Il Cristianesimo in
Istria di
Luigi Parentin
[Tratto da: Luigi Parentin, Il Cristianesimo in Istria,
[publisher?] [city, date?], pp. 43-48.]
[...] Mentre il processo di romanizzazione andava completandosi, si
diffondeva, - nel silenzio di qualche cosa, nel timore delle delazioni e
delle persecuzioni, sotto la protezione di qualche signore che
generosamente e coraggiosamente ospitava i suoi compagni di fede, - il
messaggio cristiano. Nella Passio dei santi Ermagora e Fortunato, si
legge: «Ermagora, recatosi a Roma assieme al beato Marco, ricevette dal
beato Pietro bastone pontificale e velo sacramenlale, e fu creato primo
vescovo delta provincia d'Italia; e, ritornato ad Aquileia, ne organizzò
la chiesa e ordinò presbiteri e diaconi; poi inviò un presibitero e un
diacono a Trieste e in altre città». Questo documento non è anteriore al
secolo VIII, ma fa fede d'una tradizione, che la ricerca e i
rinvenimenti archeologici possono confermare: prima del 313 a Pola e a
Parenzo le riunioni si svolgevano nelle case di persone già convertite e
sulle cui fondamenta sorsero più tardi le prime chiese locali. Nicolò
Manzuoli nella sua Nova descrittione della Provincia dell'Istria
(Venezia, 1611) raccolse una tradizione e scrisse: «L'anno della nostra
salute 44 il popolo di Capo d'Istria dal vero lume celeste illuminato,
lasciate le idolatrie alla vera et unica fede di Giesù Christo Sig. N.
si convertì», e nella seconda parte della sua opera, dedicata
all'agiografia, lo stesso autore reca la notizia che Elio, nato a
Costabona presso Capodistria, fu discepolo di Ermagora, che gli assegnò
I'Istria quale terra della sua missione evangelizzatrice. Elio, che
sarebbe morto il 18 luglio del 56, è considerato uno dei patroni di
Capodistria; ed ancora esiste la chiesa a lui dedicata: una rotonda
databile al secolo IV-V: forse eretta appena che fu emanato I'Editto di
Costantino, probabilmente la più antica chiesa cristiana dell'Istria. Ma
i più notevoli templi cristiani superstiti dell'Istria sono
indubbiamente quelli del V-VI sec.: Santa Maria Formosa di Pola (di cui
rimane la cappella bizantina) eretta dal polese Massimiano, e la
Basilica Eufrasiana di Parenzo, che sorge sul posto della casa di Mauro,
- vescovo della città, - che vi raccoglieva i fedeli e che vi ebbe il
martirio. Ciò detto secondo la tradizione, è doveroso aggiungere che
I'apporto di ricerche e studi di storici e archeologici moderni impone
molte riserve e che il problema della cristianizzazione dell'Istria è
sempre aperto. Giuseppe Cuscito, Mario Mirabella Roberti e altri
studiosi (v. bibliografia, infra) hanno recato importanti contributi a
questo annoso capitolo storico.
Ormai caduto I'Impero romano d'Occidente,
I'Istria è passata sotto Bisanzio. Non è un periodo di tutta
tranquillità. Scoppiano lotte religiose violentissime in séguito allo
scisma detto dei Tre Capitoli, cui Pola partecipò col suo vescovo,
quando si riunì, nel 579, il sinodo provinciate, che tolse al
patriarcato di Aquileia e assegnò a quello di Grado I'Istria. A Venezia,
nella Basilica di San Marco è un mosaico con la figura di Papa Pelagio,
che regge la bolla di conferma di questo avvenimento; vi si legge tra
I'altro: confirmamus gradense castrum metropolim totius Venetie Istrie
atque Dalmatic; ma oggi alcuni studiosi dichiarano falso questo
documento. Il mosaico è del XIII secolo, ma il documento (autentico o
falso che sia) è molto anteriore (1). Poi, nel sinodo
di Marano i vescovi istriani condannarono lo scisma.
|
|
Papa Pelagio regge la bolla con
cui unì I'lstria e la Dalmazia al Patriarcato di Grado.
