Petacco Arrigo. L'esodo. 
La tragedia negata degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia

Mondadori (Milano, 2000), pagine 202.


From Trieste Libri - 27 settembre 2000:

Le foibe? "Varietà di doline frequenti in Istria", spiega una delle nostre più diffuse enciclopedie. E non aggiunge altro. Del Fatto che queste fosse comuni naturali siano le tombe senza croci di migliaia di italiani vittime innocenti della "pulizia etnica" slava non si parla neppure sui libri di scuola. Come non si parla dell'esodo forzato di due o trecentomila italiani dell'Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia che furono costretti ad abbandonare le loro case e le loro terre dalla violenza sciovinista delle milizie del Maresciallo Tito.

Eppure è storia di ieri. Una storia coeva di altre tragedie e di altri massacri di cui giustamente si ricorda ogni dettaglio, si onorano le vittime e si condannano i carnefici. Su quanto è accaduto, tra il 1943 e il 1947, in quelle regioni un tempo italiane, grava infatti da mezzo secolo un assordante silenzio.

Questo capitolo della nostra storia, che si vorrebbe cancellare dalla memoria collettiva, riemerge con le sue luci e le sue ombre, con le odiose strumentalizzazioni, le colpevoli negligenze e le pesanti responsabilità, da questo libro al quale Arrigo Petaccogià lavorava prima che il fenomeno della "pulizia etnica" ritornasse d'attualità con la tragedia dei profughi del Kosovo.

L'Esodo è il frutto di una lunga ricerca negli archivi, ma anche dell'attenta lettura della fitta memorialistica e pubblicistica che sono rimaste per anni circoscritte negli ambienti della diaspora giuliana.

In questa ricostruzione lontana da ogni interpretazione ideologica, Arrigo Petacco racconta la storia di un lembo conteso della nostra patria, in cui la presenza di etnie diverse ha favorito, di volta in volta, odiose manifestazioni nazionalistiche, quasi sempre alimentate dall'ideologia vincente. Fu infatti il fascismo, con la sua ottusa e violenta azione snazionalizzatrice, a fornire il pretesto, dopo l'8 settembre 1943, per la barbara e smisurata reazione slava. Una reazione che, basandosi sulla formula mendace "italiani=fascisti, slavi=comunisti" indusse non pochi, anche in casa nostra, a sostenere le ambizioni territoriali del Maresciallo Tito su Trieste e oltre, a giustificare i massacri e a negare un'azione genocida di cui questo libro documenta l'atroce verità.

autore
Arrigo Petacco (Castelnuovo Magra, La Spezia, 1929) vive a Portovenere. Giornalista, inviato speciale, ha collaborato a "Grazia", "Epoca", "Panorama", "Corriere della Sera", "Il Tempo", "Il Resto del Carlino". E' stato inoltre direttore di "Storia illustrata" e "La Nazione". Ha sceneggiato alcuni film e realizzato numerosi programmi televisivi di successo. Nei suoi libri affronta i grandi misteri della storia, spesso ribaltando verità giudicate incontestabili.

Fra gli altri ricordiamo: L'anarchico che venne dall'America, Joe Petrosino, Il Prefetto di ferro, Riservato per il Duce (nuova edizione L'archivio segreto di Mussolini), Dal Gran Consiglio al Gran Sasso (con Sergio Zavoli), Pavolini. L'ultima raffica di Salò (nuova edizione Il superfascista), I ragazzi del '44, Dear Benito, caro Winston, La regina del sud, La principessa del Nordo, La signora della Vandea, La nostra guerra. 1940-1945, Il comunista in camicia nera, Regina. La vita e i segreti di Maria José e L'armata scomparsa.


From La Bancarella online:

Quando l'etnia non va d'accordo con la geografia, e' l'etnia che deve muoversi. (B. Mussolini) Le foibe? "Varieta' di doline frequenti in Istria" spiega una delle nostre piu' diffuse enciclopedie. E non aggiunge altro. Del fatto che queste fosse comuni naturali siano le tombe senza croci di migliaia di italiani vittime innocenti della "pulizia etnica" slava non si parla neppure sui libri di scuola. 

