Dal diaria di un asino

Questo è uno stralcio dal romanzo "Iz dnevnikajednog magarca" (Dal diario di un asino, 1925) dello scrittore croato Ante Dukić (1876-1952), nativo di Jurjenići ( Castua).

Il protagonista è un soave e infelice somaro, sempre maltrattato e battuto dal padrone, che commenta, dall'ottica asinina, il mondo e gli avvenimenti umani. Per quanto il lavoro risulti, dal punto di vista ideale, datato, al Dukić, animalista ante-litteram, va il merito di una grande sensibilità e un acuto senso dell'ironia nella resa dell'ambiente rurale, in cui fioriscono ignoranza e preconcetti.

Il brano qui presentato è tratto dall'edizione (1990) pubblicata dal Ciakavski sabor di Pola nell'ambito della collana "L'Istria attraverso i secoli". 


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Domani andrò con il padrone a far legna.

Sono uscito. 

Agli occhi mi sembrava di avere la cataratta. Fui abbagliato dalla brillante luce del sole e dal mare di un azzurro celestiale. Venni avvolto dall'aria tiepida. La centellinai avidamente - lo sguardo attento - e mi soffermai ad ogni passo: Il vecchio mondo mi sembrò completamente nuovo - 

Il padrone mi incalzò brutalmente.

Ma lascia che l'asino si sazi di guardare il mondo - non l'ha visto pertanto tempo, disse Milčić. - Eh? Forse che l'ho sfamato per tutto l'inverno affinchè adesso guardi il mondo? Ma quanto sei furbo, Milčić. Ho paura, figliolo, che tu non avrai mai il mio senno -

In quella mi percosse di brutto con il bastone e incominciò a travasare il senno del suo cervello in quello di Milčić: 

Ascolta, figliolo. 

L'asino non ha lavorato per tutto l'inverno. Di conseguenza s'è impigrito. Quanto meno un asino lavora, tanto piu è infingardo. Perciò un asino deve lavorare sempre. 

Hai capito? 

Ho capito, rispose Milčić accennando col capo, e mi accarezzò con la manina dalla fronte al muso. 

Ascolta figliolo - riprese il padrone.

Non ho bastonato l'asino tutto l'inverno. Di conseguenza è diventato delicatino. Guarda come salta appena lo colpisco; come si scuote non appena lo tocco. Questo è perchè si è disabituato alle busse.

Ma se invece l'asino viene bastonato tutti i giorni, ci fa il callo, e non gli fa per niente male. Perciò l'asino va sempre bastonato. 

Hai capito?

Ho capito, rispose Milčić accennando col capo, e mi accarezzò con la manina dal muso alla fronte. 

Ma perchè continui ad accarezzare l'asino, asino che non sei altro?! Parli con me, e guardi lui. Ho l'impressione che comprenderesti qualsiasi asino prima di me...

Arrivammo al boschetto.

E qui il padrone mi caricò di una tale montagna di legna da farmi letteralmente dondolare sotto l'enorme soma.

La soma è troppo pesante per l'asino, osservò Milčić. Togligli qualche legno peralleggerirlo e mettimelo sulla schiena. - Ti tormenterai senza necessità, figliolo, ribattè il padrone; ma - se proprio insisti, ecco prendi.

Tutto allegro Milčić portò la sua minuscola soma.

La mia groppa non fu molto alleviata da quei pochi legnetti in meno, ma il mio cuore - quasi volava...

Oggi non ho ancora neanche una briciola di cibo in corpo. Nessuno al mondo si preoccupa di me. Chiedo umilmente: di chi sono? Non lo so. Probabilmente di nessuno.

Domenica.

Il padrone mi ha aperto la porta e se n'è andato da qualche parte o da quella parte (cioè nel solito posto). E anch'io me ne sono andato al solito posto, cioè sul Prato, a mangiucchiare per la seconda volta quell'erbetta già tre volte completamente brucata prima ancora che spuntasse. Ma i bambini non mi davano pace. Mi ronzavano attorno, mi saltavano in groppa, mi incalzavano da presso - e così sono tornato a casa completamente sfinito e affamato. Mi chiedo nuovamente : Ma di chi sono, insomma? A quel che vedo: di tutti - solo non di me stesso.

Oggi tuttavia sono stato di me stesso.

Non c'è più fieno e non c'è ancora erba - ma lo so io dove ce n èè - disse il padrone e condusse me e Milčić per un sentiero che di solito non prendiamo. Presagivo che sarebbe successo qualcosa di insolito.

Pian piano (ma in genere non andiamo mai di fretta) giugemmo al cimitero del villaggio. Il padrone si girò circospetto ai quattro angoli del mondo (soltanto verso il quinto - cioè il cielo - non guardò) e quindi mi spinse nel camposanto.

Poi disse:

Qui è sepolto mio padre - questo è nostro - qui il nostro asino può pascolare - 

E incominciai a pascere.

