Giunto a questo punto colla narrazione delle incursioni turchesche, per
rendere evidente la causa della venuta dei
Cici sul
Carso e per istabilire la regione onde trassero, prima di ivi fissarsi, voglio
riferire qui alcuni brani delle storie del Krones e del Dimitz e di due nuovi
lavori del Bidermann.
"La via solita delle invasioni turchesche, dice il Krones nella
sua Storia dell'Austria (vol. III, pag. 308-310), conduceva dalla
Bosnia nell'alta Croazia e, procedendo, a Gottschee, nella Carniola,
nell'Istria, a Gorizia; oppure, lungo la Sava e la Drava, nella
Stiria inferiore e nella Carniola settentrionale, ove i luoghi di
confine Gurkfeld e Rann formavano dei punti di passaggio importanti
e quindi pericolosi. Già Mattia Corvino, che era in mezzo alla
corrente del pericolo, stava in attesa nelle valli dell'altipiano
croato: Lica e Corbavia, territori importanti per un sistema di
difesa, "und siedelte hier türkenflüchtige Südslaven
an"
(1)
i quali, posti sotto il comando del capitano di Segna, (2)
godevano la libertà delle loro credenze religiose [212]
disunite, ove non preferissero divenire Piedavzi (passati al
cattolicismo). (3)
Al principio del secolo XVI c'erano già di questi fuggiaschi
serbi (serbische Flüchtlinge;
lo dice lui però) intorno a Kopreinitz, Bèlavàr, S. Giorgio,
nella Slavonia superiore. Qui si forino il disunito convento di
Marca (pron. Marcia coll'i muta), un punto religioso di riunione di
questi scismatici coloni". (4)
[213] Da Mattia Corvino passiamo a Ferdinando I.
"I Carniolini — i più minacciati, e più volte, da queste
incursioni dei Turchi — pregarono l'arciduca Ferdinando (1520), che
volesse assegnar loro, a scopo di difesa dei confini, il patrimonio
morto dell'ordine cavalleresco di S. Giorgio, dei cavalieri di Rodi
e dell'ordine Teutonico.
Nell'anno 1522 il re Lodovico II lasciò la difesa dei confini
croati a suo cognato Ferdinando coi luoghi più esposti alle
incursioni dei Turchi: Segna, Clissa, Cnin, Scardona, Ostroviza, la
contea di Lica e Corbavia; e la reggenza della Carniola istituì una
società di spionaggio, fino allora trascurato.
Due anni più tardi (1524) Ferdinando conchiuse con Nicolò Zrini
una convenzione, in forza della quale questo magnate scambiava con
Ferdinando, per la difesa dei confini, alcune importanti castella
all'Unna e lungo i monti. (5) "Man siedelt immer
mehr türkische Ueberläufer an".
L'eroico bano Berislavich era morto (1520); a lui successe il
conte della Corbavia Torquato Carlovich; e gli altri magnati, p.e.
gli Zrini, avevano al loro comando delle truppe, e Venezia le prese
frattanto al suo soldo (condotta).
A comandante supremo di questa regione venne posto (1522) il
conte Nicolò Salm; Ferdinando I, già nel 1523, voleva indurre il re
d'Ungheria a consegnare a lui la Croazia-Slavonia. Al posto di Salm
subentrò Nicolò Juriscich Era questo il momento dell'estremo
pericolo, che giunse all'apice tra il 1526-28. Allora al posto dello
Juriscich venne Katzianer, il quale ebbe il comando dei punti più
importanti per la difesa [214]
dei confini tra Varasdino e Kopreinitz. Nel 1530 apparisce egli
quale comandante supremo di campo dei tre paesi austriaci; (6)
e allo sbocco della Zermagna, nel lago presso Novi, apparisce
eziandio una flottiglia sotto l'ammiraglio Girolamo da Zara, al cui
posto però Katzianer volle ben tosto Nicolò Bauber (1532)..
Negli atti delle diete della Carniola e della Stiria ora si
notano sempre più chiaramente gli assegni vieppiù crescenti per la
difesa del confine: un'occupazione principale delle diete.
Erano indispensabili dei sacrifici, la cui grandezza dipendeva
dal pericolo del momento. "Gleiclazeitig treffen wir schoh schon
die Ansiedlung bosnisch — croato — serbischer Türken — flüchtinge
(Uskoken = Entsprungene) in der Metlik (Möttling),
am Karst, in der Umgebung von Sichelburg (Schumberk)
vor Allein um Zengg an."