Come non si parla dell'esodo forzato dei due o trecentomila italiani dell' Istria, della Dalmazia e della Venezia Giulia che furono costretti ad abbandonare le loro case e le loro terre dalla violenza sciovinista delle milizie del Maresciallo Tito. Eppure e' storia di ieri. Una storia coeva di altre tragedie e di altri massacri di cui giustamente si ricorda ogni dettaglio, si onorano le vittime e si condannano i carnefici. Su quanto e' accaduto, tra il 1943 e il 1947, in quelle regioni un tempo italiane, grava infatti da mezzo secolo un assordante silenzio. Questo capitolo della nostra storia, che si vorrebbe cancellare dalla memoria collettiva, riemerge con le sue luci e le sue ombre, con le odiose strumentalizzazioni, le colpevoli negligenze e le pesanti responsabilita', da questo libro al quale Arrigo Petacco lavorava prima che il fenomeno della "pulizia etnica" ritornasse d'attualita' con la tragedia dei profughi del Kosovo. 

L'esodo e' il frutto di una lunga ricerca negli archivi, ma anche dell'attenta lettura della fitta memorialistica e pubblicistica che sono rimaste per anni circoscritte negli ambienti della diaspora giuliana. In questa ricostruzione lontana da ogni interpretazione ideologica, Arrigo Petacco racconta la storia di un lembo conteso della nostra patria, in cui la presenza di etnie diverse ha favorito, di volta in volta, odiose manifestazioni nazionalistiche, quasi sempre alimentate dall'ideologia vincente. Fu infatti il fascismo, con la sua ottusa e violenta azione snazionalizzatrice, a fornire il pretesto, dopo l'8 settembre del 1943, per la barbara e smisurata reazione slava. Una reazione che, basandosi sulla formula mendace "italiani=fascisti, slavi=comunisti" indusse non pochi, anche in casa nostra,a sostenere le ambizioni territoriali del Maresciallo Tito su Trieste e oltre, a giustificare i massacri e a negare un'azione genocida di cui questo libro documente l'atroce verita'. "Nel 1945 io e Kardelj fummo mandati da Tito in Istria. Era nostro compito indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E cosi' fu fatto."

M. Gilas


From Cremona Online (20 aprile 2000):

La tragedia delle foibe

Quello della tragedia delle foibe (una vera e propria «pulizia etnica») e dell’esodo forzato di due-trecentomila italiani d’Istria, di Fiume e della Dalmazia dalle loro terre natali è un altro dei «tabù» del cinquantennio post-bellico che solo da qualche tempo comincia ad essere oggetto di considerazione storiografica (e politica). Ora di loro si parla e si scrive con maggiore libertà. E'in libreria la ricostruzione di Arrigo Petacco che parte da lontano, dall’irredentismo giuliano di inizio secolo con i suoi martiri (come Nazario Sauro e Fabio Filzi) e arriva fino al trattato di Osimo del 1975, ultimo atto della contesa territoriale tra l’Italia e la Jugoslavia con la cessione definitiva a Tito e ai suoi successori della «zona B» dell’Istria. Frutto di una lunga ricerca negli archivi e nella memorialistica degli esuli e scritto con stile giornalistico, il volume evita forzature ideologiche e cerca di presentarci i fatti quali si svolsero, indagandone le ragioni storiche, e non manca di denunciare anche gli errori e le discriminazioni che accompagnarono la politica dell’Italia fascista nei confronti degli slavi.


From Internetbookshop.it:

In questa ricostruzione, lontana da ogni interpretazione ideologica, Arrigo Petacco racconta la storia di un lembo conteso della nostra patria, in cui la presenza di etnie diverse ha favorito, di volta in volta manifestazioni nazionalistiche, quasi sempre detttate dall'deologia vincente.


From Quotidiano.net, 12 ottobre 1999:

Pola 1948: i dannati dell'Istria

In libreria «L'esodo»: dalle foibe ai lager di Tito, storia di una tragedia dimenticata di Arrigo Petacco

Pubblichiamo un brano del libro «L'esodo» di Arrigo Petacco, tratto dalla terza parte «Istria Addio»