Mosaico del sec. XIII. (Venezia, Basilica di San Marco. |
|
|
|
E scesero i Longobardi, ma I'lstria restò
all'Impero d'Oriente, finché, approfittando del contrasto fra
I'lmperatore bizantino e gli abitanti d'ltalia per la faccenda
dell'iconoclastia (gli istriani rimasero fedeli al culto delle immagini)
i Longobardi ripresero le ostilità per sottomettere I'lstria, ma furono
spazzati via dai Franchi di Carlo Magno, che, dopo breve tempo,
s'impadronirono dell'Istria, instaurandovi un dominio tirannico.
La serie del santi istriani s'inaugura con
la stessa diffusione del Cristianesimo e continua per tutto il Medioevo
e ben oltre, e le città dell'Istria e della Dalmazia che se li disputano
non sono poche: il caso di san Donato (venerato come compatrono ad Isola
e come patrono di Zara) è emblematico. Accanto a lui ricorderemo san
Ruffo, nato a Luparo (martire nel 290 ca.), un san Pietro di
Parenzo (sec. IV), il
beato Ottone di Pola vissuto nel secolo XIII, il beato Assalone,
vescovo di Giustinopoli nel 1210 (fu forse il primo a infeudare le
decime delle ville diocesane; e un interessante dipinto dugentesco su
tavola oggi conservato nel Palazzo vescovile di Capodistria ne attesta
la presenza), il teologo beato Monaldo francescano, un
beato Giuliano da Valle
(sec. XIV), giù giù nei secoli fino ai due beati capodistriani Antonio
Martissa (morto nel 1520) e Giuliana Malgranello, pizzocchera
delle Mantellate, morta nel 1551.
Sull'origine istriana e sull'esistenza
storica d'alcuni Santi «istriani» i dubbi sono parecchi. Sono tipici due
casi: quello di Pelagio, patrono di Cittanova, e quello d'Alessandro,
compatrono di Capodistria; e conviene accennarne.
La figura di Pelagio è stata studiata da
mons. Luigi Parentin nella monografia Cittanova d'Istria, Trieste, 1974,
pp. 204 ss. Premesso che la cattedrale della città è variamente
intitolata: ai Santi Pelagio e Massimo (di rado «Massimo e Pelagio»),
spesso alla B.V. Maria e ai detti Santi, e che l'intitolazione più
antica è soltanto alla Madonna (eccelsia maior S. Marie), «si è indotti
a credere (scrive mons. Parentin) tardiva l'assunzione dei due Santi a
titolari, all'epoca del trasferimento delle loro reliquie, con netta
evidenza di S. Pelagio». E la storia delle reliquie dei santi «rrende
intricatissimi gli studi agiografici»: atti e leggende raffazzonati a
scopo edificante pullulano intorno a loro. E si giunge perfino, da parte
di fanatici, alla falsificazione dei corpi di santi. Le reliquie sono
trasportate da luogo a luogo e nessun sepolcro di martire rimane
inviolato. Quindi lo scrittore continua:
«La preminenza del culto di S. Pelagio non
deriva solo da un indizio di maggiore antichità, ma dall'appoggio della
tradizione, che lo ritiene un santo autoctono, nato, vissuto e
martirizzato a Cittanova. Nulla di impossibile, considerato che
Cittanova ebbe un passato romano non trascurabile e che le persecuzioni
contro i cristiani infierirono anche nelle nostre terre. Nulla di
strano, che similmente a quanto avvenne nelle città vicine, anche qui un
campione della fede abbia colto la palma del martirio; e che abbia avuto
il nome abbastanza comune di Pelagio, nulla vieta di crederlo.
|
|
Sinistra:
Cittanova. Basilica, facciata (sec. XII).
Destra:
Croce in pietra calcare (mutila ai
lati), dall'antica cattedrale (sec. IX?). (Capodistria, Museo
Regionale). |
|
|
Poté essere stato benissimo un martire locale,
probabilmente laico, poco noto, legato alla patria attraverso la memoria
del suo sepolcro, che quando i secoli posteriori lo stemperarono nella
leggenda sino a perdere ogni suo connotato biografico, venne confuso o
piuttosto identificato con un martire omonimo, secondo il costume degli
agiografi medioevali.
