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Una bella veduta di Portole |
OLTRE CINQUANT’ANNI
FA CORSE IL RISCHIO DI VENIRE DISTRUTTO MA OGGI RIVEDE LA LUCE DEL
SOLE
Il leone marciano di Portole
È forse l’unico esemplare in Istria con un’apertura alare
così ampia
Portole, pittoresca cittadina del nord-ovest
dell’Istria, a un pugno di chilometri di distanza da
Buie, è situata su una collina piuttosto
elevata, a 378 metri di altezza sul livello del mare. Una vetta che offre
splendide panoramiche sul circostante paesaggio istriano soprattutto se, come
noi, la visitate in una splendida e tiepida giornata di sole primaverile. Ci si
può arrivare da
Buie o da Levade. Nella prima alternativa
attraverserete una tortuosa ma affascinante stradina asfaltata, costeggiata da
un ordinato filare di verdi cipressi. Nell’altra risalirete la strada dalla
Valle del Quieto ma vi lascerete alle spalle un meraviglioso panorama su
Montona.
Portole è una
cittadina ricca di storia, oggi sotto tutela nel suo complesso, come monumento
artistico architettonico, che ha conservato la pianta della città medievale che
aveva un tempo, con vicoli, piazze, portici e arcate coperte e che, come tante
altre località della zona, in passato ha avuto molti sovrani e tanti
conquistatori. Un borgo che sembra quasi essersi voluto nascondere tra i boschi
e le vallate istriane, per resistere al trascorrere del tempo e mantenere
intatte le tracce di un fulgido passato, condizionato da una posizione
dominante, che ha lasciato sulle case e sui palazzi della cittadina innumerevoli
ed evidenti impronte di una vita che un tempo fu ricca ed intensa. Insediamento
preistorico, poi stazione romana e medioevale, poi ancora possesso dei
patriarchi di
Aquileia dall'inizio del
Quattrocento alla fine del Settecento Portole è veneziana. Fu dominata dalla
Serenissima infatti dal 1421. al 1797. E in oltre tre secoli la Repubblica di
San Marco ha avuto grande influenza sull’architettura del posto. Quest’aria –
satura di antico, che cela in sé un velo di mistero che induce i visitatori più
curiosi a scoprire uno ad uno, i tantissimi dettagli seminascosti delle
strutture urbane del luogo – si respira ancora, quando si attraversano le calli
lastricate del vecchio nucleo storico dalla pianta concentrica, con le viuzze
irregolari ormai deteriorate che, come molti palazzi di Portole sembrano
invocare con lamento straziante un improbabile riassetto. Anche qui sono
moltissime le abitazioni abbandonate durante l’esodo dell’immediato dopoguerra,
che come in altre piccole località interne della penisola ha lasciato vuoti
profondi. Vuoti che oggi si stanno solo in parte colmando con nuovi arrivi.
Alcune zone di Portole sono infatti ultimamente veri cantieri edili. Lo è l’area
circostante l’antica porta della città, dove qualcuno – ci dicono degli
investitori austriaci – sta ristrutturando una delle tante vecchie palazzine. Lo
sono diverse calli interne in cui tra gli altri anche Ivan Zupanc, un giovane
zagabrese, docente di storia e di geografia della Facoltà di scienze matematiche
e naturali della capitale croata, invaghitosi di questo luogo, ha acquistato,
dopo averne fatto di uno la sua residenza estiva, altri due vecchi edifici del
centro, che rischiavano di cadere in rovina.
“È uno studioso
giovane ma molto capace, interessatissimo al passato dell’Istria, dei suoi
luoghi e di Portole in particolare - ci rivela l’ultraottantenne Emilio Tomaz,
che nonostante l’avanzata età ha accettato ben volentieri di farci da cicerone.
Nato a San Pancrazio di
Montona nel 1920, nostro ex collega, oggi
pensionato e fedele lettore del nostro quotidiano, Emilio Tomaz si dimostra
subito abile e profondo conoscitore dei borghi della zona. Continua a parlarci
di Zupanc, mentre, per entrare nel centro storico, passiamo sotto la volta
dell’antica porta cittadina, sulla quale notiamo, scolpita su un lavorato
macigno di bianca pietra d’Istria, la data del 1756. “Oltre ad essersi
innamorato di Portole, Zupanc si è occupato molto anche di ricerche, pubblicando
diversi lavori scientifici tra i quali, tre anni fa, uno sulle cause alle quali
si deve lo stato di semiabbandono di molte località rurali della penisola.
"Pensate – ci dice Emilio Tomaz, mentre saliamo insieme la stretta calle che
porta al piazzale principale della cittadina, dominato dalla chiesa parrocchiale
di San Giorgio e dal bel campanile – che è grazie a una sua iniziativa che il
leone marciano che tra poco avrete dinanzi agli occhi ha rivisto la luce del
sole.”.