Mentre centinaia di migliaia di italiani abbandonavano le loro case per sfuggire al comunismo e alla slavizzazione, altri italiani, sia pure in numero assai più esiguo, affrontavano liberamente il percorso inverso spinti dall'utopia e dalla fede nella causa socialista. Di questo singolare controesodo, che ebbe una conclusione ben più tragica di quello pur amaro e drammatico dei profughi istriani in quanto, oltre al danno, ci fu anche la beffa, non si era mai parlato in questi ultimi decenni. Era infatti un capitolo doloroso della storia giuliana destinato a rimanere blindato negli archivi del Pci. Solo dopo la caduta del Muro di Berlino e la bancarotta del comunismo, alcuni superstiti, sentendosi ormai svincolati dalla disciplina di partito, hanno cominciato a parlare... I vuoti aperti dal forzato esodo degli italiani nelle campagne dell'Istria erano stati facilmente colmati dall'afflusso di contadini sloveni e croati fatti giungere dall'interno della Jugoslavia. La stessa operazione si era però rivelata irripetibile nelle città e soprattutto nei cantieri un tempo efficienti e operosi di Pola e di Fiume. Malgrado le lusinghe e le promesse delle autorità, le maestranze italiane, salvo rare eccezioni, avevano preferito l'esilio. Ripopolare i cantieri come era stato fatto per le campagne era impossibile per l'assoluta carenza di tecnici mentre, nel contempo, era indispensabile per il governo di Belgrado rimettere in movimento la produzione industriale. Fu così che, per risolvere il problema, i teorici slavi della «pulizia etnica» dovettero giocoforza ricredersi e chiedere aiuto ai «compagni» italiani. L'«operazione controesodo», sviluppata nel massimo segreto, fu il frutto di un accordo di vertice fra i comunisti jugoslavi e i comunisti italiani. Da parte nostra, se ne occupò personalmente il vicesegretario del Pci Pietro Secchia. L'operazione prevedeva il trasferimento clandestino di volontari italiani, reclutati nei cantieri di Monfalcone, ma anche nelle altre fabbriche di Gorizia, di Trieste e del Friuli, ai quali sarebbe stato affidato il compito di contribuire, come allora si usava dire con slancio retorico, all'«edificazione del socialismo» in Jugoslavia. In parole più povere: a insegnare agli jugoslavi come far funzionare i nostri cantieri di cui si erano impadroniti. Oltre all'aspetto economico, questo singolare esodo alla rovescia si prefiggeva anche un significato politico. La presenza di operai italiani nelle industrie di Pola e di Fiume avrebbe infatti consentito alla stampa comunista di sostenere che non tutti gli italiani, ma soltanto i «fascisti», avevano scelto la via dell'esilio. A organizzare il controesodo con un'azione segreta e capillare svolta nelle sezioni, fu l'Uais, l'Unione antifascista italo-slovena. I volontari furono circa duemila i quali, divisi in scaglioni, si trasferirono in Jugoslavia con le rispettive famiglie. Erano tutti specialisti e tutti fortemente ideologizzati. Molti di loro avevano combattuto la guerra partigiana nelle formazioni jugoslave. Sinceramente animati da uno spirito che superava i confini degli Stati, erano orgogliosi di poter partecipare alla costruzione del socialismo in un paese che si era liberato da solo dai nazisti e che aveva edificato la sua unità nazionale all'insegna della fratellanza dei popoli. Li animava anche la fierezza di far parte della mitica «aristocrazia operaia» che Lenin aveva indicato come la «punta di diamante» della rivoluzione proletaria. I «monfalconesi», come saranno generalmente chiamati, cominciarono ad arrivare in Jugoslavia verso la metà del 1947, quando era ancora in pieno svolgimento l'esodo degli italiani dall'Istria. Nessuno si accorse del loro controesodo o, comunque, non fu registrato dalla stampa. I nuovi arrivati vennero destinati in gran parte alle industrie di Fiume e all'Arsenale e ai cantieri di Pola. Altri furono distribuiti in varie località nel cuore della Jugoslavia dove più era sentito il disperato bisogno di maestranze qualificate. Dovunque arrivarono, furono accolti dignitosamente e sistemati con le famiglie in maniera adeguata. Le paghe erano decenti, gli alloggi scelti fra i migliori a disposizione nelle città che li ospitavano. Fu concessa loro anche una completa autonomia nell'organizzazione politica. Erano tutti iscritti al Pci e poterono liberamente ricostituire le loro sezioni e le loro cellule. (...) Per qualche mese tutto filò liscio. Salvo qualche episodio di sciovinismo da parte jugoslava e le defezioni di alcuni italiani che preferirono tornarsene a casa dopo avere constatato di trovarsi in una realtà diversa da quella che si aspettavano, non si registrarono incidenti degni di nota. I «monfalconesi» lavoravano duro e l'entusiasmo non era mai venuto meno. Svolgevano un'intensa attività politica e mantenevano stretti legami con la federazione del Pci di Trieste. Forti della loro posizione di esperti indispensabili e anche dell'appartenenza al più forte partito comunista dell'Occidente, sapevano farsi rispettare. Quando qualcosa non funzionava bene in fabbrica, non esitavano ad organizzare forme di protesta. Una volta scesero anche in sciopero: il primo sciopero della storia della Jugoslavia comunista. «Non fu per ragioni politiche» racconterà Riccardo Bellobarbich, un monfalconese sopravvissuto a quella terribile esperienza «ma per colpa del peperoncino... Il cibo troppo piccante non era di nostro gusto. Protestammo invano e alla fine decidemmo di incrociare le braccia. Per gli jugoslavi era una cosa inaudita: gli altri operai ci guardavano sbigottiti come fossimo dei marziani. Ma alla fine la spuntammo, e i cuochi delle mense si adeguarono». I veri problemi cominciarono nel 1948 dopo la rottura fra Tito e Stalin seguita al rifiuto jugoslavo di aderire al Cominform, l'organizzazione creata da Stalin per imporre a tutti i partiti comunisti l'obbedienza sovietica. Per i «monfalconesi», stalinisti convinti e iscritti al Partito comunista italiano (il cui capo indiscusso, Palmiro Togliatti, figurava fra i primi firmatari della risoluzione che «scomunicava» Tito), fu un trauma. Animati da una fede cieca e assoluta nell'Urss e nel suo partito-guida, ribellarsi alla volontà di Stalin era, per loro, peggio di un sacrilegio. Roba da non credere ai propri occhi. D'altra parte, non era stato lo stesso Milovan Gilas, allora braccio destro di Tito e teorico del marxismo, ad affermare che «senza Stalin neppure il sole splenderebbe come splende?». Ora, invece, Tito osava disobbedire al grande e amato capo di tutti i lavoratori, disertando la lotta comune per il socialismo e abiurando quella fede che aveva dato loro la forza di affrontare senza paura il fascismo e di sopportare la prigionia e le torture. No, per i «monfalconesi» tutto ciò era inammissibile. 

