza dalla propria terra, nell'arco di dieci anni, di una massa di popolo valutabile ad oltre duecentomila persone, gli scontri, le lacerazioni, le violenze che la sollecitarono e la determinarono, non rendono facile il lavoro di chi voglia tentare, prima di tutto, di conoscere e di capire. 

Eppure conoscere e capire sono un presupposto essenziale perche quei fatti e quelle vicende non restino lì, come un cancro segreto, a segnare di una profonda, sotterranea ferita la vita e i rapporti di queste terre di confine. Sta qui la ragione di fondo di questa ricerca, lo spirito di «servizio» se ancora si può usare questa troppo abusata e perciò logorata espressione -sotteso al suo progetto ed alla sua realizzazione. 

Credo tuttavia che su questo sia necessario cercare di intendersi con chiarezza, soprattutto fra quanti, in vario modo e con diverse responsabilità, su entrambi i versanti del confine, si cerca di operare per poter assicurare a queste zone un avvenire di pace e di collaborazione tra nazionalità, popoli e culture diverse. Vi è infatti abbastanza diffuso, in molti ambienti democratici italiani, sloveni e croati, verso questo passato di lacerazioni, di lotte e di violenze, un atteggiamento che definirei di cauteloso riserbo: meglio non rivangare queste vecchie storie, meglio non tormentare quelle vecchie ferite: un misto di buon senso il tempo, si sa, è un grande medico della coscienza individuale e collettiva -, e di difficoltà per non dire esitazione, timore, incapacità ad affrontare e condurre un discorso su tutto il complesso della propria storia, a riflettere e discutere apertamente delle grandi tappe che nel bene e nel male l'hanno profondamente segnata, segnando così profondamente anche il nostro stesso presente. E vi si aggiunge a sorreggere, direi quasi a giustificare e a nobilitare queste incertezze la preoccupazione politica e pedagogica di chi sa di quali odi siano capaci le passioni nazionali incontrollate, e di quali violenti contrasti e pesanti sopraffazioni queste terre siano state teatro nei loro ultimi cento anni di storia: una lunga vicenda che appunto nell'esodo ha trovato in certo modo il suo drammatico epilogo. Da ciò un desiderio di dimenticare e di far dimenticare, un'ansia di voltare pagina, uno sforzo di battere su ciò che unisce ed ha unito, trascurando od obliterando ciò che ha contrapposto e diviso. Non si saprebbe negare una ragione, ne una plausibilità, a preoccupazioni e a tendenze di questo tipo; che sembrano quasi trovare nuove giustificazioni e motivazioni dalla constatazione che il ricordo di tali pagine di storia serve ancora, nelle mani di gruppi nazionalistici e fascisti, come strumento non secondario per tentare di riaccendere passioni incontrollate ed avversioni irrazionali, per cercare di rintocolare odi e razzismi, predicando e proponendo, nel ricordo di quelle vicende, nuove tensioni e nuova violenza. Più che mai dunque, verrebbe da pensare, si tratta di preoccupazioni e tendenze non infondate, legate ad un elementare buon senso e ad un'esperienza effettiva dei tatti e delle situazioni. 

Eppure, e con tutta chiarezza, e sapendo di andare contro il sentire di molti, le definirei preoccupazioni e tendenze nella sostanza miopi e di corto respiro, corrispondenti ad una grave incapacità, sul piano culturale e civile, di andare al di là della gestione del quotidiano, di quell'opera di contenimento e di tamponamento, in sostanza subalterna all'egemonia altrui, che troppo a lungo ha caratterizzato in queste terre l'iniziativa delle forze tautrici di prospettive di rinnovamento politico e sociale. Non credo intatti che un'opera di allargamento e rafforzamento della democrazia, di proposta di nuove forme di partecipazione e di intervento nel governo della cosa pubblica, di costruzione di più ricche ed articolate prospettive di convivenza politica e sociale, possa sperare di attuarsi durevolmente senza una crescita proporzionata e parallela della consapevolezza civile e politica. E credo anche che tale crescita non possa realizzarsi e divenire un grande tatto collettivo se si evita di affrontare e di discutere pubblicamente i grandi nodi storici che ci hanno tatto quello che siamo, che hanno determinato le situazioni e le condizioni nelle quali siamo chiamati a vivere. Le rimozioni nei confronti del proprio passato costituiscono sempre, in prospettiva, un'operazione perdente per tutte quelle forze che vogliono operare in direzione di un rinnovamento della vita politica e sociale: perchè pretendono di poter ignorare un complesso di vicende, di lotte, di contrapposizioni, che, per il tatto stesso di essersi un tempo prodotte, condizionano, nel profondo, la nostra vita presente. 