(7)
Nel 1533 Katzianer scambiò il suo posto col comandante supremo in
Ungheria, Giovanni Püchler. Già dal 1536 crebbe [215]
la fortificazione della difesa dei confini, i quali andavano da
Segna, sopra il dorso dei piccoli Cappella fino all'Unna, poi fino
alla sua confluenza nella Sava, da questa fino al confluente della
Lonja ed alla Ilsva in linea diretta fino alla Drava.
La sconfitta di Katzianer nella spedizione di Esseg (1537) fu da
un lato un gran colpo, ma dall'altro fu utile, perchè si impiegarono
tutti gli sforzi per la difesa. Quest'epoca si annoda
all'insediamento del benemerito Nicolò Juriscich a comandante
supremo nell'Austria inferiore e nel paese vindico, di Erasmo di
Thurn a capitano di Bihacz e a comandante supremo di tutti i luoghi
di confine croati, e di Sigismondo di Weichselberg a capitano di
Zagabria, i quali furono posti al suo fianco (1537).
"Damals kam es zur ersten bleibenden und privilegirten
Niederlassung türkenflüchtiger, nicht unirter Serben, unter ihrem
angestammten Wojvoden im Slavonischen, insbesondere zwischen der
Drau und obern Casma, und so begann alsbald auch der erste feste
Kern der "windisch-steierischen Militärgrenze", oder Warasdiner,
oder Kopreinitzer, wie sie nach den beiden Hauptorten genannt
wurde."
Ferdinando trattenne nelle proprie fortezze, oltre che delle
guarnigioni, anche 300 uomini di cavalleria leggera e altrettanti
Nasadisti come ciurma della flottiglia (Nasadi). Ora si licenziarono
anche i generalmente odiati assoldati spagnuoli (Spanioli). Nel
1539, al posto di Thurn, venne il molto promettente Giovanni
Lenkovich; mentre poco tempo dopo (1540), al posto di comandante
supremo, tenuto fino allora dallo Juriscich, venne Giovanni Unguad."
Ora io devo troncare quest'interessante quadro riassuntivo del
Krones per ritornare di passata al lavoro del Bidermann (Die
Romanen ecc.) e poi occuparmi di due nuovi suoi lavori che illustrano e
completano la questione dell'origine dei
Cici.
Noi abbiamo lasciato il primo lavoro del Bidermann (V.
Parte I), al documento del 1463, nel quale s'incontra per la
prima volta il nome Cirio, applicato alle genti del conte
Giovanni Frangipani guerreggianti nell'Istria, e ai documenti del
1465, 1468, nei quali si accenna ai Vlachi (Morlacchi)
[216] importati da lui sull'isola di Veglia dai possedimenti
della Croazia. Dopo di ciò (a pag. 86) egli soggiunge:
"Sechzig Jahre später (1523) betraten indessen also benannte
Fremdlinge den Boden Istriens nicht als Feinde, sondern als
Flüchtlinge vor den Türken. In dieser Eigenschaft und weil das
Karstgebietdurch Streifzüge ihrer Verfolger ehevor stark verödet
war, erhielten dieselben hier Wohnsitze angewiesen."
Di queste sedi (Huben) sono nominate espressamente: il bosco sul
monte S. Giovanni, Ladschach (Lešče = Lezece?) e S. Canziano. (8)
Il primo di questi luoghi, soggiunge il [217]
Bidermann è per avventura Sant'Ivanaz nella Valdarsa; ma non è detto
con certezza, se desso apparteneva ai luoghi colonizzati di recente.
