PER LA POSIZIONE STRATEGICA CHE AVEVA UN TEMPO ERA DETTA
LA SENTINELLA DELL’ISTRIA
Quando a Buie la grandine vien giù grossa «come le
bale dela Corte de Macon»
Attraversando le «canisele» del centro storico non si
corre più il rischio di calpestar «bugasse»
[Tratto da: © La Voce del Popolo, 17 Dicembre
2005 - http://www.edit.hr/lavoce/070818/speciale.htm.]
Per l’importante posizione strategica che aveva, in
passato era detta la “sentinella dell’Istria”. Adagiata su un colle a 222 metri
di altezza sul livello del mare, Buie domina la campagna circostante degradante
fra terrazzi di fertili campi e verdi colline. Dall’alto del campanile del suo
Duomo la vista spazia infatti fino al mare. E da ovunque intorno nel raggio di
parecchi chilometri, quel campanile è ben visibile. I buiesi lo fecero erigere
nel 1480, sulle fondamenta di una torre campanaria più antica che venne
abbattuta. Quella nuova doveva essere molto più alta della precedente. Difatti,
ha la bellezza di 48 metri. Ed è intorno a quella svettante torre a cuspide di
cui tutti gli abitanti del luogo vanno assai fieri che si è poi sviluppato, nel
Medio evo, il nucleo storico della cittadina. Buie è tutta raccolta intorno alla
piazza che porta il nome del suo patrono: piazza San Servolo. È qui che nel 1500
c’era anche Palazzo Pretorio, sede del podestà, che venne abbattuto poi nel 1878
e sulle cui fondamenta venne costruito in seguito l’edificio in stile
neorinascimentale che fino a pochi anni fa era sede della scuola elementare
italiana. Ed è sulla facciata di questo edificio che si conserva ancora il fiero
leone di San Marco del 1458, simbolo della Serenissima, che un tempo decorava la
Porta maggiore della cittadina. È qui che c’è ancora l’antico pilo sul quale in
passato venivano issate le bandiere. Ed è tutt’intorno a questa piazza che
s’ergono ancora i palazzi più belli di Buie: un tempo erano residenze signorili,
oggi purtroppo molti sono ridotti a ruderi.
La grande e imponente parrocchiale di San Servolo,
la cui facciata principale è purtroppo rimasta incompiuta e la piazza che porta
il nome del patrono, dividono in pratica il nucleo storico in due rioni: Villa e
Cornìo. Il primo è il più antico dei due: un ingorgo di “canisele” dai selciati
lastricati in pietra di masegno, ossia blocchi di pietra spianati sulla faccia
superiore e rozzamente sbozzati a semisfera in quella inferiore. Mentre le si
attraversa rattrista vedere che oggi molte case sono disabitate. Un tempo
attraversando queste stradine, quando il centro di Buie era ancora tutto
abitato, spesso e volentieri si correva il rischio di calpestar le “bugasse”
delle mucche, dei buoi e dei somarelli che le attraversavano. Oggi è
impossibile. Praticamente nessuno tra la pochissima gente che ancora abita nel
centro storico di Buie alleva più animali da stalla. Tutti i toponimi sono
bilingui: Sucolo, Crosera, Piazza delle erbe.
Imbocchiamo Via dei Caligheri e mentre camminando
osserviamo i molti caseggiati in rovina che un tempo erano case tipiche, con al
piano terra la stalla e la cantina e al primo piano, sotto i ballatoi, camere e
cucina, ci ritroviamo all’improvviso dinanzi un’imponente fortificazione: è la
Torre di San Martino. L’immenso bastione a pianta pentagonale, ancora provvisto
nella parte alta, di tutti i beccatelli che facevano parte della piombatoia
attraverso la quale i difensori della città lanciavano addosso al nemico pietre
e olio bollente, venne costruito nel 1459, quando il senato della Repubblica di
Venezia decise di ampliare il perimetro urbano per far fronte così alle nuove
esigenze di spazio per le abitazioni e di dare il via di conseguenza alla
ricostruzione della cinta muraria della cittadina.
Qui, ai piedi di questo torrione, che con la sua imponenza se ne sta qui ancora
a testimoniare l’importanza strategica che Buie aveva in passato, c’era una
volta la Porta occidentale della città. La terza era Porta San Leonardo.