Brucai voluttuosamente l'erba rigogliosa che spuntava dal mio vecchio padrone defunto che da vivo mi aveva fatto patire tanta fame...

lo me ne vado, disse il padrone a Milčić. Se chicchessia dovesse chiedere di chi è l'asino, tu non dire che è nostro, bensì tuo.

Di lì a poco giunse il becchino. Teneva la mano destra dietro la schiena...Mi allarmai. Anche Milčić era allarmato.

Di chi è quest'asino? - chiese il becchino. Milčić si fece tutto rosso in viso e rispose: Questo asino è - di se stesso. - Bene, disse il becchino. Buon per te. Perchè se l'asino fosse tuo, le buscheresti tu, ma visto che è di se stesso, le buscherà lui.

Quindi mi percosse a dovere e mi scacciò fuori.

Ecco - che cosa si ottiene a essere di se stessi!

Milčić piange.

Si direbbe che oggi egli sia di tutti, perche tutti i bambini l'hanno picchiato. Un ragazzino gli ha dato un pugno tale che ha il volto tutto infiammato. - Milčić tiene la manina sul visetto e piange a dirotto.

Per questo piangi? - urla il padrone. Per uno schiaffetto? E tu dagliene due, così riderai -

Ci mancherebbe, disse la moglie. Milčić non vuol picchiare e neanche essere picchiato. è vero, figliolo? - Milčić alzò gli occhi da terra per guardare sua madre...

Era stupendo - lo lo so perchè i ragazzi ti odiano, disse a quel punto il padrone. Tua madre non fa che lavarti e rammendarti e lisciarti e leccarti - e tu vorresti piacere agli altri ragazzi, che sono tutti sporchi, sudici, laceri, stracciati, spettinati -

Ma dov'è il vostro buon senso? Chi vuol vivere fra i propri simili, deve essere come loro.

Avete capito?

Sentite.

Quando mi ritrovo sobrio tra ubriachi, mi sembra diessere capitato fra estranei. Allora mi ub riacoalla svelta e mi sento subito tra i miei simili.

Lo capite?

Oggi il padrone è tornato a casa cantando. (è stato per tutto il tempo da qualche parte "tra i suoi simili".)

Riposo.

Cade la pioggia.

Cresce l'erba.

Una nuova vita per gli asini.

Così anche noi abbiamo almeno qualcosa al mondo di cui rallegrarci.

leri siamo stati a "Jasna poljanica". lo pascolavo, Milčić con un temperino si stava facendo un fischietto e una cerbottana, mentre il piccolo del vicino pascolava le pecore nei pressi e zufolava.

Tutto ad un tratto prese a gettarmi delle pietre e a urlare che pascolavo sul suo: che avevo passato il confine.

Niente di strano.

Un asino non conosce alcun confine.

Oggi sono sazio.

Il piovano ha licenziato la sua vecchia domestica (dice che non è più buona per niente) e ne ha presa una giovane.

La gente ride - e anche lui se la ride.

è allegro il nostro paese.

Se il sign. piovano vedesse questa nota, direbbe che scrivo sempre quello che non si deve (cioè scrivere)...

Oggi nel villaggio è venuto un forestiero.

Si è fermato sul Prato e non la finiva di meravigliarsi. Che paese è mai questo? - chiedeva alla gente. Dappertutto puzza e fetore. Ad ogni passo incontro ubriachi, donne scarmigliate, bambini luridi, porcieasini. O sant'lddio! Ma è un paese di uomini o è abitato unicamente da porci e asini? Chi ha abbrutito questa gente? Ma non avete un prete? Non avete un capo? Ma che cosa fanno queste vostre guide secolari e spirituali?

Eh, - se succedesse da noi, gli darei io una lavata nei giornali.

Sto riflettendo. Oggi non ho vissuto invano: almeno ho appreso che cosa sono i giornali. Sono (a quel che vedo) qualcosa in cui si lavano gli uomini.

Stamane Milčić m'ha detto che sono sporco. Sarà vero, perchè già da più giomi mi prude la pelle. Desidero ardentemente che finalmente qualcuno dia anche a me una bella lavata nei giornali.

Il piovano ha già litigato con la sua nuova domestica.

Se leggesse questo direbbe senza fallo:"Quest'asino s'immischia negli affari degli altri"... (E che posso farci, se non ne ho di miei?)

Stamane, davanti a casa, il padrone sbadigliava e raccontava qualcosa al vicino nell'altro cortile. Ieri sera (disse) io e il piovano siamo stati allo spaccio di Mate Levadurčić.

Ha il vino che sembra acquavite. 

L'abbiamo bevuto come fosse latte brindando l'uno all'altro e alla botte e al gatto pezzato seduto accanto a noi; ne abbiamo trincato, fratello, fino a darci del "tu" l'uno all'altro, e al gatto del "voi". 

(..)

Nuvoloso.

Ieri ho udito provenire da una grande distanza un insolito suono di campane... Che vento porta questo nuovo suono, - sinora mai udito?