(9) Le altre due località appartengono alla contea
di Gorizia e Gradisca, e furono poc'anzi popolate con
Cici
che s'erano colà rifugiati dalla Croazia. (10)
Sotto "Croazia" non devesi qui intendere l'odierno regno
di egual nome, ma la "Vecchia Croazia". (11)
"Hier also (soggiunge egli a pag. 87) zwischen dem Meere, der
Unna und dem Verbas Flusse, am Velebit und in den nördlich wie
südlich davon sich erstreckenden Gebirgen, dann auf der
mehrgenannten Insel (cioè, di Veglia) haben wir die Heimat der
Tschitschen zu suchen, wenigstens diejenige, aus [218]
welcher sie nach Istrien übertraten. Veglia war für sie entschieden
nur ein Durchgangspunkt oder vielmehr eine Etappe." (12)
I
Cici adunque, secondo il Bidermann, vennero sul Carso, rimasto
spopolato per le devastazioni dei Turchi, partendo dal paese che
proprio allora cominciò a dirsi "Morlacchia", perchè invaso
da Vlachi o Morlacchi, emigrati dalla Serbia, Bosnia, Erzegovina, in
più riprese però, come abbiamo veduto, fuggitivi dinanzi ai Turchi
che irruppero più volte in quei paesi e li conquistarono. (13)
[219] Quanto alla loro nazionalità, abbiamo già
veduto nella
Parte I, ch'egli li considera un misto di
Rumeni e Slavi; ciò che a tutti deve apparire naturale,
considerata la loro convivenza per più secoli fra Serbi; ma che i
Cici
parlassero ancora il rumeno, quando toccarono il suolo istriano,
risulta non solamente dalle dichiarazioni degli scrittori riferite
nella
Parte I, ma
codest'asserzione riceverà novella e irrefutabile conferma dalla
lingua parlata dagli Uscocchi, insediati contemporaneamente nella
Carniola, i quali sono tutt'uno coi
Cici
del Carso.
Per dimostrare la causa dell'insediamento di questi fuggiaschi
(Uscocchi) nella Carniola, io, come ho già detto nell'Introduzione,
dovrò parlare di due altri lavori del Bidermann; ma per le
generalità mi servirò dell'opera di uno storico moderno della
Carinola, il Dimitz, la quale, in ordine cronologico, precede i
lavori del Bidermann.
Ecco adunque quanto ci racconta il Dimitz nella sua Storia
della Carniola (in ted.) a pag. 106-138 del vol. I, Parte II.
"Nel 1522 i Turchi sono alla Piuca. La domenica delle Palme entrano
nella chiesa di Slavina; passano poi ad Adelsberg, Zirkniz, Reifniz,
Gottschee; si ritirano quindi nella Croazia. Tutto ciò avvenne in
tre giorni.
Nella quaresima del 1523 ritornano nella Carniola; uccidono
migliaia di abitanti, e, nel ritirarsi, conducono molti in
ischiavitù.
Ritornano nella Carniola nel 1528. Da Zirkniz passano a Laas,
Schneeberg, Oblak, Ortenegg, Reifniz, Gottschee, Kostel... e da qui,
lungo i confini, ritornano nella Bosnia, asportando seco alcune
centinaia di prigionieri, (p. 115)
Nel 1529 i Turchi sono di nuovo a Kostel, Gottschee, Reifniz,
Ortenegg, fino alla pianura di Igg. Leone e Cristoforo Frangipani e
il bano conte Carlo di Corbavia vengono contro di essi a Bründ.
D'altra parte Pietro Crussich, capitano di Segna e conte di Clissa,
muove contro di essi presto Otočac (leggi Otociaz coll'i
muta). I Turchi si dirigono su Möttling.
Ai 10 Maggio 1529 Solimano, effettuando la minaccia già fatta a
Ferdinando, irrompe nell'Ungheria, (p. 123).
[220] In 8 anni più di un terzo del paese, compresa
la "Marca Vindica", Möttling, l'Istria, il
Carso, venne devastato dai Turchi e molti vennero fatti
prigionieri.
In queste condizioni gli Stati della Carniola decisero
d'insediare i fuggiaschi dei Turchi, dalla
Bosnia e
Croazia, a Kostel, Pölland, Gerlassav, Ossionitz, e di assegnar
loro dei terreni esenti da gabelle con molte libertà; questi
fuggiaschi dovevano soltanto dare un tributo, se possibile, di
bestiame e di cereali. Si diede loro un valoroso duce (voivoda); e
dovevano esser impiegati quali spioni a difesa dalle incursioni dei
Turchi. Fu questa la prima creazione del distretto dei "Confini
militari" su territorio austriaco.
"Mit dem Jahre 1530 hatte die Einwanderung der Flüchtlinge
begonnen. Bis zum Jahre 1541 hatten bereits 3000 türkische
Slaven (sic!) aus Serbien und Bosnien.
(14) griechischer Religion, den
Gorianz-berg und die Umgegend von Möftling, Sicherberg
und Kostel bevölkert. Von ihnen bekam das Gebirge den Namen
Uskokenberg".
Questi fuggiaschi vennero organizzati militarmente e vennero
posti sotto il comando di capitani i quali ricevevano il loro soldo
dalla Vicedomineria". (p. 138).
