DA DIETRO UNA CORTINA DI POSSENTI MURAGLIONI INVASI DALL'EDERA, DOMINA LA VAL D'ARSA

Il castello dimenticato di Bogliuno

di Roberto Palisca

La maggior parte dei castelli della Val d'Arsa risale all'inizio del feudalesimo. Quelle di Lupogliano, Vragna, Cosliacco, Chersano, Lettai, Gradigne, Passo, Cepich, sono tutte fortificazioni che vennero costruite nel corso dell'XI secolo. Lo è anche il castello di Bogliuno che a 253 metri al di sopra dell'altezza del livello del mare, appare racchiuso da una cortina quadrata di possenti muraglioni invasi dall'edera, le cui fondamenta poggiano su uno sperone di pietra viva. Da lassù, arroccato sulla roccia, domina ancora oggi la valle sottostante, solcata in tutta la sua lunghezza dal torrente di Bogliuno che un tempo si riversava nel lago d'Arsa.

Bogliuno in un lontano passato fu una postazione di guardia di importanza fondamentale. In origine questa costruzione aveva un bastione rettangolare posto a rinforzo delle mura di levante, un mastio e una torre rotonda rivolti l'uno a meridione e l'altra a settentrione e una torre quadrata. Quest'ultima è scomparsa. Di quella circolare oggi restano soltanto i ruderi, dai quali si ammira ancora uno spettacolare panorama sul versante istriano del Monte Maggiore. Il bastione quadrangolare e il mastio invece, entrambi di struttura assai compatta, si reggono ancora orgogliosi, quasi a voler sfidare il tempo. Nella preistoria questa zona era già abitata dagli Istri. Poi verso la metà del primo millennio la pacifica vita dei loro castellieri fu sconvolta dalle invasioni dei Celti che si spinsero fino alla parte settentrionale della penisola istriana. Una delle loro stirpi si insediò qui. Erano i Secussi. Con l'arrivo dei Romani, che la chiamarono Ad Fìnes, Bogliuno diventò presidio militare in quanto garantiva il pieno controllo delle strade sottostanti che ancora oggi portano da una parte verso Fianona, Albona e Pola e dall'altra verso Pisino che dista da qui appena una ventina di chilometri. Da questo punto infatti le sentinelle potevano controllare con estrema facilità l'intera pianura sottostante attraversata dall'antica strada consolare. Nel tardo periodo romano il borgo prende il nome di Bagnolium.

Per quanto - come tanti altri luoghi dell'Istria interna - Bogliuno sia oggi purtroppo quasi disabitata e conti in tutto forse una trentina di abitanti, è interessantissima da visitare oltre che per il castello, per l'elegante loggia rinascimentale e per alcune chiesette che rappresentano degli splendidi esempi di architettura rurale. Sono testimonianze di un passato ricco di storia. Risalgono quasi tutte al periodo medievale, epoca in cui l'abitato raggiunse il massimo del suo sviluppo. Fu allora infatti che intorno al castello vennero costruite la mura cittadine, le case del centro storico, quasi tutte con l'immancabile classico ballatoio istriano, molte delle quali oggi appaiono ridotte purtroppo a dei ruderi, la chiesa dei Santi Cosimo e Damiano, la bella e particolare loggia coperta, che la gente del paese stranamente chiama ancora "kasca" (è un termine tipicamente sloveno) e la parrocchiale di San Giorgio. Bogliuno fu a quei tempi quasi sicuramente capoluogo dell'intera regione dell'alta Val d'Arsa. La prima menzione scritta di Bogliuno risale comunque al 1064, anno in cui, poco prima di costituire il principato ecclesiastico del patriarcato d'Aquileia, Enrico IV di Franconia donò il feudo al marchese d'Istria Ulrico di Weimar. Nel 1102 suo figlio Ulrico II lo diede in proprietà ai patriarchi d'Aquileia. A quei tempi ad amministrare il borgo e a riscuotere le tasse in nome della Chiesa c'era un gastaldo. Dal 1335 in poi Bogliuno finì la sua epoca di piccola cittadina seguendo le sorti degli altri castelli dei dintorni e il feudo perse vieppiù di importanza. Con la morte di Ugone VI di Duino il borgo passò in mano ai Walsee e poi ai Wachsenstein, agli Erlacher, agli Zechoner, che temendo già allora i saccheggi e le invasioni ottomane, fecero ricostruire il castello e rinforzare le mura cittadine. Concessa nel 1356 dal Patriarca d'Aquileia a Isacco Turrini, la rocca di Bogliuno passa poi ai Moyses, signori di Cosliacco, alla libera baronia dei Barbo, e poi ai Nicolich, ai Mosconi di Pisino ed ai Valvasor. Ma invece dei turchi durante la guerra degli Uscocchi, fra Veneziani ed Austriaci, nel 1612 a saccheggiare e a incendiare Bogliuno furono i mercenari veneti. Anche in seguito Venezia tentò invano di impossessarsene ma non ci riuscì mai. In mano all'Austria Bogliuno era comune indipendente governato da uno zupano e da dodici consiglieri eletti dalla popolazione del luogo.