II Martirologio ha un solo Pelagio martire (28 agosto), di Costanza
(Germania). La sua passio reca i nomi dei genitori Pelusio (o Pedolo) e
Clara (Hilaria), del sacerdote Uranio, del giudice Evilasio,
dell'imperatore Numeriano e l'anno 283. Soprattutto gli ultimi dati
hanno del convenzionale, trovandosi ripetuti senza fondamento storico
negli atti di altri martiri. La città nordica, indicata da un documento
del monastero di S. Gallo risalente al sec. IX. si inquadra bene
nell'impostazione esotica, inaugurata prima del Mille, non solo in
riguardo alla vita politica del feudalismo franco-germanico. Potrebbe
essere indicativo il filo che legò l'Istria al ducato di Baviera.
[E annota: Secondo il
Cronista di S. Gallo, le reliquie di S. Pelagio furono portate a
Costanza nel 917. II Martirologio versificato di Wandelberg di Priim
anticipa il fatto attorno all'848 mentre Notker (P. L. CXXXI, col.
1144), dell'896, assegna il santo ad Emonia ... Altri pone Roma come
luogo di provenienza, tramite i benedettini, dando un duca bavarese come
destinatario.]
I truci particolari del
martirio che infiorano con troppo monotona ingenuità le passioni di
tanti altri martiri, sono un prodotto medioevale, incapace di dare o di
togliere alcunché alla precisione e alla semplicità storica.
Ricorriamo ad un termine di
paragone vicino. Parenzo ha in Mauro un santo indigeno, autentico. Ma
svanito, tranne il nome, ogni ricordo, i posteri si affannarono di
chiedere a prestito, da santi esotici omonimi, particolari di vita e
data di riferimento. A individuare il semplice, genuino nostro S.
Mauro, ci volle la scoperta di un reperto archeologico in loco.
Venne così confermato l'asserto del Liber Ponlificalis, secondo
cui il papa Giovanni IV, dalmata, fece trasportare a Roma assieme alle
reliquie dei Ss. Venanzio, Anastasio et aliorum mullorum martyrum
... de Dalmatia et Histria, anche quelle di S. Mauro. Anzi questo Mauro
è stato nominatamente raffigurato tra i martiri salonitani nel mosaico
dell'oratorio lateranense che ne raccolse le sacre spoglie, in tal modo
sottratte alle profanazioni degli Slavi pagani invasori».
|
|
Cappella della SS.
Trinità, Rovigno (a pianta eptagonale) (sec. XIII). |
|
|
|
Alle parole dello
storico, è da aggiungere che, falso o autentico che sia il documento di
cui è memoria anche nel mosaico di San Marco a Venezia, è indubbio che
nella seconda metà del VI sec. tra i due Patriarcati furono lotte per
I'autorità religiosa sull'Istria. E che Papa Pelagio sia intervenuto è
tutt'altro che improbabile. Altrettanto certo è che le città dell'Istria
pendevano dalla parte di Grado e non parteggiavano per Aquileia. Sembra
quindi ben più probabile della proclamazione a loro patrono d'un martire
bavarese da parte dei cittanovesi, I'acclamazione a patrono di Papa
Pelagio subito dopo la sua morte. Come si sa, allora erano ifedeli a
dichiarare non solo il patronato d'un Santo, ma anche «a furor di
popolo» (espressione ben nota) la santità d'una persona. La Chiesa non
promosse processi canonici né procedette a «canonizzazioni» prima della
metà del sec. XVI. Quindi, data I'incertezza e I'inattendibilità delle
notizie (tutte recenti) sul Pelagio fin qui supposto patrono di
Cittanova, sembra probabile I'acclamazione (per gratitudine o altro
motivo) di Papa Pelagio.
L'Istria a partire dal secolo IX è andata
costellandosi di badie, conventi, monasteri, in gran parte benedettini:
quelli di San Giovanni di Daila, di Sant'Onofrio, di
San Nicolò d'Oltra, meritano una menzione particolare per la loro
storia (2). E molti erano i monasteri femminili, dei
quali uno va particolarmente notato: il Remitorium apud Ecclesiam Sancti
Michaelis in Ariolo di Capodistria, perché ivi Cunizza della Casa ducale
di Carinzia, monaca delle Umiliate, dopo ventidue anni di vita
esemplare, chiese di essere rinchiusa, per sfuggire alia crudeltà e alle
persecuzioni di Ezzelino da Romano: vi trascorse quasi quindici anni in
celicio, paupertate, jejuniis, vigiliis, abstinentia, confessionibus et
orationibus e vi morì il 13 agosto 1271, come risulta da una lamina
metallica che G.R. Carli ha pubblicato nelle sue Antichità italiche,
e che è riportata integralmente nel Codice Diplomatico Istriano.