Non starò a ripetere l'atorisma di Gramsci che la verità è sempre rivoluzionaria, perche non c'è detto, credo, che sia stato e sia più frequentemente e tenacemente disatteso da protagonisti e fautori di rivoluzioni, adeguandosi così ai loro più feroci avversari. Mi limiterò soltanto ad osservare che uno sforzo ed un impegno di «verità», di chiarire cioè l'andamento reale dei tatti, al di là delle dichiarazioni di intenzioni, dei fumi della propaganda, delle strumentalizzazioni interessate, è sempre poco sopportabile dalle situazioni irrigidite, dai rapporti sclerotizzati, da condizioni e atteggiamenti insomma di stagnazione e di conservazione: perche mette in movimento nuove idee, aiuta a ragionare e a discutere, rompe i luoghi comuni di una storia ideologica e propagandistica, costruita tutta di «buoni» e di «cattivi» e perciò secondo quegli schemi manichei utili sempre a tutte le caste di potere e a tutti gli equilibri di conservazione. Non è un caso del resto che lo studio della storia sia stato così a lungo strumento di mistificazione, di propaganda e di oleografica ricostruzione di comodo nelle mani dei gruppi di potere, a rafforzare e a garantire appunto, anche per questa via, il mantenimento delle masse in uno stato di subalternità. Ne è certo eludendo i problemi, o limitandosi a rovesciare il segno del proprio discorso, che tali situazioni e tali rapporti possono essere modificati e superati. 

Mi pare difficile negare d'altra parte che al di là di errori di calcolo e di prospettiva, e della mancanza di coraggio intellettuale e di fantasia di cui si dovrà tenere conto -, in quegli atteggiamenti di cauteloso e sospettoso riserbo e di rimozione nei confronti di alcuni grandi nodi della storia del passato, si insinua anche, ed è presente ed opera, una concezione ed una prassi politica che vuole subalterno, e strumentale alle esigenze immediatamente politiche del momento, il lavoro intellettuale, ed insielne, e per questo, imposta in termini sostanzialmente paternalistici il proprio rapporto ed il proprio discorso con le masse. Non credo di esagerare rilevando che alcuni aspetti dell'attuale crisi italiana, come la perdita di credibilità e di fiducia che investe le istituzioni e gli stessi strumenti della democrazia politica, trovano anche nel persistere tenace di tali atteggiamenti e nella difficoltà a battere con reale efficacia e coerenza strade nuove la loro origine. 

Tali considerazioni generali potrebbero sembrare sproporzionate per introdurre una ricerca che in fondo è solo una ricerca particolare e specifica, condotta secondo il metodo storico, di raccolta, analisi e discussione delle fonti e di conseguente ricostruzione dei fatti in tal modo documentabili, se non fosse che mi sembra necessario ed urgente rimarcare lo spirito e le prospettive con cui essa intende situarsi in un contesto locale e nazionale che richiede un profondo mutamento di costume e di indirizzi anche nel lavoro intellettuale. Con piena consapevolezza del suo carattere limitato, di primo approccio serio e documentato, ma pur sempre primo approccio di analisi e di discussione al problema dell'esodo, tale ricerca vuole situarsi su questa strada, nell'ambizione di offrire un contributo per una riflessione pacata e per un riesame critico di un momento difficile ed importante della propria storia alle comunità che abitano queste zone. Da questo punto di vista essa si ricollega idealmente alle osservazioni con cui Andrea Benussi, concludendo le sue memorie di militante rivoluzionario pienamente inserito nella realtà della nuova Jugoslavia, sottolineava l'urgenza e l'opportunità di quegli «ulteriori interventi ed approfondimenti» sulle vicende istriane del dopoguerra, che peraltro sono finora in gran parte mancati; e condivide lo spirito dei rilievi che chiudono la sua rapida rievocazione delle violenze che accompagnarono in Istria, sullo scorcio del 1953, l'accresciuta tensione fra Italia e Jugoslavia: «So che al riguardo molti compagni preferiscono dimenticare e far dimenticare una pagina nera della nostra storia recente. Non basta. Occorre riesaminare criticamente quei fatti, cercarne le cause, individuarne i moventi, soprattutto correggere i guasti. Siamo perciò critici e autocritici con severità e coerenza per costruire nella chiarezza il nostro futuro» (La mia vita per un'idea, Fiume 1973, p. 99). 