Per quanto sia triste attraversare oggi le strade deserte del borgo, il paesino e il castello meritano una visita sia per la suggestività della rocca che per il bellissimo panorama che si gode dall'alto delle sue mura, sulla verde vallata sottostante al cui centro, quasi fosse un'oasi incastonata tra i prati e i campi arati di terra rossa circostanti, c'è un piccolo stagno.

L'altare principale della chiesa dì San Giorgio

«Per san Zorzi ga la spiga duti i orzi»

"Per san Zorzi ga la spiga duti i orzi, e se ancora no i la ga, più mal che ben sarà" dicevano una volta i contadini istriani in vista della ricorrenza di San Giorgio, che ricorre il 24 aprile. San Giorgio è anche patrono di Bogliuno. Ed è a lui che è consacrata ovviamente la piccola parrocchiale del borgo che è nel contempo anche chiesa cimiteriale. È una chiesa a navata unica e a pianta rettangolare, con tre altari e un campanile in stile romanico con torre a cuspide ottagonale, fatto in pietra arenaria alto 25 metri. Alla chiesa si accede passando al di sotto della torre campanaria che domina insieme ad alcuni alti ippocastani, il sagrato erboso attraverso il quale si raggiunge il piccolo cimitero.

LoggiaIl complesso si trova in prossimità dell'antica loggia, a pochi metri di distanza dall'incrocio in cui inizia la vecchia strada per Lupogliano, che in passato era l'unica via di transito.

Sulla facciata della chiesa, accanto all'entrata, una pietra di epoca medioevale presenta dei disegni stilizzati. Un'altra antica iscrizione che risale al XVII secolo, è murata sul retro dell'abside: si tratta di una lapide con una croce scolpita in altorilievo, sovrastata dalla scritta "Cruoce vera salus mea" e con sotto scolpita a caratteri latini da una parte e glagolitici dall'altra, una frase ricorda il parroco Veliani e gli anni 1590 e 1641 in cui la chiesa evidentemente grazie a lui, fu sottoposta a rinnovo e assunse l'aspetto attuale. Dell'antica costruzione sacra che esisteva sullo stesso posto l'edificio ha mantenuto soltanto l'abside poligonale a costoloni gotici. Dopo aver subito una ricostruzione nel 1895, la parrocchiale di Bogliuno venne restaurata una seconda volta nel 1969..

Fu in questa chiesa che furono rinvenuti importanti antichi manoscritti stesi tra il 1595 e il 1660 in glagolitico e in parte anche in italiano, che sono testimonianza dell'esistenza a Bogliuno, in quel periodo, di diverse confraternite religiose. Oggi sono conservati presso gli archivi dell'Accademia nazionale delle arti e delle scienze.

All'interno della parrocchiale, dei tre antichi altari di legno il principale e il più interessante è dedicato a Gesù, alla Vergine e a San Giovanni ma è sovrastato da una splendida statua del patrono, San Giorgio. Il valoroso cavaliere medievale appare ritto in sella al suo cavallo bianco, con le spalle coperte da un mantello di velluto rosso, che trafigge con la spada la gola del drago. I due altari laterali sono dedicati quello di sinistra alla Vergine e quello di destra a Sant'Antonio da Padova.