LA «QUINTA COLONNA» MONFALCONESE 

I primi a muoversi furono gli operai italiani che lavoravano nei cantieri di Fiume e di Pola. Alimentati attraverso canali segreti dal Pci del territorio libero di Trieste, guidato da Vittorio Vidali, e dal Pci di Palmiro Togliatti, i «monfalconesi» costituirono per qualche tempo una «quinta colonna» cominformista cui era affidato il compito di riportare la Jugoslavia nell'orbita sovietica e liberarla dalla «cricca» di Tito diventato nel frattempo, sulla stampa comunista, il «lacchè dell'imperialismo. (...) Naturalmente, questa situazione non poteva durare. Verso la fine del 1948 entrò infatti in azione l'Ozna, la famigerata polizia politica, che organizzò vaste retate di «monfalconesi» che furono poi deportati nei lager dell'interno e nelle isole. Solo Ferdinando Marega riuscì a non farsi prendere e, dopo avere operato per qualche tempo nella clandestinità, riuscì a rientrare in Italia. Qui giunto, informò immediatamente il partito di quanto stava accadendo in Jugoslavia. Raccontò delle persecuzioni, delle torture, delle deportazioni e dei «gulag» dentro i quali erano stati rinchiusi tanti compagni che non avevano voluto abiurare la fede. Ma non fu ascoltato. Anzi fu invitato, come lo saranno tanti altri «monfalconesi» sopravvissuti all'inferno jugoslavo, a mantenere il silenzio per «non danneggiare il partito». D'altra parte, in quel momento, se alla stampa comunista era consentito di diffamare Tito con ogni calunnia possibile, era invece proibito menzionare i «gulag» jugoslavi per non richiamare l'attenzione su quelli ben più numerosi che esistevano da tempo in Unione Sovietica. Di conseguenza, il Pci abbandonò i «monfalconesi» al loro tragico destino. 

LE URLA DAL SILENZIO

«Avevo sei anni, ma il ricordo è vivo e quelle drammatiche immagini pesano ancora come un'ombra inquietante sulla mia coscienza di uomo e di comunista». Chi parla è Armido Campo, figlio di Ribella e nipote di Vinicio Fontanot, famoso comandante della Brigata «Garibaldi-Natisone». Ora vive alla Spezia e, dopo circa cinquant'anni, si è deciso per primo a rompere il silenzio che la sua famiglia si era imposta per disciplina di partito. Racconta Armido: Eravamo tutti comunisti dello zoccolo duro. Mia madre, Ribella, vedova di un deportato in Germania, si era risposata con Sergio Mori, il mio secondo padre, che era allora un quadro del Pci, Lasciammo Monfalcone all'inizio del 1947 per andare a vivere in Jugoslavia, dentro il comunismo reale, dal quale stavano fuggendo in massa gli italiani dell'Istria. Dopo la rottura fra Tito e Stalin la mia famiglia venne deportata a Zenica in Bosnia. C'erano con noi tre famiglie di monfalconesi: i Battilana, i Bressan, i Comar, i Babuder, i Gratton e Elsa Fontanot. In quel villaggio finimmo a contatto con i prigionieri tedeschi condannati ai lavori forzati. Ricordo la pietà di mia madre e di mia nonna Lisa le quali, dimenticando che i nazisti avevano ucciso i loro mariti, portavano tazze di brodo a quei prigionieri immersi nella neve. Anche noi, per la verità, vivevamo come prigionieri, ma non portavamo le catene come i tedeschi. Restammo lì per più di un anno, completamente dimenticati dal Pci che non poteva ignorare quanto stava accadendo. Vittorio Vidali, certamente, sapeva tutto, ma nessuno fece nulla per noi. Per questo, Sergio Mori decise un giorno di fuggire da Zenica e riuscì a raggiungere Zagabria dove si mise in contatto con il console italiano. Poco tempo dopo, grazie all'intervento del governo italiano, fummo liberati, tornammo in Italia e cademmo dalla padella nella brace... Le nostre case di Monfalcone erano state assegnate ai profughi dell'Istria, i nostri posti di lavoro anche. Ci consideravano degli appestati... 


