Buie: la spia dell'Istria

Sul selciato sono sempre più rare le «bugasse» di bovini e asinelli, nei cunicoli s'infilano le motocoltivatrici, le ubertose colline e le fertili vallate circostanti sono coltivate a estese piantagioni di vigneto e frutteto con l'ausilio del trattore, sotto il colle sorge l'industria elettronica e metalmeccanica, la nuova zona residenziale con moderni alloggi. Il tasso di incremento economico e della popolazione attiva è il maggiore in Croazia (con Parenzo); le infrastrutture vanno rapidamente all'optimum. Ed è giusto sia così, comunque è sempre suggestivo un relax nel vecchio centro di questo che fu un insediamento preistorico, fino al Castrum Bullea romano, quando l' imperatore Vespasiano, nel tracciare la via Flavia fra Trieste e Pola, costruì lungo il percorso alcune postazioni di difesa. Tra queste c'era anche BUIE, a 222 metri, su un importante crocicchio. Lo ricordano anche i resti di un tempio pagano.

Poi seguendo lo stesso cammino degli altri centri istriani medioevo feudale, nel 1102 passò sotto il Patriarca di Aquileia. Nel 1252 diventò "Libero Comune".

Nel 1412 fece atto di donazione a Venezia come ricordano la Loggia e i Leoni murati sul campanile, sulla scuola e sul pilo in piazza, (quattro secoli di Venezia, gli Asburgo, l'Italia, ecc.).

La vecchia Buie sita alla sommità della collina, con disposizione allungata sulla sua cresta e più volte, girando le viuzze soffocate da case strette e alte, ci si accorge che tutti gli sbocchi al centro riportano alla piazza principale, davanti al Duomo ( chiesa di S. Sorvolo, del XVI secolo, rinnovata nel XVIII in stile barocco che eccelle nel portale ) - ed al campanile staccato, costruito sul modello di quello d'Aquileia e recante in alto il leone alato di Venezia ed i blasoni dei rettori della Serenissima.

Il duomo è del secolo XVI e possiede un bei soffitto a botte e un quadro di S. Sebastiano del Marchiori. Altri dipinti ornano la chiesa della Madonna della Misericordia. Suo patrono è il giovane triestino S. Sorvolo. Uccise col dardo di una balestra un drago. Fu martirizzato il 24 maggiuo 283. Il corpo si conserva in un'urna di cristallo nella basilica di S. Giusto di Trieste. Il podestà e tutto il Consiglio Comunale triestino assistevano alla gara del tiro con la balestra il giorno della sua festa. Il vincitore veniva premiato con due balestre nuove.

Ai lati altri interessanti edifici, come il palazzetto gotico-veneziano, una loggia del XVI sec. ed il palo per le misure. L'agglomerato con le sue, diciamo così, costruzioni ufficiali ed il reticolo urbano, è dominato da una torre medievale mozza. Alcune grandi porte davano l'accesso a questa che era chiamata la sentinella dell'Istria. Si può constatare infatti che la veduta è vastissima, praticamente su tutte le alture istriane, fino al Monte Maggiore, Ciciaria, sulle Alpi, sulle lagune dell'Adriatico, nel quale va ad immergersi il sole al tramonto, riservando spettacoli cromatici impareggiabili.

«Leggendo» il cimitero

Onesto macellaio...

Tra siepi di bosso e alberelli la chiesetta cimiteriale ha sull'architrave inciso l'anno 1598 ed è circondata da cippi con nomi di famiglie certo importanti per Buie. Certi epitaffi colpiscono e, scoprendoli dai rovi, mi premuro di rilevarli. Probabilmente uno dei più recenti (tra gli ultimi prima che il cimitero venisse trasferito a valle) è quello datato 23 novembre 1903. Dice: «A Luigi Cimador, onesto macellajo, d'anni 44, la desolata consorte e figli posero». La dolce metà, addetta alle spese e cambusa che mi accompagna non può fare a meno di commentare, senza malizia alcuna, s'intende: «Dev'esser stato l'ultimo macellaio onesto di questo secolo». Come cambia il senso degli epitaffi nel tempo! C'è anche, però, un doveroso riconoscimento alla casalinga, professione multipla mai sufficientemente riconosciuta: «In memoria di Antonia Monica Trevisan, che, attiva e solerte casalinga, accrebbe lo scarso censo avito, col quale in vita e in morte i parenti beneficò. Giovanbattista Monica, nipote riconoscente, pose. Morì d'anni 64 il 23 febbraio 1870». E l'epigrafe dell'ottimismo? «Angela Degrassi-Mezzoli, da Umago, donna forte, a lei confidò il marito tutto il cuore, educò tré figli, vigile, prudente, pietosa... Morì sperando il 16 dicem. 1852. Qui le sue ossa aspettano la risurrezione».