Il fatto che l'amministrazione provinciale abbia accolto la nostra proposta e ritenuto positivo per la collettività un tale lavofo costituisce, mi sembra, un indizio non secondario di serietà politica e di spregiudicatezza intellettuale; ed indica insieme un metodo di corretto rapporto tra enti locali ed istituti di ricerca, nel senso che, al di là del giudizio sulla validità e l'importanza civile di promuovere o favorire un determinato lavoro, lascia esclusivamente ai secondi la responsabilità culturale e scientifica del suo svolgimento. 

Ma detto questo, per chiarire il complesso di considerazioni generali e di giudizi che stanno alla base della scelta di realizzare una tale ricerca, restano ancora alcune precisazioni per meglio definire le sue caratteristiche e la sua portata. Non insisterò sui suoi limiti interni lo si è già rilevato ma è opportuno ribadirlo: un primo approccio ed una prima approssimazione al problema dell'esodo -, ovvi del resto in lavori di questo tipo, se non altro per la documentazione, ricca certo ma pur sempre largamente incompleta, di cui il gruppo di ricerca ha potuto disporre. Anche se non sempre, va aggiunto, tale incompletezza era inevitabile. Il rifiuto incontrato ad una consultazione anche parziale di complessi archivistici di non scarso rilievo, come quello dell'Associazione delle comunità istriane che conserva i documenti del CLN dell'Istria, trova la sua spiegazione in diffidenze e reticenze che solo con linguaggio bonario si potranno definire miopi. Sono state difficoltà e delusioni talvolta inattese, largamente compensate peraltro dalla disponibilità e dall'apertura umana e civile incontrate altrove: ma su questo ampiamente si soffermano gli autori nella loro introduzione perche debba precisare oltre.

Mi preme piuttosto ribadire l'impegno di analisi e di conoscenza reale, la volontà e lo sforzo di comprensione dall'interno delle diverse posizioni, con cui tale ricerca è stata condotta. L'ho già rilevato all' inizio: non sono vicende che rendono facile, ne facilmente accettabile, il lavoro di chi voglia tentare, prima di tutto, di conoscere e di capire: perche non è facile conseguire la disponibilità, l'apertura, l'atteggiamento mentale che un tale tentativo richiede. Non è facile per chi cerca di realizzarlo nel suo concreto lavoro di ricerca e di studio, sempre insidiato dalla passione ideologica e dal settarismo politico, che sollecitano il giudizio di parte e premono sotterraneamente a deformare situazioni e circostanze; ma nemmeno è facile per quanti furono partecipi o spettatori di quella ormai lontana esperienza, proprio per questo spinti irresistibilmente alla formulazione di un giudizio di innocenza o di colpa, interessati prima di tutto a individuare e a separare ragioni e torti, o meglio ancora vittime e carnefici, colpevoli e giustizieri, a seconda dell'ottica assunta e delle scelte di campo allora compiute; e sospettosi perciò, come di un inganno segreto, verso chi si rifiuta oggi di scendere su questo terreno, quasi volesse deformare o alterare quelle vicende e cancellare quelle softerenze, assumendo una posizione di diplomatico e formale distacco. Credo di poter dire e le analisi ed i giudizi di questo volume stanno a dimostrarlo che un'intenzione ed una prospettiva del genere erano ti sono assenti in quanti abbiamo proposto e sostenuto questa ricerca, come in coloro che l'hanno effettuata e condotta a buon fine. Per usare una formula: in una ricerca storica che si rispetti, come questa vuole essere, tutte le cose vanno chiamate col loro nome, e perciò le violenze sono e restano violenze, come le sopraffazioni, le intimidazioni, e via dicendo, e non c'è comprensione dall' interno che possa cancellarle; o meglio ogni tentativo compiuto in questo senso diventa mera mistificazione ideologica e propagandistica, e perciò falsa comprensione, e pessimo servizio reso alla ricerca della verità e alla formazione di una coscienza civile. E tuttavia credo anche di poter dire che non interessa a questa ricerca non interessa alla ricerca storica -stabilire le ragioni e i torti, distribuire giudizi di condanna e di assoluzione. 