From  © Nacional, January 16, 2002 - http://www.nacional.hr/htm/322014.hr.htm (Hrvatski):

O egzodusu Talijana iz Hrvatske u Italiji se 50 godina šutjelo, to se nije spominjalo ni u povijesnim udžbenicima: moj 'Egzodus' je zapravo pokušaj ispravljanja te velike nepravde

Autor bestselera o protjerivanu esula: Istra je stvar prošlosti i to je talijanskoj vladi jasno

Talijanima treba omogućiti da ponovno kupe kuće koje su im u Hrvatskoj oduzete

Robert Bajruši i Tonko Vulić

Arrigo Petacco jedan je od najpoznatijih talijanskih novinara i publicista. U novinarstvu je već pola stoljeća, radio je u vodećim talijanskim listovima, a ujedno je autor nekoliko zapaženih dokumentarnih filmova na RAI-ju. Međutim najveću slavu Petacco je stekao svojim knjigama, posebno onima koje se bave Drugim svjetskim ratom i tadašnjom ulogom Italije, "Mussolinijevi tajni arhivi", "Naš rat 1940-45" i "Talijanska vojna avantura u Rusiji".

Zagrebačka izdavačka kuća "Durieux" uskoro će objaviti hrvatski prijevod knjige "Egzodus (Tragedija Talijana Istre, Dalmacije i Julijske krajine) ". Riječ je o kontroverznoj Petaccovoj knjizi u kojoj opisuje sudbinu približno 350.000 esula koji su nakon dolaska komunista protjerani u Italiju. Iako su većina bili starosjedioci koji nisu podržavali Mussolinija, Titov režim im je u kratkom roku oduzeo cjelokupnu imovinu i natjerao ih na odlazak. "Egzodus" je napisan gotovo dokumentaristički, uz faktografske podatke o broju protjeranih. Petacco je prenio i reportaže koje su o tragediji svojih zemljaka objavljivali talijanski listovi. Jedna od najdojmljivijih je iz Pule koja je 1945. imala 34.000 stanovnika. Kad ju je napustila talijanska zajednica, grad je sasvim opustio jer je u njemu preostalo samo nekoliko tisuća žitelja. Arrigo Petacco u razgovoru za Nacional govori o "Egzodusu" čije je prvo izdanje objavljeno prije dvije godine u 80.000 primjeraka i potpuno rasprodano.

NACIONAL: Zbog čega ste se baš sada odlučili napisati knjigu "Egzodus", nakon što je prošlo više od 50 godina od progona Talijana iz Istre i Dalmacije?

Zbog toga što se u Italiji u posljednjih 50 godina, zbog utjecaja talijanske komunističke partije na vlast, o tim događajima nije govorilo. Egzodus se nije spominjao čak ni u školskim udžbenicima iz povijesti, tako da je ta, za talijanski narod važna epizoda gotovo izbrisana. "Egzodus" je zapravo pokušaj ispravljanja velike nepravde.

NACIONAL: Kako to da nitko prije vas nije objavio knjigu sa sličnom tematikom?

Povremeno su objavljivana neka mjesna izdanja, ali knjiga "Egzodus", koju je izdala izdavačka kuća "Mondadori", prva je knjiga s temom egzodusa Talijana iz bivše Jugoslavije što se distribuira na teritoriju cijele Italije. Prvo izdanje, koje se u knjižarama pojavilo prije dvije godine, tjednima je bilo na vrhovima lista najčitanijih knjiga. Prodano je oko 80.000 primjeraka u tvrdom uvezu, koji su stajali 30.000 lira, a nedavno je izdano i ekonomičnije džepno izdanje.