Ci sono alcune testimonianze di morbi, in questo caso il colera, che alla fine dello scorso secolo, colpirono l'Istria. Eccone due: «Ad Enrico Franco, figlio delli dr. Giorgio ed Anna, nell'età di 12 anni, studioso, primo della II classe ginnasiale, dopo 4 giorni di morbo rapito ai suoi, li 22 ottobre 1870». L'altra è dell'anno precedente: «Lucia Cimador, sposa e madre esemplare, di anni 26, rapita dal crudo morbo, li 11 marzo 1869. Il figlio... »

Notate le tombe di professionisti locali, ad esempio di un avvocato: «Alla memoria dei coniugi avvocato Innocente d'Ambrosi (23 decembre 1764 - 28 decembre 1846) e Teresa Crevato (27 agosto 1786 -7 decembre 1852), i figli». E quella di un medico che esercitò per 40 anni nella borgata: «A memoria perenne di Francesco dr. Crevato, nel corso di otto lustri medico comunale di Buje, decesso settuagenario nel giorno 27 di gennaio 1887, onesto tributo d'affetto la desolata famiglia consacra».

Un altro Crevato Nicolo, dimostra la longevità della gente dell'epoca. Infatti «... morì nonagenario, lodato e compianto... ». Più in là un'epigrafe è dedicata «Al diletto, Francesco Loj (1824 - decembre 1896), imperialregio ricevitore delle imposte». Ciò testimonia che le professioni non venivano mai dimenticate e che si trattava di gente appartenente ad un certo ceto, della piccola borghesia di provincia. Non per questo però il campo risulta meno interessante per una conversazione.

Lasciando il sito vecchio ma non troppo, volgo un ultimo pensiero a quel macellaio scomparso a soli 44 anni (condannato dall'aggettivo «onesto»?) e incespico su un grosso ciuffo d'erba, scoprendo involontariamente un rettangolo di marmo con l'incisione di un teschio alla base. La dedica è veramente singolare: «Salute eterna a Pietro Urizio, morto all'età di 71 anni, li 26 luglio 1847, i figli riconoscenti».

Fredde e umide sono d'inverno le calli del centro storico di Buie e l'odore di muffa aleggia in questo reticolo di viuzze alla sommità del colle, dove gruppi di case tengono ancora bene mentre altre, a nordovest, si scrollano di dosso le vecchie mura di tufo carsico, giallastre e marrone. Di anno in anno la gente scende ad abitare le nuove zone residenziali al pie del colle. Certo qui urge realizzare la proposta opera di sanamento onde evitare che anche buoni edifici vengano trascinati al disfacimento da quelli abbandonati e non più sottoposti a manutenzione

Le calli ancora in vita hanno conservato nel tempo la loro caratteristica ideale per la coesistenza dei nuclei familiari, dediti all'agricoltura dalla notte dei tempi, ma più tardi anche ai commerci, all'artigianato e ultimamente pure all'industria. Era il Lama l'arteria ora costellato di civettuole casette nuove.più operosa, costellata di esercizi di vario genere, praticamente come oggi, su quell'erta salita denominata via 1. Maggio, che porta alla loggia belvedere, al rione di S. Giacomo, più avanti al Brolo, il colle ora costellato di civetuole casette nuove.

Ma il fascino delle cose vecchie imprigiona sempre sul lastrico dei vicoli che vedono il sole soltanto in piena estate, alcuni talmente stretti che ci si può stringere la mano da una casa all'altra. Dalle piccole finestre che sovrastano i volti delle cantine, si espandono musiche rock dagli apparecchi radio, giradischi, televisori, coprendo i discorsi ad alta voce della gente, i richiami, le grida dei ragazzini. Una simpatica e ciarliera vecchietta vestita di nero mi affianca in una calle, sino alla piazza, indovinando la mia ricerca di sensazioni passate. «Oh, che tè par. Co" jero zovineta se sentiva altra musica, solo canzoni bele. Se pasava el nostro simpatico, alora cantavimo sula finestra: — o nuvolo, lassù davanti 'l sole  - fate più in là, che passa l`mio bei amore —. E quando passava tropo spesso quel che non ne andava, se fasseino capir: — Ti passi per de qua, ti passi invano / ti frugarà i stivai, sarà tuo dano —. . . Adeso se senti duto 'sto susuro, che tempi sturli».

Tratto da:

  • © Un giro per l'Istria - con Romano Farina e Flaminio Rocchi.

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This page compliments of Marisa Ciceran and Morio Demetlica

Created: Thursday, April 1, 2004; Last updated: Thursday, September 29, 2022
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