Non è questa certo la sede per discutere sulla natura e le caratteristiche del lavoro storiografico: ma tuttavia alcune cose vanno precisate per evitare equivoci, sospetti e false attese. Checche ne sia di quel vecchio detto popolare che parla del tribunale della storia, penso che non siano gli studiosi di storia che possono aspirare di formarne la corte: perche lo studioso di storia non è un giudice e non compete a lui distribuire condanne e assoluzioni. E non solo per la buona ragione che le condanne e le indignazioni storiografiche sono per lo più indisponenti e risibili perche irrimediabilmente libresche, manifestazione di un «alto sentire» maturato a tavolino e perciò fastidioso, frutto di quel moralismo storiografico che, com'è stato detto, è il più squallido, perche il più comodo e facile, di tutti i moralismi. Ma anche perche ciò che realmente conta in un lavoro storiografico che voglia fare delle esperienze del passato occasione e ragione di crescita della consapevolezza collettiva, è capire i meccanismi, le condizioni, le situazioni, che hanno determinato quei dati fatti, un capire che si colloca ad un livello diverso e più profondo del giudizio penale, e dove contano soprattutto i perchè perchè di quei fatti, di quelle lacerazioni, di quelle violenze -, dei perchè ai quali non si può dare tuttavia risposte univoche e semplificanti. 

Non so e francamente se ne può dubitare se lo studio della storia possa anche vaccinare contro il ripetersi di errori, di intolleranze, di sopraffazioni ideologiche e materiali; individuando ed analizzando le strade, il contesto, le occasioni che hanno permesso loro di prodursi nel passato, penso però che esso possa rendere più acuta la vista e precisa la percezione nei confronti dei problemi attuali, e delle condizioni e delle difficoltà che ne accompagnano la soluzione. Ed è forse proprio da questo punto di vista che l'antico detto della  storia «maestra della vita» mantiene un suo senso ed una sua validità, non in quanto lo studio o l'esperienza di determinati avvenimenti possa offrire indicazioni sui comportamenti e le scelte da l'attuare nel presente, ma in quanto aiuta ad acquisire una maggiore consapevolezza della complessità degli intrecci e dei condizionamenti, premunendo dalle frettolose semplificazioni, in quanto contribuisce ad affrontare correttamente, nel loro intero spessore temporale, i diversi problemi, m quanto permette di stabilire e chiarire nessi e rapporti non sempre facilmente individuabili.

Ricordare che la storia del secondo dopoguerra è una storia tormentata e difficile è quasi una banalità: ed è una banalità sottolineare come l'esodo dall'Istria si collochi all'interno di vicende di dimensioni mondiali, che videro mutamenti politici e sociali profondi, spostamenti di intere popolazioni, in un crescere di tensioni e di lacerazioni che aprirono nuovamente davanti all'umanità il baratro di una terza guerra mondiale. Ma vi è anche nell'esodo una storia più puntuale e specifica, segnata di tutte le sopraffazioni e le durezze del ventennio fascista e della guerra, intessuta di scontri nazionali e di contrapposizioni sociali ed ideologiche di antiche radici, fatta di modi di pensare e di modelli di azione e di comportamento sostanzialmente diversi, che acquistarono, in quel più ampio contesto, una carica profondamente lacerante l'intero tessuto sociale. Di questa non breve vicenda questo libro cerca di ricostruire il quadro, le motivazioni e le tappe: nella consapevolezza, non lo si ribadirà mai abbastanza, delle molte cose che restano da chiarire, ed insieme nella volontà e nella speranza di farsi discutere e di far discutere. È necessario infatti che anche altri punti di vista entrino in campo, che la discussione e 10 studio si allarghino ad altri contributi e ad altre voci: se ciò avverrà, non per spirito di polemica o di rivalsa, ma secondo gli intendimenti di conoscenza e di comprensione che hanno mosso i promotri e gli estensori di questo libro, esso avrà raggiunto il suo scopo principale; e ne guadagnerà, credo, il costume civile e la consapevolezza politica di queste regioni. 