La chiesa dei Santi Cosimo e Damiano

Anche se ha un valore architettonico di prim'ordine, la chiesetta di Santi Cosimo e Damiano di Bogliuno, costruita in periodo romanico, forse addirittura già nell'898, e poi ristrutturata durante il XII secolo una prima volta e in seguito tra il 1698 ed il 1705, versa oggi in uno stato davvero pietoso. L'interno di questa chiesina con campaniletto a vela triforo era in origine tutto affrescato ma a causa dell'umidità e dell'incuria, con l'andar del tempo tutte le splendide immagini che decoravano le mura interne della chiesa sono andate deteriorandosi fino a scomparire quasi del tutto. Dei dipinti originali gli addetti ai restauri sono riusciti a recuperare soltanto frammenti parziali delle pitture che decoravano la parete settentrionale. Scene raffiguranti la Crocifissione, la Madonna, il bacio di Giuda e il sepolcro vuoto di Gesù. Grazie a un intervento di recupero recente, anche il tetto e la volta a botte sono stati rifatti. A impreziosire la facciata di San Cosimo e Damiano c'è una singolare finestrella di stile bizantino. È una bifora in pietra del XII secolo, che apparteneva probabilmente alla chiesa precedente. Ha una colonna centrale che sotiene gli archetti semicircolari dai contorni scolpiti a cordone e un capitello a forma di cubo dentellato e decorato da semicerchi concentrici. All'interno l'altare in marmo, di stile barocco, ha due colonne di pietra che sostengono il ciborio ma è privo della pala che doveva adornarlo in origine. Ai fianchi dell'altare situato nel presbiterio che è diviso dall'aula da un grande arco in pietra a tutto sesto, due nicchie contornate dagli stessi marmi dell'altare che con tutta probabilità contenevano in passato le statue dei santi Cosimo e Damiano.

A poca distanza da questa chiesa, appena fuori dal paese, ce n'è un'altra, consacrata ai martiri San Fabiano e San Sebastiano. Ha un semplice altare di pietra e anche qui sulle pareti interne sono state trovate tracce di antichi affreschi. La chiesa è stata restaurata del tutto nel 1981 e oggi ha funzione di cappella mortuaria.

L'ara di Caio Valerio Prisco

Oggi la pecora istriana, localmente chiamata anche "carsolina" è conosciuta intemazionalmente come "istrian pramenka" o "istrian milk" e risulta tra le razze in pericolo di estinzione a causa della ridotta numerosità che è complessivamente inferiore ai 2000 capi. Ma un tempo non era così. Ovunque in Istria e soprattutto nell'Istria interna, si allevavano greggi e si sfruttavano per la produzione di latticini, carni e lana. Con quest'ultima, tipicamente grossolana e a fiocchi aperti, si producevano panni grezzi detti "rasse", di colore grigio o nero, che venivano smerciati ovunque già in epoca romana ed erano destinati essenzialmente all'esportazione.

A testimoniarcelo, a Bogliuno c'è un'iscrizione latina. È quella dell'ara di Caio Valerio Prisco. È un cippo di pietra che non si può non notare quando si attraversano le stradine del borgo. E collocato nello spiazzio centrale dell'antico abitato, sotto un ippocastano, proprio in margine all'incrocio dal quale da una parte si devia in direzione del castello e dall'altra si va verso il cimitero e la chiesa di San Giorgio. Doveva avere funzione di altare dedicato a chissà quale divinità. Ad erigerlo fu appunto un certo Caio Valerio Prisco che era probabilmente un mercante di stoffe o venditore di abiti che forse visse a Bogliuno. In Istria in antichità l'industria della lana, che veniva lavorata direttamente nel luogo d'origine, era molto diffusa anche perché trovava il suo principale sbocco commerciale nella vicina Aquileia. A Pola si trovava una fabbrica specializzata in processi di raffinamento del prodotto, i cui panni venivano spediti addirittura fino in Portogallo.

Tratto da:

  • © La Voce del Popolo, September 10, 2005 - https://www.edit.hr/lavoce/foto/reportage.pdf

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Created: Sunday, May 29, 2011; Last updated: Sunday November 14, 2021
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