Arriviamo ai piedi dell’alta torre dirimpettaia alla
chiesa ed eccolo là, adagiato accanto all’entrata del campanile.
“Per decenni era rimasto nascosto alla vista di
tutti, con la faccia rivolta verso l’interno, perché nessuno lo potesse notare.
Credo che sia uno dei pochi esemplari di leoni veneziani dell’Istria con
l’apertura alare così ampia - ci rivela Emilio Tomaz. “Verso la fine della II
Guerra mondiale i partigiani diedero fuoco alla palazzina che era sede del
comune e sulla cui facciata c’era il leone – ci racconta la nostra guida. – Il
bassorilievo, ovviamente, venne giù e per poco non lo fecero a pezzi”. Infatti,
notiamo che il leone alato ha la coda mozzata. “Volevano distruggerlo a mazzate.
Per fortuna – ci racconta Tomaz – tra quelle persone se ne trovò una che riuscì
a convincerli che questo era un pezzo di storia. Era il postino Anton Laganis. E
alla fine lasciarono perdere. Lo sistemarono a faccia in giù, rivolto con la
parte scolpita verso il campanile e restò là così, per decenni. Finché anni fa,
da entusiasta e competente intenditore del patrimonio storico e culturale che è,
Ivan Zupanc non richiese l’aiuto di una quindicina di volontari che, con leve e
forza di muscoli, impiegarono diverse ore di lavoro per rigirarlo. Da allora sta
là così. Adesso, però, almeno tutti lo possono vedere”.
Convinti che le autorità cittadine di Portole
troveranno presto un luogo più indovinato per sistemare questo splendido
esemplare di leone marciano (l’intento doveva esserci visto che per farlo,
stando a fonti bene informate, cinque o sei anni fa il Comune aveva attinto
anche dai fondi che la Regione Veneto stanzia proprio per il recupero, la
conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale di origine veneta
nell’Istria a Fiume e in Dalmazia) ci incamminiamo verso l’antica loggia,
restaurata di recente e adibita a lapidario, dove insieme ad altre pietre
monumentali, il leone alato di Portole farebbe forse più colpo sui numerosi
turisti che ogni anno vengono a visitare il borgo. Sistemato qui o comunque in
un posto più adeguato, farebbe senz’altro più bella figura. |
Si è fatto tardi e presi dal nostro
girovagare di calle in calle, neanche abbiamo notato il tramontar
del sole. “Qui dove la notte le stelle sembrano abbassarsi fino ai
campanili” ebbe a scrivere in un suo testo su Portole il poeta
istriano Daniel Načinović. Ed è
effettivamente così. Mentre al calar del crepuscolo rientriamo in
macchina avviandoci verso Levade, nel frattempo si è fatto buio e lo
notiamo anche noi. Ci voltiamo e guardando da lontano il panorama
sul borgo, sono proprio le sue parole che ci vengono in mente. |
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Emilio
Tomaz nel lapidario della loggia. |
In Istria i leoni marciani sono almeno 160
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Il leone marciano di Portole. |
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Durante la Serenissima, il leone alato veniva
rappresentato un po' ovunque, spesso all'esterno dei palazzi, in forma di
lapide, all'interno di essi, su affreschi e dipinti. Emblema della Repubblica di
Venezia adornava colonne e pili portabandiera, monete e, ovviamente vessilli e
stendardi. Tant'è che pochi sono i simboli noti in tutto il mondo come il Leone
di San Marco, la cui diffusione nei territori soggetti a Venezia fu, ed in buona
parte rimane, decisamente evidente. La Repubblica di Venezia usò sui suoi
stendardi, nel XII e XIII secolo, l'immagine di San Marco, cui venne a
sostituirsi più tardi il simbolo dello stesso Santo, in forma leonina. Il leone
fu dapprima piccolo, di forma rozza, poi intero o a mezzo corpo. L’Istria è
fortunatamente rimasta pressoché immune al fenomeno dell’iconoclastia, che, per
quel che riguarda i leoni marciani, ebbe nel tempo quattro grandi ondate: la
prima verso la fine del Trecento, nel corso delle scorrerie Genovesi in
Adriatico; la seconda nel Cinquecento, quando i Francesi invasero Venezia; la
terza nel 1797, subito prima e dopo la caduta della Serenissima; la quarta ed
ultima - dalle nostre parti - negli anni antecedenti, durante e dopo la II
Guerra mondiale. Tutti questi fenomeni distruttivi nei confronti del simbolo
veneziano, lasciarono comunque quasi indenne l'Istria per cui oggi la gran parte
degli oltre 160 leoni istriani documentati, risulta intatta.
