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È
FORSE IL PIÙ CARATTERISTICO TRA I BORGHI FORTIFICATI DELLA VAL D'ARSA
Chersano, un castello sulla roccia
viva
La piccola Chersano ha un lungo passato di
signoria feudale. Con secoli e secoli di storia legati al suo castello,
costruito e scavato sulla roccia viva, tanto che in più punti le mura
non sono altro che un prolungamento delle grigie massicciate sulle quali
poggiano le possenti fondamenta della costruzione. Insieme a quelle di
Cosliacco e di Felicia, anche questa era in antichità una delle fortezze
militari costruite in difesa della vasta pianura che era di proprietà
dei Conti della Valle dell'Arsa, che per secoli fu questione di contesa
tra i Patriarchi di Aquileia, la Serenissima e i Conti di Gorizia. Posto
su un'altura carsica, a 144 metri al di sopra del livello del mare, con
la sua grande torre quadrata il castello di Chersano è forse il più
caratteristico tra i borghi fortificati della Val d'Arsa ed oggi è senza
ombra di dubbio il castello baronale meglio conservato dell'Istria. È
un'antica costruzione che fino a pochi anni fa correva comunque il
rischio di cadere in rovina. Ma il Dipartimento del Ministero per la
cultura preposto alla tutela e alla conservazione del patrimonio
artistico e culturale dell'Istria lo sta ora finalmente rinnovando e il
piccolo comune di Chersano ha nei cassetti grandi progetti per la
rivitalizzazione del maniero. Circa un anno fa le autorità locali hanno
sottoscritto infatti una lettera d'intenti con la Facoltà di filosofia
di Zagabria che, ottenendo in concessione la costruzione, una volta
ultimati gli interventi di restauro, sarebbe intenzionata ad avviare
negli ambienti della fortezza, una scuola internazionale di preparazione
al concorso per la carriera diplomatica. Staremo a vedere. Sta di fatto
che il castello è da mesi ingabbiato dalle impalcature, anche se di
operai - almeno il giorno che a visitarlo ci siamo andati noi – non
c'era neanche l'ombra.
Le origini di questa costruzione, come quelle
di moltissime altre fortificazioni dell'Istria, risalgono alla civiltà
dei castellieri. Negli atti e nei documenti d'archivio la si cita già
nel 1274, ma storici e archeologi ritengono che debba esser stata
costruita anche prima del 1100. Certo è che fu sottoposta a ripetuti
interventi di ricostruzione, una prima volta nel 1400 e una seconda nel
1567 ma né con il primo né con il secondo la fortezza mutò l'aspetto che
aveva in origine. In passato incorporava l'intero borgo che era cinto da
alte mura a ridosso delle quali, verso l’interno, furono poi costruite
le prime case.
Alcune di quelle palazzine trecentesche
appaiono oggi molto ben ristrutturate, altre purtroppo sono diventate
dei ruderi. A parte gli archi di pietra dei vecchi portoni dagli stipiti
scolpiti, i davanzali delle finestre, con qualche balaustra, i pochi
tetti ancora intatti, fatti di lastre di pietra o di tegole di coppo,
quel che colpisce la vista di chi salendo su in alto sui bastioni del
castello osserva l'abitato sottostante, sono i comignoli. Hanno le forme
più svariate. Alcuni sono fatti di mattoni lisciati a malta, altri di
pietre squadrate; ce n'è di quelli che sono a copertura piana, e di
altri che l'hanno a due o a quattro falde; diversi finiscono a torretta,
altri terminano a padiglione. In tutti si nota la povertà dei materiali
usati, ma quel che colpisce è la diversità delle forme. La tradizione
tramandata da padre in figlio e la fantasia dei costruttori hanno fatto
sì che in ciascuno di essi si possano riscontrare tutti gli elementi
caratteristici del camino che però, a differenza di quelli moderni -
spesso prefabbricati ma quasi sempre anonimi - ne personalizzano
l'aspetto. E quei tetti pittoreschi, con i loro comignoli così
interessanti, sembrano quasi star là apposta per contrastare il grigio
delle rigide e semplici mura della fortezza che hanno di fronte.