NACIONAL: Vaša knjiga nalikuje dokumentarnom filmu. Kako ste dolazili do podataka?

Među ostalim, ja sam autor nekoliko dokumentarnih filmova, tako da imam dosta iskustva u toj vrsti novinarstva. Podatke sam skupljao po arhivima u kojima su pohranjene novine iz tog razdoblja, te razgovarao s ljudima koji su sudjelovali u egzodusu, neki od njih čak su napisali i svoje ispovijesti. Godinu dana trebalo mi je da skupim i pročitam sve tekstove, tek sam tada pristupio pisanju knjige. Želio sam saznati istinu o događajima na teritoriju koji je do 1945. pripadao Italiji i na kojemu je živjelo 350.000 Talijana. Znao sam da ne pišem knjigu koju nitko neće čitati, jer većinu esula, kojih zajedno s njihovim potomcima u Italiji danas ima oko 700.000, još zanima ta tematika.

NACIONAL: Na koje su sve načine Talijani bili prisiljavani da napuste svoje domove?

Izbora nisu imali. Oni koji su se opirali napuštanju završili su u fojbama. Egzodus je osmislila i izvela Titova komunistička partija, a u tome su joj poslu, nažalost, pomagali talijanski komunisti. Talijane iz Istre i Dalmacije proglasili su fašistima koji su bježali iz Jugoslavije u strahu od komunizma, što je bila notorna laž s obzirom na to da su većina izbjeglica bili obični radnici i seljaci.

NACIONAL: Tvrdite da je njihova jedina krivnja bila to što su bili Talijani?

Naravno, bilo je to najobičnije etničko čišćenje. U knjizi donosim i tekst Milovana Đilasa, člana radikalnog krila Titove partije, koji je zapisao: "Tito je poslao Kardelja i mene u Istru. Naredba je glasila: Osloboditi se Talijana! Naređeno, izvršeno!" Tito je želio i Trst, ali ga na kraju ipak nije uspio dobiti.

NACIONAL: Jesu li prognani baš svi Talijani ili samo oni koji su se naselili tijekom Mussolinijeva režima?

Točno je da je mnogo Talijana naseljeno tijekom Mussolinijeve vladavine, ali puno je Talijana ondje živjelo i prije fašističke epohe. Od 35 tisuća stanovnika, koliko ih je 1945. imala Pula, 30 tisuća je pobjeglo. Svi oni sigurno nisu bili fašisti.

NACIONAL: No za vrijeme Jugoslavije, većina je političara tvrdila da su prognani Talijani bili fašisti.

To nije točno. Mnogi su se Talijani, čiji su ostaci pronađeni u fojbama, tijekom rata borili u partizanskim postrojbama. Naravno da je među Talijanima bilo i fašista, osobito 1940., kada je taj režim bio u punoj snazi. U to su se vrijeme Talijani odnosili jako loše prema Slavenima. Zatvarali su škole na hrvatskom i slovenskom jeziku, prisiljavali su Slavene da talijaniziraju prezimena i vršili druge oblike represije. No to ne smatram razlogom i opravdanjem za ubijanje 15 tisuća ljudi, među kojima mnogo žena i djece. Ipak je to pretjerana osveta.

NACIONAL: Otkud vam podaci o broju Talijana koji su bačeni u fojbe?

Ulaze u većinu fojbi, koje su ostale na teritoriju bivše Jugoslavije, Titovi su vojnici dinamitom "zatvorili", ali samo u Basovizzi, jednoj od dviju fojbi koje su otkrivene u okolici Trsta, pronađeno je 500 prostornih metara kostiju. Budući da u jedan prostorni metar stanu kosti četiriju osoba, znači da je samo u toj fojbi smrt zatekla 2000 Talijana. Etničko se čišćenje, nažalost, na prostorima bivše Jugoslavije ponovilo početkom 90-ih.

NACIONAL: Iz kojeg se je grada iselilo najviše Talijana?

Iz Pule, naravno. Oni su čak namjeravali osnovati grad Pulu u pokrajini Puglia, ali su odustali. Sve do 1945. istarske su gradove uglavnom nastanjivali Talijani, dok su u selima živjeli Slaveni. Kako su Talijani počeli napuštati stanove u središtu Pule, Slaveni koji su nastanjivali predgrađa krenuli su da zauzmu bolje stanove u središtu grada i okolici luke.

NACIONAL: Što su Talijani mogli ponijeti sa sobom?

