un luogo dal fascino millenario che
oggi ha un unico nemico
La cittavecchia
di Chersano in lotta contro il tempo
Tanja Škopac
[Tratto da ©
La Voce del Popolo,
10 aprile 2010]
Il canto vivace degli
uccelli viene interrotto di tanto in tanto dal dolce suono dei
bronzi dell’antico campanile. È questa la melodia che nei primi
giorni di primavera accarezza l’udito di chi visita la cittavecchia
di Chersano. Valori aggiunti dalla natura e dall’uomo, che
contribuiscono a rendere particolarmente affascinante questo
millenario borgo medievale dell’Albonese di rilevante importanza
storico-culturale. Il borgo, con il suo castello, si estende su
circa 6.200 metri quadrati e dista appena poche centinaia di metri
dalla statale che attraversa la parte nuova di Chersano, che collega
Vosilli e Pisino. Dopo essere stato, secoli addietro, meta di
perenni attacchi dei tanti eserciti scontratisi da queste parti per
contendersi questa fetta d’Istria, soprattutto per la sua buona
posizione geografica, oggi il nucleo storico di Chersano insieme al
suo vecchio castello sembra avere un unico nemico: è la lotta contro
il tempo.
Dal patriarca
d’Aquileia ai Tonetti
Ubicato su un’altura
carsica che s’erge a 144 metri al di sopra del livello del mare, il
castello di Chersano fu costruito sulla roccia viva. Con la sua
parte più elevata e più antica, una torre di difesa a pianta
quadrata, era in antichità, assieme ai castelli a Cosliacco e
Felicia (Cepic), una delle fortezze militari più difficilmente
espugnabili della fertile e rigogliosa pianura circostante, che
apparteneva ai conti della Val d’Arsa.
Chersano e il suo
castello vengono menzionati per la prima volta negli atti d’archivio
nel XIII secolo, ma storici e archeologi fanno risalire la
costruzione del castello e del borgo agli anni precedenti il 1100. A
confermarlo c’è un ornamento a intreccio rinvenuto in quest’area,
che è caratteristico dei monumenti che risalgono agli inizi del
medioevo. È stato scoperto nei pressi del campanile costruito nel
1803 accanto alla locale chiesa parrocchiale che è dedicata a
Sant’Antonio Abate. Un’altra prova delle antiche origini del borgo è
la prima menzione scritta di Chersano – quella del trattato di pace
stretto tra il patriarca Raimondo e il conte Alberto II di Gorizia,
dal quale si evince che Chersano apparteneva al patriarcato di
Aquileia per essere conquistata e completamente distrutta nel 1267
dal conte Alberto. Secondo fonti storiche, Chersano venne
ristrutturata dal patriarca Enrico III de Pisino dopo il 1274. È con
lui che inizia la lunga storia della signoria feudale nella piccola
Chersano.
Nel 1356 il patriarca
d’Aquileia, il conte di Gorizia Alberto IV e Ludovico re d’Ungheria
si uniscono nella lotta contro i Veneziani. Alberto IV coglie
l’occasione e riesce a strappare dalle mani del patriarca Chersano e
Sumberg. Per un breve periodo Chersano è governata dai conti di
Duino, dai quali, nel 1374, passa alla famiglia degli Asburgo. Lo
storico Herman Stemberger conferma che nel 1388 uno dei due
comproprietari del castello divenne Enrico Cherstleins, della stirpe
i cui membri, nel XV secolo, introdussero negli atti scritti il loro
cognome nella versione tedesca Karscheiner e il cui stemma coincide
con quello dell’odierno Comune di Chersano, ben riconoscibile da un
simbolo: l’apice di una freccia. A quella stessa famiglia appartenne
anche Giorgio Karscheiner, grande nemico della Serenissima, tanto
che il Senato di Venezia, per vederlo morto, decise di offrire a chi
lo avesse ucciso, una taglia di mille ducati d’oro. Fu così che nel
1600, dopo aver resistito a lungo trincerato nel castello di
Chersano, Giorgio finì costretto ad arrendersi alla Repubblica di
San Marco. Lo portarono a Capodistria, dove fu condannato a morte
per impiccagione. Secondo quanto riferisce lo storico H. Stemberger,
Chersano fu governata poi dal comandante di Segna, Giuseppe Rabatta.