Giovanni Miccoli


Introduzione

La ricerca che è oggetto di questo volume rappresenta un primo tentativo di ricostruire il complesso di vicende che ha determinato nel primo decennio del dopoguerra l'esodo di circa 200.000 persone dalle terre passate alla sovranità jugoslava in seguito al trattato di pace ed al successivo memorandum di Londra. Allo stesso tempo questo lavoro intende affrontare il discusso problema dell'inserimento degli esuli a Trieste e nella provincia.

Ciò che riteniamo vada sottolineato prioritariamente è che il volume non pretende in alcun modo di esaurire il problema in tutta la sua complessità. Si tratta di un primo tentativo di ricostruzione che, pur presentando naturalmente alcune linee interpretative, vede al suo interno ancora molte questioni aperte che un successivo apporto documentario potrà approfondire. Abbiamo cercato di ripercorrere l'iter che ha portato la popolazione istriana alla decisione di abbandonare la propria terra alla luce degli avvenimenti di quel periodo. È emersa d'altra parte con sempre maggior chiarezza ne] corso della ricerca la necessità di risalire ben più addietro nel tempo per comprendere i fenomeni che andavamo via via affrontando. Tale consapevolezza, avvertita del resto sin dall'inizio come criterio generale di metodo, è stata rafforzata dall'analisi concreta dei materiali, in particolare quando si è trattato di ricostruire l'atteggiamento della popolazione nei confronti dei fatti che la vedevano coinvolta. I criteri con cui essi erano giudicati e i valori che tendevano a mettere in discussione erano infatti il frutto di un deposito secolare sul quale in particolare avevano inciso, in modi diversi, i fenomeni legati all'ormai più che ventennale inserimento dell'Istria nello stato italiano ed, in tale contesto, all'azione del regime fascista. Non era dunque sufficiente analizzare le particolari vicende connesse al passaggio di quelle terre all'amministrazione jugoslava ed al loro successivo inserimento nella RFPJ: occorreva disporre di un retroterra ampio di studi sulla storia istriana della prima metà del secolo che, allo stato attuale, manca sia da parte italiana che jugoslava, se si vogliono eccettuare contributi centrati esclusivamente sulla problematica politico-nazionale. Sono carenti infatti - o troppo provvisori - lavori sistematici sulle modificazioni di natura economico-sociale introdotte in Istria nel periodo fascista, e tale carenza ha rappresentato uno dei limiti oggettivi con cui la ricerca ha dovuto misurarsi. È stato possibile aprire solo delle parentesi problematiche a tale proposito, od operare alcuni parziali sondaggi all'indietro, individuando soprattutto - a partire dagli sviluppi successivi - alcune possibili piste di ricerca. Con maggiore puntualità abbiamo invece potuto ricostruire i condizionamenti di natura ideologico-culturale, in particolare quelli legati al patrimonio liberal-nazionale, che hanno influito sull'atteggiamento delle diverse forze accomunate -sia pure con diverse sfumature - nella battaglia per l'appartenenza statale della Venezia Giulia all'ltalia.

Per quanto concerne il periodo più specificamente trattato si è cercato di fondare la ricerca sul reperimento e la raccolta di una gamma la più ampia possibile di fonti. Non ci si è limitati d'altronde a selezionare i dati e le informazioni riguardanti il fenomeno specifico e particolare della partenza degli istriani e delle misure che in modo più palese ne erano la causa immediata. L'esodo infatti si collega a processi più ampi di quelli circoscritti all'area istriana, quali il complesso intersecarsi delle trattative internazionali, i difficili problemi della costruzione dello stato socialista jugoslavo e gli sviluppi della politica interna italiana nell'immediato dopoguerra. Si tratta di nodi ancora non sempre sufficientemente studiati soprattutto per quanto riguarda il settore jugoslavo.