Malo, gotovo ništa. Nova je vlast sastavila "crnu listu" predmeta i potrepština za kućanstvo čiji je transport u Italiju bio najstrože zabranjen. Na toj su listi bili šivaći strojevi, bicikli, motorna vozila, radioaparati i sve električne kućanske naprave. Sa sobom su mogli ponijeti najviše deset tisuća lira, koje su im na granici bile zamijenjene u tri tisuće dinara. Sve ostalo bilo je konfiscirano.

NACIONAL: Kako su esuli bili dočekani u Italiji?

Jako loše. Talijanska je komunistička partija u to vrijeme bila vrlo utjecajna u Italiji, a istodobno je bila jako naklonjena Titu. Esule je posvuda pratio glas da je riječ o fašistima, a oni krajem rata nisu bili omiljeni u Italiji. Događale su se zaista nevjerojatne situacije. Tito je, na primjer, potjerao sve Talijane koji su radili u brodogradilištima u Puli i Rijeci, a zatim je od Italije zatražio radnike potrebne za socijalističku izgradnju. Dvije tisuće radnika je, na inicijativu talijanske komunističke partije, iz brodogradilišta u Monfalconeu 1946. poslano u pomoć izgradnji Jugoslavije. No kada je 1948. došlo do rezolucije Informbiroa, svi su oni završili u koncentracijskim logorima, zbog toga što je talijanska komunistička partija stala na Staljinovu stranu. U tim su logorima ostali sve do Staljinove smrti 1953.

NACIONAL: Kako to da ste se vi, a ne netko od Talijana izbjeglih iz Istre i Dalmacije, odlučili napisati knjigu o egzodusu?

Rođen sam u Liguriji, pa sam problemu pristupio profesionalno, bez pretjerivanja. Sve priče esula koje sam pročitao bile su izrazito osvetoljubive i sagledavale su problem samo s jedne strane. Po njima su svi Talijani bili sveci, a Slaveni vragovi. Trudio sam se da iznesem povijesne događaje što objektivnije.

NACIONAL: U hrvatskoj javnosti vlada mišljenje da Italija svraća pozornost na esule, kako bi poništila fašističke zločine. Što vi mislite?

Neosporno je da su Talijani tijekom fašizma počinili mnoge zločine. U nekim je gradovima talijanska fašistička vlast bila okrutnija čak i od njemačke. Nijemci su na primjer ubijali 10 Slavena za svakog ubijenog Nijemca, a Talijani su ubijali deset Slavena za svaki porušeni telegrafski stup. No sve se to događalo tijekom rata. Osveta se ipak dogodila u miru, bila je pretjerana, i organizirana gotovo na industrijski način. Nakon što su ljudi bili protjerani ili poubijani, bili su spaljeni čak i svi crkveni i općinski arhivi kako bi se izbrisao svaki trag prisutnosti Talijana u tim krajevima. To nije napravilo mjesno hrvatsko stanovništvo iz osvete, nego je bila riječ o organiziranom političkom planu.

NACIONAL: Nije li revizionizam negirati kako su Talijani podržavali fašistički režim?

Prije početka Drugog svjetskog rata Talijani su podržavali Mussolinija i fašistički režim, ali kad je Italija ušla u rat i kad su kola krenula nizbrdo, okrenuli su mu leđa. Uostalom, i Tita su svojedobno obožavali svi jugoslavenski narodi, a zatim se odnos prema tom karizmatičnom vođi promijenio.

NACIONAL: Kako bi se, po vama, moglo riješiti pitanje povijesnih hipoteka u odnosima Hrvata i Talijana?

U Italiji je taj problem zapravo riješen. Na predstavljanje moje knjige u Trstu, na primjer, došli su uglavnom stariji ljudi ogorčeni strahotama koje su davno proživjeli. Mladih nije bilo jer se mladi u Italiji ne bave tim stvarima, a i Talijani koji danas žive u Istri sasvim su zaboravili gorku povijest i prihvatili sadašnjost.

NACIONAL: Mislite li da aktualni talijanski političari nastoje osnažiti utjecaj Italije u Istri i Dalmaciji?

Mislim da Talijani samo žele da im se da pravo da ponovno kupe kuće koje su im jugoslavenske vlasti bile oduzele. Koliko čujem, Nijemci i Austrijanci već sada mogu kupovati kuće u Hrvatskoj, a Talijani ne mogu. Ako je to zaista točno, to nije u redu.

NACIONAL: Jednom ste se susreli čak i s Albertom Speerom, Hitlerovim ministrom industrije i najpoznatijim arhitektom Trećeg Reicha.