Quello di Portole è scolpito su pietra bianca e pesa
almeno una quindicina di quintali. Ai piedi del leone, una scritta latina e una
data in numeri romani: "Musto Praetor Posvit" - MDXXVIII. È dunque del 1528. Sul
libro aperto sostenuto dalle zampe anteriori del leone, a caratteri maiuscoli
compare la scritta usuale: "PAX TIBI MARCE EVANGELISTA". Una frase latina che
trae origine dalla leggenda secondo la quale, quando l'evangelista Marco, per
incarico di San Pietro, ebbe evangelizzato
Aquileia, nel tornare a Roma subì un naufragio. Una tempesta sospinse la sua
nave nella laguna di Venezia, facendola incagliare proprio nella sabbia delle
isole di Rialto ancora disabitate. Il Santo, scampato alla furia dei marosi e
dei venti, scese a terra, si addormentò e in sogno gli apparve un angelo che gli
disse appunto "Pace a te Marco, mio evangelista... e sappi che qui un giorno
riposerà il tuo corpo".
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Una delle antiche lapidi
esposte nella loggia. |
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Come in altre raffigurazioni del leone marciano
anche in questo di Portole le zampe anteriori poggiano sulla terraferma e quelle
inferiori sul mare, a denotare il dominio di Venezia su entrambi gli elementi.
Fino al 1996 era praticamente rimasto nascosto agli occhi di tutti. Oggi grazie
all’iniziativa di uno studioso zagabrese lo si può ammirare in tutta la sua rara
bellezza. Esperti fiumani dell'Istituto per la tutela del patrimonio artistico
del ministero per la Cultura hanno realizzato a suo tempo un progetto di studio
per la sistemazione del leone di Portole nella loggia lapidario ma l'iniziativa
non è stata ancora concretizzata.
Per le calli del borgo un alternarsi di stili
architettonici diversi
Di Portole si fa menzione già nel lontanissimo 1102
con il nome latino di Castrum Portulense. Nel 1115 la località viene citata come
residenza urbana di signori feudali e di artigiani. Da quell’epoca e fino al
primo Novecento, il dominio su questa piccola, affascinante località del
Buiese, fu come per le altre località dell'Istria, di tanti poteri, il che
lasciò ovviamente tracce ben visibili anche sull’architettura del posto. Un
alternarsi di stili che è tutt'oggi evidente sui palazzi dentro e fuori le mura
di Portole, molti dei quali rivelano l’influenza di Venezia.
All'entrata della città c'è la chiesetta della
Vergine Maria, che custodisce dei bellissimi affreschi del 1471, opera del
maestro Cleriginus da
Capodistria e di altri artisti. Anche Antonio
da Padova ha lasciato una sua traccia a Portole. Fu lui infatti ad affrescare
gli interni della chiesetta di San Rocco.
Nella piazza centrale del borgo sorge la chiesa
parrocchiale di San Giorgio, che risale al tardogotico, fatta a tre navate, con
una suggestiva abside poligonale, la cui costruzione ebbe inizio nel 1526.
Successivamente subì un ampliamento e la facciata venne rifatta in stile
barocco. Il dipinto di San Giorgio che adorna l'altare maggiore, è opera di
Baldassare d’Anna ed è del Seicento, mentre la Madonna del Rosario, opera del
maestro Furlanetti, è del Settecento. All'interno della chiesa si conservano un
prezioso trono del vescovo ad intarsio in stile barocco, fatto nel 1758 e un
organo di Gaetano Callida dello stesso secolo. Nella stessa piazza, separato
dalla chiesa, c'è l'alto campanile di Portole, la cui costruzione fu completata
nel 1740, che ha tre campane l'una del 1455, l'altra del 1466 e la terza del
1788. L’abitato, che ha conservato la disposizione medioevale dei vicoli, delle
piazzette e dei portici era un tempo cinto da solide mura più tardi conglobate
nell’architettura del borgo. La principale porta cittadina, dinanzi alla quale
si trova l'antica loggia barocca in cui oggi c'è il lapidario, è stata
ristrutturata nel 1756. Sopra il portale laterale d’accesso, fiancheggiato da
due archi ogivali da entrambi i lati, sporge una testa scolpita. È uno di quei
grandi mascheroni baffuti dall’aspetto un po’ grottesco e dall’espressione
ambivalente e volutamente innaturale, così caratteristici per l’Istria che
spesso appaiono inseriti nei muri, sotto le sporgenze dei tetti dei palazzi e in
prossimità delle grondaie.
Tratto da:
- © La Voce del Popolo, 10 Aprile
2004
- http://www.geocities.ws/paliscaroberto/
- Additional photos courtesy of Roberto
Palisca
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Created: Thursday,
December 08, 2011; Last updated:
Sunday, November 14, 2021
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