Nel corso della ricerca le connessioni fra 10 specifico problema dell'esodo ed il contesto ampio in cui esso si inseriva sono state tenute costantemente presenti. D'altro canto questo non può essere considerato un libro sul complesso dell'lstria in questo periodo, ciò che richiederebbe un ben maggiore approfondimento ed ampliamento dell'indagine nei diversi settori. Esso rappresenta piuttosto un modo particolare di accostarsi alla questione istriana. L'esodo infatti è, a nostro modo di vedere, per la sua stessa natura di fenomeno dilacerante e contraddittorio, un osservatorio del tutto privilegiato, che contribuisce a rompere la compattezza di facili semplificazioni e di schemi mutuati - come spesso è accaduto ed accade a proposito della storia regionale - dalla propaganda messa in opera dai diversi schieramenti all'interno dello scontro nazionale.

La fonte maggiormente utilizzata in questo primo approccio al problema è stata la stampa di diverso orientamento, quotidiana e settimanale, particolarmente abbondante - come peraltro accade in Italia - a Trieste e in Istria nel primo dopoguerra. Tale materiale presenta indubbiamente una serie di limiti non irrilevanti, legati soprattutto al taglio con cui i giornali venivano redatti in quel periodo. Loro compito principale infatti, in un momento caratterizzato da un aspro scontro politico-nazionale, era quello di orientare e di formare l'opinione pubblica, a scapito della stessa informazione. Questo ha permesso d'altro canto di ricostruire puntualmente l'evolversi delle linee dei diversi schieramenti attraverso non solo l'analisi degli editoriali e degli articoli di fondo, ma anche a partire dal taglio secondo cui le stesse notizie di cronaca erano riportate. Inoltre è stato possibile utilizzare nell'organo di stampa una quantità di informazioni per così dire «minori» (notiziari, avvisi, annona, locandine, cronaca nera) che permettono di fare luce, seppure parzialmente, sulle concrete condizioni di vita della popolazione.