Susreli smo se dok sam radio dokumentarac o Drugom svjetskom ratu. Ispričao mi je kako ga je u nacističku politiku uvukao njegov posao arhitekta. Albert Speer je, naime, bio projektirao Goebbelsovu kuću, koja se toliko svidjela Hitleru, da ga je poželio upoznati. Zahvaljujući Speerovoj ideji da njemačke radnike iz tvornica šalje na front, a u tvornicama zaposli zatvorenike, Drugi svjetski rat produljio se za godinu dana. Jednom sam u Berlinu susreo i jednog od poslijeratnih ustaških vođa, Branka Jelića. Pričao mi je da su ustaše bili prognani iz Jugoslavije u sve dijelove svijeta i mislim da je dobro što im se to dogodilo. Njihove mi ideje nisu bile nimalo simpatične ni dobronamjerne. Neprekidno su govorili o osveti i bili su jako nasilni.

NACIONAL: Što mislite o ostavci talijanskog ministra vanjskih poslova Antonia Ruggiera?

Ruggiero je dao ostavku jer je vlada zauzela stavove koji ne odgovaraju poslovnoj politici "Fiata", koncerna čija je stajališta on zastupao i o kojem je ovisio. No smjena ministra vanjskih poslova odraz je događaja u talijanskoj unutrašnjoj politici. Bivši su komunisti u posljednje vrijeme postali veliki pobornici ideje ujedinjene Europe, o kojoj donedavno nisu ništa znali. U javnosti čak prevladava stav da su oni jedini Europejci, što je sasvim netočno. Digla se velika buka oko tog slučaja, a u stvarnosti se neće ništa promijeniti.

NACIONAL: Hoće li doći do velikog zaokreta u talijanskoj vanjskoj politici ako Silvio Berlusconi imenuje Gianfranca Finija za ministra vanjskih poslova?

Gianfranco Fini sigurno neće postati ministar vanjskih poslova. U više je intervjua izjavio da neće prihvatiti tu poziciju jer ne može napustiti mjesto predsjednika svoje stranke. No po mojem bi mišljenju on mogao biti ministar jer ako je tu funkciju mogao obavljati bivši komunist, ne znam zašto na isto mjesto ne bi mogao biti imenovan netko tko nije čak ni pravi bivši fašist.

NACIONAL: Mislite li da će novi ministar vanjskih poslova Italije, ma tko on bio, promijeniti odnos Italije prema Hrvatskoj, osobito glede pitanja vlasništva talijanskih izbjeglica iz Istre i Dalmacije?

Mislim da Italija ne može zaustaviti približavanje Hrvatske Europi jer nemili događaji, koji su se odvijali u Istri prije 50 godina, danas pripadaju povijesti. Nisam primijetio nikakav animozitet sadašnje vlasti prema Hrvatskoj i ne vjerujem da bi se moglo nešto promijeniti.

NACIONAL: Dolazite li u Hrvatsku?

Često odlazim u Istru na ljetovanje, a nekoliko sam puta bio i u Zagrebu.

Pettaco: Bilo je to etničko čišćenje

NACIONAL: Tvrdite da je njihova jedina krivnja bila to što su bili Talijani?

Naravno, bilo je to najobičnije etničko čišćenje. U knjizi donosim i tekst Milovana Đilasa, člana radikalnog krila Titove partije, koji je zapisao: "Tito je poslao Kardelja i mene u Istru. Naredba je glasila: Osloboditi se Talijana! Naređeno, izvršeno!" Tito je želio i Trst, ali ga na kraju ipak nije uspio dobiti.

NACIONAL: Jesu li prognani baš svi Talijani ili samo oni koji su se naselili tijekom Mussolinijeva režima?

Točno je da je mnogo Talijana naseljeno tijekom Mussolinijeve vladavine, ali puno je Talijana tamo živjelo i prije fašističke epohe. Od 35 tisuća stanovnika, koliko ih je 1945. imala Pula, 30 tisuća je pobjeglo. Svi oni sigurno nisu bili fašisti.

NACIONAL: No za vrijeme Jugoslavije, većina je političara tvrdila da su prognani Talijani bili fašisti.

To nije točno. Mnogi su se Talijani, čiji su ostaci pronađeni u fojbama, tijekom rata borili u partizanskim postrojbama. Naravno da je među Talijanima bilo i fašista, osobito 1940., kada je taj režim bio u punoj snazi. U to su se vrijeme Talijani odnosili jako loše prema Slavenima. Zatvarali su škole na hrvatskom i slovenskom, prisiljavali su ih da talijaniziraju prezimena i vršili druge oblike represije. No to ne smatram razlogom i opravdanjem za ubijanje 15 tisuća ljudi, među kojima mnogo žena i djece. Ipak je to pretjerana osveta.


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Created: Saturdayy, December 10, 2000; Last updated: Wednesday, May 04, 2022
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