Restò al potere finché il figlio di Giorgio non divenne maggiorenne,
dopodiché Chersano fu venduta alla famiglia de Fin, di Trieste, che
durante la Guerra degli Uscocchi nella fortezza di Chersano teneva
come difesa 24 soldati. Nel 1615 i Veneziani tentarono di
conquistare la fortezza ma non ci riuscirono. Tornarono invano
all’attacco due anni dopo, ma trovarono a difenderla, scrive
Stemberger, una ventina di abitanti del luogo e 12 soldati tedeschi
che causarono gravi perdite alle forze militari veneziane. Nel 1670
la famiglia de Fin, i cui esponenti, circa 30 anni prima venneno
insigniti del titolo di baroni di Chersano, vendette Chersano agli
Auersperg, per riacquistarla nel 1701 e rivenderla un’altra volta ai
Rampelli di Pisino.
È a quell’epoca che
risale un’interessante grafica del borgo, fatta dal polistorico e
topografo
Johann Weickhard Valvasor. Nel 1735 il borgo diventa proprietà
dei baroni d’Argento di Trieste, per passare, nei secoli successivi,
in mano alle famiglie Susanni, Scribani e, quindi, ai Tonetti di
Fianona. L’ultimo rappresentante di questa nobile famiglia sarebbe
stato Mario Tonetti, ricco commerciante che agli inizi del ‘900 dava
alla popolazione locale gli edifici abitativi del borgo in affitto.
Era conosciuto con l’appellativo di Conte rosso. La famiglia Tonetti
lasciò Chersano nel 1938, quando il castello fu devastato da un
incendio. Si trasferirono nella loro residenza di Fianona, dove
rimasero fino all’inizio della Seconda guerra mondiale, per emigrare
poi in Italia. Secondo quanto ci ha dichiarato Klaudijo Lazarić,
presidente della Commissione culturale del Comune di Chersano, che
ci ha fatto da guida durante la nostra visita al nucleo storico di
Chersano, dal 1971 il borgo è proprietà dell’amministrazione locale.
I gioielli del borgo
e del palazzo
Alla cittavecchia di
Chersano si arriva lungo la stretta stradina che collega il borgo
alla parte nuova del luogo. Al nucleo storico si accede tutt’oggi
attraverso le antiche porte della città fortificata, ricostruite nel
1803, anno al quale risale pure la costruzione della torre
campanaria alta 22 metri. Appena entrati, a destra si trova la
loggia cittadina, ristrutturata pochi anni fa e oggi usata spesso
dai membri della società folcloristica “Ivan Fonović Zlatela” di
Chersano. Attaccato alla loggia, uno degli edifici che erano un
tempo della parrocchia, ora residenza della famiglia Matas, una
delle uniche due che ancora oggi, oltre al parroco, vivono nel
centro storico.
All’interno delle mura ci sono poi i
ruderi della vecchia scuola, costruita, secondo fonti storiche, ai
tempi di Mario Tonetti, dopo il 1879, e incendiata nel 1943. Una
costruzione che attende ancora oggi, come il castello, la necessaria
ristrutturazione. Ed è un vero peccato che non si trovino i fondi
per il rinnovo del borgo che è un vero gioiello da preservare e
promuovere dal punto di vista turistico. I tetti delle vecchie case
hanno quasi tutti degli originali e interessanti comignoli. La
chiesa dedicata a San Giovanni Battista, che esisteva già prima del
XVIII secolo, è stata incorporata nel ‘700 all’odierna chiesa di
Sant’Antonio Abate. L’altare della parrocchiale è del 1795,
l’acquasantiera del 1714, mentre l’organo risale agli inizi del ‘900
e fu in funzione fino agli anni ’70 dello scorso secolo. Il
particolare più antico della chiesa è una piccola campana, portata
qui da un’altra parte dell’odierno comune di Chersano, che risale al
‘500. Le fonti storiche parlano dell’esistenza di una cappelletta
privata all’interno del castello, che sarebbe stata costruita da
Giorgio I Karscheiner intorno al 1440.
All’antico castello si può accedere
da due parti. Uno degli ingressi è al pianterreno, sulla sinistra
delle porte del borgo e attraversa quella parte del castello che una
volta fungeva molto probabilmente da magazzino o prigione. Secondo
gli storici, tra quest’ingresso, che porta al seminterrato, e le
porte del borgo, in origine c’era un ponte levatoio. L’altro accesso
al castello è quello dello spiazzo tra il palazzo e la chiesa
parrocchiale, e lo si raggiunge da un bel cortile in mezzo al quale
c’è un vecchio pozzo, la cui vera fu ricostruita nel 1834. Sulla
parete della sala adiacente sono ancora visibili le tracce di quello
che fu un focolare. I piani superiori, che erano in parte abitati
fino a non molti anni fa, sono raggiungibili, anche se chiusi ai
visitatori, dal livello del cortile attraverso delle scale.