Come emerge dal volume la stampa maggiormente utilizzata è quella in lingua italiana, non solo quella edita a Trieste dai vari schieramenti, ma anche gli organi emanazione delle organizzazioni legate al partito comunista jugoslavo in Istria. Il privilegiamento dei giornali in lingua italiana anche a proposito di quest'ultimo settore non è il risultato di una scelta pregiudiziale, quanto l'esito di una constatazione oggettiva. Le autorità che amministravano nel dopoguerra la zona B della Venezia Giulia usarono l'organo di stampa come uno dei canali privilegiati nel rapporto con la popolazione italiana della regione. Di qui la pubblicazione di organi in lingua italiana che rappresentano la grande maggioranza della stampa pubblicata in Istria e che del resto riportano frequentemente traduzioni di articoli particolarmente significativi comparsi sui giornali jugoslavi sia sloveni che croati. Il lavoro comprende anche una certa quantità di fonti d'archivio, reperite per lo più presso l'Archivio centrale dello stato. Si tratta però purtroppo di fonti che non superano la data del 1948, imposta dalla vigente normativa sull'apertura degli archivi. Ne resta dunque escluso un periodo non irrilevante ai fini della ricerca. Non è stato possibile inoltre consultare neppure per il periodo precedente al 1948 l'importantissimo fondo dell'Ufficio zone di confine tuttora non depositato dalla presidenza del consiglio presso l'Archivio centrale stesso. Si tratta di un materiale vario dal punto di vista qualitativo e spesso frammentario. Una serie di carteggi fra ministeri e personalità di rilievo negli ambienti governativi apre d'altra parte interessanti spiragli sul dibattito allora in corso a Roma sulla vicenda dell'esodo. Non ci è stato possibile inoltre consultare il materiale presente nell'archivio del ministero degli esteri tuttora in fase di riordino. Non ha ricevuto risposta la domanda di consultazione degli archivi della prefettura di Trieste, mentre ha avuto esito negativo quella inoltrata all'Associazione delle comunità istriane che raccoglie la documentazione relativa all'attività del CLN dell'lstria. Un materiale prezioso è stato quello dell'archivio dell'Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel FriuliVenezia Giulia. Grazie alla gentilezza e alla disponibilità della famiglia Drioli ci è stato possibile disporre infine del materiale raccolto da Luigi Drioli, recentemente scomparso, che fu un autorevole esponente del CLN dell'lstria. Questa occasione ci ha permesso di valutare l'utilità di fondi documentari che, sovente in possesso di privati, potrebbero essere adeguatamente valorizzati, qualora fossero segnalati e resi disponibili. Va precisato, a proposito del materiale archivistico, che per un prosieguo della ricerca sarebbe utile in primo luogo la consultazione di materiali che aiutino a mettere in luce gli aspetti più ampiamente «sociali» della vicenda dell'esodo. Più che documenti relativi a singole personalità e al loro comportamento si tratterebbe di reperire prospetti statistici e materiale organizzativo (ampiezza dell'erogazione dei sussidi e criteri con cui essa veniva attuata, dati concernenti l'appartenenza sociale degli esuli, ecc.). Un esempio di come anche una documentazione per molti versi di «ordinaria amministrazione» possa essere centrale nella ricostruzione di una situazione e di un periodo sono gli atti del CLN di Pola pubblicati a cura di Pasquale De Simone, largamente utilizzati in questo volume. Un terzo gruppo di fonti è rappresentato dalle testimonianze orali forniteci sia da personalità che allora ricoprivano ruoli di rilievo all'interno delle organizzazioni e dei partiti, sia da gente comune che visse quella traumatica esperienza. In particolare queste ultime si sono rivelate ricche di stimoli per la loro immediatezza e la possibilità che hanno fornito di conoscere alcuni aspetti quotidiani della vita in Istria in quegli anni. Hanno permesso soprattutto di percepire -anche se irrigidito nel ricordo -il formarsi di un clima che giorno dopo giorno ha visto crescere la scelta di un'intera collettività di abbandonare la propria terra. Allo stesso tempo le testimonianze si sono rivelate una chiave di lettura particolarmente preziosa ai fini dell'analisi della stessa stampa periodica. La compattezza dei diversi s~hemi ideologici di cui essa si fa portavoce ne è stata messa in discussione. 1 racconti di vita hanno permesso infatti di cogliere, nella loro concretezza, i meccanismi attraverso i quali si forma -o si incrina -una piattaforma di consenso attorno alle diverse linee. Va sottolineato d'altronde che tale indicazione di lavoro dovrebbe essere sviluppata e dettagliata al di là di quanto è stato possibile fare in questa ricerca. Un ulteriore approfondimento in tale direzione comporterebbe una raccolta sistematica più ampia di quella da noi condotta (circa quaranta interviste) che sarebbe auspicabile comprendesse anche le testimonianze di coloro che scelsero di rimanere in Istria. Oltre agli oggettivi limiti di tempo che hanno impedito l'allargamento del programma di interviste, non sono mancate difficoltà dipendenti dalla comprensibile reticenza di molti esuli, restii a rinvangare un passato per loro doloroso. In altri si manifestava la tendenza a non considerare sufficientemente significative le esperienze della propria vita quotidiana ai fini di una ricerca storica, quasi fossero «altro» dalla «grande storia».

Abbiamo mantenuto I'anonimato di queste testimonianze. Ciò risponde da un Iato alla precisa richiesta di alcuni degli interessati, dall'altro però al fatto che riteniamo gli episodi raccontati in tali interviste emblematici di per se, al di là della citazione dei nomi di coloro che ne furono protagonisti. Le testimonianze rispecchiano la forma del linguaggio parlato e sono state trascritte dai nastri incisi nel corso delle interviste ora depositati presso l'Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia. Si è ritenuto opportuno tradurre tali passi - che nell'originale sono per 10 più in dialetto - per esigenze di intelligibilità anche al di fuori della regione. È stata mantenuta la forma dialettale esclusiva. mente laddove la traduzione avrebbe alterato la pregnanza di significato di singole parole o di intere frasi.