Dopo aver ammirato il magnifico panorama con
all’orizzionte le Alpi Giulie e la catena delle Caravanche, scendiamo da San
Martino seguendo un’altra strada ma dopo un po’ ci ritroviamo un’altra volta in
Piazza San Servolo. Svoltiamo a destra del Duomo ed eccoci in Via Carducci. È
qui che inizia l’altro rione del centro storico. Cornìo, come lo chiamano da
sempre i buiesi, è forse più rappresentativo per la bellezza delle case e dei
palazzi ma anche da questa parte molti edifici sono ormai da troppo tempo
disabitati. Notiamo il bel portale di una corte, sovrastato da un insolito
mascherone baffuto. Sbirciamo all’interno del cortile e scopriamo
un’antichissima vera di pozzo. Sullo scudo scolpito in bassorilievo, da
un’epigrafe latina accanto alla quale compare l’anno 1784, capiamo che quella
era un tempo la residenza della nobile e ricca famiglia Tagliapietra. Uscendo
ritorniamo ad ammirare il bel portale. È abbellito, oltre che dalla protome, da
una serie di elementi decorativi fatti a forma di palla. “Questa xe la corte de
Macor” – ci spiega un’anziana signora che, passandoci accanto, vede che siamo
curiosi di sapere. “Quando a Buie casca grandine grossa – ci rivela
chiacchierando con noi nella schietta versione locale del dialetto veneto – noi
dixemo per questo che i grani iera come le bale dela Corte de Macor”.
Ci incamminiamo verso l'odierna Piazza della
libertà, un tempo detta Piazza alle Porte. I quattro secoli di dominio della
Repubblica di San Marco hanno dato al centro storico di Buie, a partire da
questo grande piazzale dove un tempo c’era anche la loggia civica, un’impronta
tipicamente veneta. Qui e stata costruita nel nel 1497, la chiesa della Madre
della Misericordia. Il campanile che ha accanto, che è più basso di quello del
Duomo e che si può attraversare attraverso un suggestivo fornice, fu costruito
nel XVII secolo. Dirimpetto a questa chiesa, ampliata nel 1583 e nel 1834, in
una palazzina costruita sul sottopassaggio che era un tempo una porta secondaria
attraverso la quale si poteva raggiungere l’ultima e la più esterna delle due
cinte murarie che proteggevano la città. si trova oggi il Museo etnografico di
Buie.
A Buie se non ci si rivede a un funerale allora ci si
incontra per la festa di San Servolo
San Servolo, che si festeggia il 24 maggio e
l'Assunzione della Beata Vergine Maria, che ricorre il 15 di agosto, sono le due
festività religiose alle quali i buiesi tengono di più. Non per nulla a Buie vi
diranno che i vecchi amici, se non si reincontrano a un funerale, allora si
rivedono o a San Servolo o per la Madonna.
Il Duomo di San Servolo è oggi una chiesa a navata unica ma in passato, prima di
una ristrutturazione avvenuta nel XVIII secolo, questa magnifica parrocchiale,
di navate ne aveva tre. Sulle facciate della chiesa appaiono incorporati gli
elementi di una precedente chiesa romanica che a sua volta venne costruita sulle
fondamenta di un tempio antichissimo che forse, in epoca romana, era consacrato
a Giove. Tanto che la facciate laterale del Duomo rivolta verso l’alto
campanile, nella quale appaiono incassati reperti originali di epoca romana,
sembra un museo: c’è la stele dei fratelli Valeri. C’è la lapide di Cepuleio.
Murata c’è anche una pietra tombale di periodo medievale, con scolpiti in
rilievo i simboli del lavoro nei campi: è detta la lapide del contadino
Il portale è l’unica parte della facciata principale
che, rispetto, al progetto originale, è stata portata a compimento.
E anche il bellissimo interno del Duomo di San
Servolo è tutto da vedere.
L’antico e prezioso organo di questa chiesa, del
1791, che è del celebre Gaetano Callido, che finchè visse costruì almeno 400 di
questi strumenti, è stato uno dei primi organi dell’Istria a venir restaurato
nel 1997 grazie ai mezzi stanziati dalla Regione Veneto in forza della Legge
Beggiato. Oltre ad essere uno strumento unico e raro è una vera opera d’arte:
quasi fosse un palcoscenico di teatro, è tutto decorato con i simboli della
musica: trombe, pifferi, strumenti a plettro.
Gli altari sono sette. Quello principale è
monumentale, in marmo, decorato con le statue del patrono e di San Sebastiano.
Sono opera dello scultore Melchiori e sono del 1737. A destra dell’altar
maggiore, in una vetrinetta, un bellissimo bassorilievo raffigura la Strage
degli Innocenti. È un’opera del 1700 opera senza ombra di dubbio, di un abile
maestro scalpellino e pittore di scuola tirolese. |