Note:
-
L'autenticità del documento del 24. VII. 1180 (riprodotto nel Codice
Diplomatico Istriano) è negata da mons. SILVIO TRAMONTIN, Origine
della leggenda marciana in AA.VV., Le origini della Chiesa di Venezia,
Venezia, 1987, pp. 177-178), che, di conseguenza, deve dichiarar falso
anche il documento di data Indiz. III, 1192 (C.D.I.) con cui Papa
Celestino commette al Patriarca di Grado (e non al Patriarca d'Aquileia)
e al vescovo di Castello (di Venezia) la decisione d'una controversia
fra il pievano di Pirano e il vescovo di Cittanova.
-
V. pure l'interessante e
bellissimo volume di L. PARENTIN, Itinerario con l'Istria, la sua
storia, la sua gente, Trieste, 1987, con molte illustrazioni.
BIBLIOGRAFIA
Alle opere generali di Carlo
De Franceschi e B. Benussi, aggiungere:
-
F. UGHELLI, Italia sacra, ..., Roma,
1653;
-
FR. SEMI, Il Cenobio cassinese di San
Nicolò d'Oltra, Capodistria 1933;
-
G. CUSCITO, La cristianizzazione di
Aquileia e dell'Istria, in «Atti e mem. della Società Istriana di
arch, e st. patria», 1983, pp. 177 ss.;
-
M. MIRABELLA ROBERTI,
Architettura paleocristiana da Aquileia all'Istria, ib. pp. 193 ss.;
-
V. SAXER, L'Istria e i Santi istriani,
ib. 1984, pp. 57 ss.;
-
G. FEDALTO, Il cristianesimo nelle
Venezie, Padova, 1987 e la recens. di MARIA PIA BILLANOVICH in
«Archivio veneto», 1988, pp. 125 ss.;
-
L. PARENTIN, II francescanesimo (...) in
Istria nel corso dei secoli, Trieste, 1982. Per quanto concerne San
Pelagio, il PARENTIN cita anche: F. BABUDRI,
S. Pelagio martire istriano, nel cuore e nella storia di Cittanova,
panegirico, Trieste, Amati e Donoli, 1896.
-
N. BONICELLI, Orazione panegirica delle
lodi di S. Pelagio martire, protettore principale di Cittanova, recitata
nella ricorrenza della sua festa nella sinodo diocesana celebrata in
cattedrale il 28 agosto 1780, Venezia, G. Bettinelli, 1780.
-
P. KANDLER, Di S. Pelagio patrono di
Cittanova e di S. Fiore (Floro), in «L'Istria» II (1847), pp.
228-32.
-
N. MANZUOLI, Nuova descrittione della
Provincia dell'Istria con la vita delli Santi..., Venezia, 1611:
anche in «A. T.» III Ia s. (1831).
-
L.L. SCHOENLEBEN, Aemona vindicata, sive
Labaco metropoli Carnioliae vetus Aemoniae nomen jure asservatum;
opusculum prodromum ad Chronologiam et Annales Carnioliae ...,
Responsiones ad argumenta D. Archidiaconi Carnioliae ...,
Salisburgi, typis Melchioris Haen, 1674. — L'opera maggiore dello stesso
è Carniolia antiqua et nova, Labaci, Mayr., 1681. Naturalmente,
le idee dello Schoenleben su Emona sono appoggiate dallo storico
-
G.W. VALVASOR nell'opera
Die Ehre des Herzogsthums Krain, Niirnberg, 1687 (nuova ed. 1877).
-
G.F. TOMMASINI,
Commentari ..., pp. 307-19 ( = Cap. XXXIII: Vite di S. Massimo
vescovo e martire e di S. Pelagio martire, protettori di questa città).
Vita, passione e morte di S. Pelagio martire, protettore di Cittanova
(estratto dal v. XXXVIII degli Atti dei Santi della Bibl. di S.
Gallo; pp. 16), Rovigno, A. Coana, 1862.
|