Nel 1268 il castello fu distrutto dal conte
Alberto II che lo attaccò con l'aiuto dei Capodistriani, degli Isolani e
dei Piranesi. Nel 1367, dopo la pace fra i Veneziani ed i loro avversari
(il patriarca di Aquileia, i conti di Gorizia e Lodovico re d'Ungheria)
il castello di Chersano ed il villaggio di Sunberg ottennero
l'indipendenza da Albona per formare un ente indipendente compreso nella
contea d'Istria. Appartenuto quindi ai de Pisino, il castello di
Chersano passò poi in mano alla famiglia dei Karscheiner, i cui
esponenti erano da sempre sudditi austriaci. Ne restaranno proprietari
fino al 1600. |
Dodici anni dopo i Veneziani, con l'aiuto di
mezzo migliaio di mercenari corsi, riusciranno ad occuparlo, lo
saccheggeranno e lo incendieranno. A governarlo e a difenderlo con
l'aiuto degli abitanti del posto e di diversi squadroni di moschettieri
tedeschi, sarà in seguito anche Gian Francesco della famiglia patrizia
triestino-bergamasca dei de Fin. Per un breve periodo, finchè gli
Uscocchi non lo assassinarono, il castello di Chersano fu anche del
comandante di Segna, Giuseppe Rabatta, che aveva origini toscane e che
l'arciduca Ferdinando d’Austria spedì da queste parti da Graz, proprio
incaricandolo di sedare gli animi dei loro condottieri. Nel 1615 i
Veneziani ritornarono all'assalto, occuparono l'abitato al di fuori
delle mura, ma non riuscirono a conquistare il castello. Ritenteranno di
farlo un'altra volta due anni dopo, ma invano. Nel 1643 i de Fin furono
proclamati baroni di Chersano. Nel 1666 la signoria di Chersano ed il
castello furono acquistati dal principe Volfango Enghelberto
d’Auersperg. A succedergli fu suo fratello Giovanni Vicardo, signore
della contea di Pisino. Nel 1699 ritornò in mano ai de Fin che decisero
di venderla poi ai Rampelli, baroni di Kaiserfeld, una delle cui figlie,
Eleonora Angelica, andrà in sposa nel 1735 a uno dei baroni della stirpe
degli Argento. Più tardi il maniero passerà in mano alla nobile famiglia
dei Susani e infine al conte Tonetti di Fianona. |
Nel maestoso palazzo si entra tutt'oggi da due
ingressi. Il primo, molto meno suggestivo, è quello del pianterreno che
si trova immediatamente sulla sinistra non appena si attraversano le
antiche porte del borgo che con molta probabilità in un lontanissimo
passato erano provviste di ponte levatoio. L'altro invece è molto più
signorile e si apre su uno spiazzo superiore. Se accedete alla fortezza
dal basso attraversate ovviamente i seminterrati che in passato dovevano
aver funzione di magazzini e senza dubbio anche di carceri e poi una
scala interna vi conduce fino al cortile. Se invece continuate a
risalire la ripida stradina lastricata in pietra che passa accanto
all'alto campanile staccato dalla chiesa, dopo un po' arrivate a un bel
piazzale dal quale si accede al castello attraverso un vecchio portone
ad arco a sesto semicircolare nella cui chiave figura scolpita la data
1567.
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Attraverso l'uscio si intravvede la vera del
pozzo posta al centro del cortile interno un po' angusto ma estremamente
affascinante. Una volta entrati salendo lungo un ripido ballatoio si
arriva al primo dei due piani della costruzione, in cui si trova la
grande sala dei feudatari e da dove si ammira un bel panorama
sull'intero villaggio e sul circondario, con in primo piano la torre
campanaria, eretta nel 1803 e alta 22 metri. Una gradinata laterale alla
quale attualmente non si può accedere a causa dei lavori di
ristrutturazione in corso, porta al mastio, ovvero alla grande ed unica
torre della fortezza che è posta a un livello più elevato e che è alta
almeno una quindicina di metri. Scendendo dal ballatoio e dirigendosi
verso il pianterreno è un susseguirsi di porte che conducono in antri
bui che probabilmente erano prigioni o magazzini. All'interno del
castello in passato c'era anche una cappelletta, dedicata a San Giovanni
Battista, consacrata nel lontano 1303 dal vescovo Oddone di Pola, che
tra il 1430 ed il 1440 venne rinnovata da Giorgio I di Carsano. Chissà
che nel corso dei lavori di rinnovo gli archeologi non riescano a
trovarne le tracce.
Tratto da:
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©
La Voce del Popolo, 9 aprile 2005 -
http://www.edit.hr/lavoce/050409/speciale.htm
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Created: Tuesday, March 16, 2010.
Last updated: Friday, March 12, 2021
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