In passato il castello
di Chersano avrebbe avuto più torri. L’unica rimasta è alta tra 15 e
20 metri e il suo interno attualmente, ci ha detto Lazarić, non è
accessibile. In alto ciascuno dei quattro angoli della torre è
decorato da delle teste di animali in pietra. A prima vista
potrebbero sembrare dei leoni, ma hanno delle orecchie lunghe che li
fanno somigliare a dei cuccioli di cane. Un altro dettaglio che si
nota sulla torre, prima di entrare nella cittadina fortificata, è
una reinterpretazione dello stemma di Chersano nella quale la punta
di freccia dello stemma originale appare trasformata in ancora.
Secondo Lazarić a volerlo così sarebbe stato uno dei membri della
famiglia Tonetti, che era navigatore.
Pur essendo noto come
uno dei castelli meglio conservati dell’Istria, quello di Chersano è
tutt’altro che in buone condizioni: come ci conferma Lazarić, almeno
la parte meridionale delle fortificazioni avrebbe urgente bisogno di
una ristrutturazione perché rischia di crollare.
“Chiederemo ai ministeri
responsabili almeno 200 mila kune per un intervento straordinario
che non dovrebbe esserci negato dato che si tratta di una vera
urgenza”, ci ha detto il funzionario del Comune. Inevitabile, in
questo contesto, accennare alla mancata realizzazione dell’ambizioso
progetto che prevedeva la completa ristrutturazione della
costruzione per renderla in grado di ospitare una scuola
internazionale di preparazione alla carriera diplomatica della
Facoltà di Filosofia di Zagabria.
“Ma per la realizzazione
di un progetto di questa portata avremmo bisogno di almeno 15
milioni di kune e a tanto ammonta attualmente l’intero bilancio del
nostro Comune” – ci spiega Lazarić. “Va detto inoltre che nessuno
accetterà mai di insediarsi qui finché il nucleo storico non
disporrà della rete idrica e di quella fognaria”.
Con l’acuirsi della
crisi oggi è venuto forse a mancare quell’entusiasmo che nel 1977
indusse gli abitanti di Chersano a promuovere un intervento di
pulizia del castello, quando, convinti che in tempo di pochi anni
sarebbe potuto diventare un gioiello turistico, tutti nel luogo si
misero di impegno a estirpare i rovi e l’edera e a ripulire il borgo
dai rifiuti per renderlo accessibile e visitabile”
“Avevamo iniziato in
maggio e avevamo lavorato tutti i giorni per circa un mese.
L’entusiasmo era immenso, ma mancavano i fondi e le conoscenze
necessarie per poter fare qualcosa di più. Avevamo perfino istituito
un Comitato per la rivitalizzazione del centro storico” – ricorda
Lazarić. Qualche risultato c’è stato. Il 4 luglio di quell’estate fu
promossa nel castello di Chersano per la prima volta la riuscita
manifestazione folcloristica “Labinski konti. Alla manifestazione
partecipò anche il noto cantante Duško Lokin. Si vendettero circa
mille biglietti. Le iniziative culturali continuarono negli anni
successivi ma il numero dei visitatori andò scemando. Sta di fatto
che tutti i fondi incamerati grazie a quelle manifestazioni andavano
alla Comunità di quartiere, con l’intento di usarli poi per
finanziare altre iniziative. Il problema è che con l’inflazione
degli anni ’90 quel bilancio si azzerò. Altre iniziative di recupero
del castello si organizzarono nel 2001, quando, spiega Lazarić, si
tornò a discutere di ciò che si poteva fare per rivitalizzare il
borgo. Negli anni successivi si riuscì a risanare una piccola parte
del castello e a rinnovare la loggia. Lazarić spera ora che, con
l’approvazione del Piano d’assetto dettagliato della cittavecchia di
Chersano, la situazione cambi e migliori.
Lo sperano pure i pochi
abitanti del borgo. Nella cittavecchia di Chersano, che fino a una
cinquantina di anni fa era popolata da un centinaio di anime, oggi
vivono appena due famiglie e qualche altro saltuario e occasionale
abitante che vive altrove ma ha ereditato magari una vecchia casa da
nonni e bisnonni.
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