Diverso e più tradizionale è l'utilizzo fatto delle testimonianze di persone che furono attive protagoniste delle vicende, interessanti per la conoscenza di particolari inediti, ma fondamentalmente legate a schemi interpretativi compatti ed ideologicamente definitiSi è fatto inoltre ricorso ad alcune altre fonti solo apparentemente marginali, quali la memorialistica esistente, la legislazione (italiana, del GMA e dell'amministrazione jugoslava) ed il materiale statistico edito dall'Opera profughi e dalla presidenza del consiglio. A proposito di quest'ultimo è stata riscontrata l'impossibilità, allo stato attuale delle conoscenze, di ricostruire nei dettagli dal punto di vista quantitativo il fenomeno dell'esodo al di là di alcune cifre di massima su cui del resto le diverse fonti sono concordi. Certamente sarebbe interessante pervenire ad una quantificazione più precisa, anche se una correzione di poche migliaia in più o in meno non sposta la sostanza del fenomeno e le sue caratteristiche di massa. Molto stimolante è risultata la lettura di una serie di opere narrative, in particolare quelle di Fulvio Tomizza, ricche di particolari riguardanti la vita quotidiana in Istria, sia pure filtrati attraverso gli specifici moduli del linguaggio letterario.

La ricerca è stata frutto di un lavoro di gruppo che si è sviluppato attraverso diverse fasi. Vi è stata in primo luogo una raccolta comune dei materiali ed un'elaborazione unitaria del piano generale dell'opera. In tale stadio del lavoro la discussione è stata continua ed ha permesso di valorizzare le diverse competenze in uno sforzo comune in cui si sono rivelate stimolanti anche le diverse opzioni ideologiche dei membri del gruppo. È seguita una fase di rielaborazione dei materiali raccolti e l'individuazione comune dei nodi pro. blematici e della scansione cronologica interna, da cui è derivata l'attuale ripartizione dei capitoli. La stesura di questi ultimi è stata invece individuale ed è per tale motivo che ognuno di essi è stato firmato dal suo autore che in questo modo se ne assume tutta la responsabilità. La diversa ampiezza dei contributi individuali non risponde alla ripartizione originale del lavoro, ma è la conseguenza, dopo un anno di lavoro comune, della partenza per il servizio mili. tare di un membro del gruppo e del sopravvenire di impegni scola. stici per un altro.

Hanno collaborato a questo lavoro la dott. Annamaria Brondani con l'analisi della legislazione italiana in favore dei profughi pubblicata in appendice ed il dott. Andrea Wehrenfennig che ci ha aiutato nello spoglio del «Primorski Dnevnik».

Durante i primi mesi della ricerca nell'ambito dell'Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione sono stati tenuti alcuni seminari che hanno focalizzato su di un piano generale vari temi connessi alle vicende dell'esodo. Nel corso del primo anno di lavoro vi è stata anche una serie di riunioni fra i membri del gruppo ed una commissione nominata dalla provincia di Trieste con fini di consulenza per quanto riguarda l'individuazione ed il reperimento delle fonti. Ne furono membri Arduino Agnelli, Rinaldo Fragiacomo, Guido Miglia, Iginio Moncalvo, Nicolò Ramani, Ruggero Rovatti, Paolo Sema e Raffaele Tomizza. Tali riunioni sono sempre state utili e stimolanti. In particolare ringraziamo Guido Miglia, Nicolò Ramani, Paolo Sema e mons. Tomizza per la sollecitudine con cui si sono ado. perati nel corso della raccolta delle testimonianze, non segnalandoci solo nominativi di possibili intervistati, ma assistendoci concreta. mente nel lavoro di raccolta. Ricordiamo in questa sede Luigi Drioli, membro della commissione, scomparso prima dell'inizio della sua attività.

Ringraziamo la famiglia Drioli per la disponibilità e la squisita cortesia con cui ha fornito i documenti in suo possesso. Ringraziamo inoltre tutti coloro che ci hanno concesso la loro testimonianza, il personale ed i ricercatori dell'Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione, il personale dell'Archivio centrale dello stato ed in particolare la dott. Paola Carucci, il personale della biblioteca civica di Trieste, quello della studijska knjiznica di Capodistria e della Narodna in studijska knjiznica di Trieste, l'Associazione delle comunità istriane per il prestito di alcune raccolte di stampa, la direttrice della casa di riposo «Giani e Carlo Stuparich» di Borgo San Mauro, il dott. Luigi Mestroni dell'ufficio statistiche del Comune di Trieste e Gabriella Zanini che ha collaborato alla correzione delle bozze.


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Created: Saturday, December 09, 2000; Last updated: Tuesday, May 03, 2022
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