Il tempo sta cambiando. Ieri mattina è giunto in paese il vescovo Dobrašin. Il piovano dormiva ancora, e quando s'è alzato ha potuto vedere il vescovo in orto che stava potando le viti. 

Nel pomeriggio il vescovo ha visitato i possedimenti ecclesiastici. Lamentandosi perchè sono molto trascurati.

Stamane ho ascoltato questo colloquio davanti alla porta della mia stalla:

Avete voi, figliolo, un asino robusto? - Ce l'ho. - è grande abbastanza? - Sì. -Come te ? - Oh no, signore, da noi ci sono solo asini grandi. - Quant'è grande, dunque? Come tuo padre? - Oh no, tanto grande sicuramente no, un asino così grande non c'è in tutto il paese. - Fammelo vedere. - Chi? L'asino o mio padre? - Ambedue.

Poco dopo recavo in groppa il vescovo Dobrašin diretto a Jaružnica. Il padrone marciava davanti a noi (vale a dire davanti al vescovo).

A Jaružnica il vescovo ha visitato i possedimenti ecclesiastici e la chiesetta. L'erba cresce nelle vigne della chiesa - l'erba cresce nella chiesetta. Per questo sono venuto a Jaružnica - a vedere questa meraviglia, ha detto il vescovo uscendo di chiesa.

Davanti all'osteriola del "calderaietto" (il fratello del capovillaggio) il vescovo chiese al mio padrone se volesse un tozzo di pane e un misurino di vino. - Io... io - non bevo, rispose il padrone a voce bassa. (Quel che voleva dire era probabilmente che non beve così poco.)

Allora il vescovo ordinò un misurino di vino e due uova per sè e si sedette al tavolo di pietra. Quant'è il conto? - chiese all'oste dopo aver desinato. - Non molto. Per il vino niente, e per le uova due baiocchi. - Cosa? Due monete d'argento per due ovetti? Forse che a Jaružnica le uova sono tanto rare? - No, reverendissimo, da noi le uova non sono rare, no - sono i vescovi che sono molto rari, rispose il "calderaietto".

E a te quanto devo? - chiese il vescovo al padrone quando fummo tornati a casa. Sa, reverendissmo, io non sono come il "calderaietto". Anch'io potrei dire che da noi gli asini non sono rari - S', sì. Lo puoi affermare liberamente, lo interruppe il vescovo, è la sacrosanta verità, e allora? - Allora facciamo così - poco e bene: perme niente e per l'asino cinque monete d'argento.

Cosa? Cinque monete d'argento per mezza giornata? Sei un bel tipo, non c'è che dire. - Certamente. Lo dico sempre anche a mia moglie. (Dalla casa si udì provenire uno scroscio di risa.)

Nella nostra direzione (o meglio in quella del vescovo) stava arrivando il signor piovano. Già da lontano spiccava la rotondità di quelle parti del suo corpo che sono riservate alla digestione. Si muoveva lentamente e dignitosamente come un carro di fieno.

E il vescovo lo scrutava, lo scrutava - 

Quindi si rivolse al mio padrone e gli disse: Sia come hai detto. Ecco - questo è per l'asino. - Il padrone intascò e se ne andò. 

(lo lo sapevo dov'era diretto.)

Il piovano nel frattempo s'era avvicinato e aveva preso a inchinarsi al reverendissimo.

Non ti dispiaccia, piovano, disse il vescovo, se stamane me ne sono andato senza di te a Jaružnica. Ti ho atteso a lungo, ma quando ho saputo che stavi ancora dormendo dolcemente, non ho voluto svegliarti...

Lei è troppo buono e gentile, reverendissimo. Grazie di cuore... Ieri sera non potevo addormentarmi...Appena all'alba il buon Dio ha concesso il sonno agli occhi miei e riposo alle mie palpebre.

Il volto benevolo del vescovo si oscurò. 

Si sedette sul sedile di pietra accanto all'uscio e prese Milčić sulle ginocchia. - Vediamo, disse, com'e la tua testolina. - Ecco così, ribatte Milčić, togliendosi il berrettino. - Vedo, ma io voglio vedere com 'è dentro. Attento. Risponderai a due domande. Qualè la differenza fra me e quest'asino? - Milčić misurò con lo sguardo il vescovo e la mia orecchiuta persona. Quindi disse: Lei ha la croce sul petto e l'asino sulle spalle. - Bene. E che differenza c'è tra il signor piovano e l'asino? - Non lo so perchè il signor piovano non ha la croce. - Lo sai forse tu, piovano? - Non lo so davvero neanch'io, reverendissimo. Penso che non ve ne sia alcuna. - Lo penso anch'io - disse tranquillamente il vescovo Dobrašin.

Tratto da:

  • Ante Dukić, "...Dal diario di un asino". Jurina i Franina, Rivista di varia cultura istriana, N. 66, Inverno 1996, Libar od Grozdar - Pola, p. 74-76.

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Created: Friday, March 23, 2001; Last updated: Sunday, November 27, 2022
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