Ed ora veniamo ai due nuovi lavori del Bidermann. Il primo
s'intitola: "Zur Ansiedlungs = und Verwaltungs = Geschichte der
Krainer Uskoken im XVI Jahrhunderte".
(15)
I primi Uscocchi (cioè, fuggiaschi, disertori) dic'egli a pag.
130, i quali dalla Bosnia si sottrassero al dominio turco fuggendo
su territorio austriaco, vennero nella Carinola nel Settembre del
1530, oppure nel limitrofo confine vecchio-croato, dal quale ben
presto s'insediarono nelle regioni confinanti e nella Carniola.
L'epoca della loro emigrazione dalla Bosnia, e propriamente da
quella parte di paese che, [221]
dopo la conquista da parte dei Turchi, si nomò "Croazia turca",
si lascia precisare discretamente da certe lettere scritte dal conte
Torquato Carlovich a Katzianer nel 1530. (16)
Costui riferisce al Katzianer, qualmente 50 famiglie di Vlachi
(dunque non di Serbi) siano pronte a disertare dal territorio
turco e venire nella Carniola, ove pregano per lettera di potersi
stabilire colle loro famiglie. (17)
Non molto dopo dev'essere avvenuto il passaggio di questi Vlachi
nella Carniola, perchè ai 14 Settembre 1530 il vice capitano e gli
abitanti di Bihacz diressero a Katzianer uno scritto in favore dei "Valachi
Turcorum", già emigrati dai distretti di Srp, Unniza e Glamoč,
il cui duce (o voivoda) aveva già chiesto a Ferdinando
un'accoglienza benevola. (18)
Nello stesso senso scrisse, sei giorni dopo, a Katzianer il bano
della Croazia dal suo castello di Krupa. Passarono con tutto ciò tre
anni, prima che questi emigrati ricevessero un soggiorno stabile
nella Carniola.
Durante questi tre anni essi dovettero condurre una vita assai
misera, frammisti ai contadini indigeni, dispersi sui luoghi incolti
e per i boschi. Queste sedi instabili si estesero, [222]
dal distretto di Sichelburg, su Möttling,
Tschernembl, Pölland, Kostel, Laas, fin nell'interno
dell'altipiano del Carso, (p. 131).
Perciò Ferdinando, con decreto d. d. 24 Aprile 1532 da Ratisbona,
indirizzato ai Commissarii provinciali della Carniola, nominava dei
comandanti speciali per gli Uscocchi che vivevano nei distretti
sopra nominati, sebbene sembri, che al principio del 1533 la maggior
parte di essi vivesse ancora dispersa sull'altipiano del Carso.
Stanchi della vita randagia, esposti alle molestie sanguinose dei
contadini indigeni, questi fuggiaschi minacciavano, ove non si
assegnassero loro delle terre per potervisi stabilire colle loro
famiglie, di far ritorno nella Bosnia, sotto il dominio turco,
anzichè lasciarsi trasportare su territorio croato, (p. 131) La base
di queste trattative forma il già citato mandato regio d. d. 24
Aprile 1532; nel quale si ordina, che per insediare una "Anzal
Lewt aus Bossen" la quale "hievor herüber zu uns
gefallen, welche auch noch einen anhang und partei in Bossen haben
und bishero sich wol erzaigt und gehalten", e che s'era
rifugiata ai confini della Carniola, sul Carso, attorno Pölland
e Kostel... vengano assegnati dei terreni sterili per
ridurli a coltura... in primo luogo quelli che sono proprietà del
principe, poi anche quelli che sono proprietà di privati e che
dovevano venire espropriati". (19)
Vennero scelte a sedi stabili di questi Uscocchi: Sichelburg,
Möttling, Landstrass e
Pletriach... perchè qui, dicevano essi, potevano "all bey
einander hausen und ihre Freunde} so in Krabaten nit behausst, zu
sich nemben". (p. 133) (20)
[223]
Carlo de Franceschi (op. cit., p. 402) ci fa sapere, che in data
27 Maggio 1533 la cancelleria aulica, in nome di Ferdinando I,
ordinava ai Consiglieri spediti nell'Istria per far cessare le
lagnanze e le questioni insorte fra il capitano Giacomo Durer ed i
sudditi della contea e dare nuova forma all'Urbario, di provvedere
che fossero nella medesima collocati i Bosniaci suddetti, i quali
vengono chiamati
Cici,
(21) ed il cui numero verosimilmente si sarà
aumentato dal 1532 per arrivi di novelli fuggiaschi".
[224] "Non è a dubitarsi, continua egli (p. 403)
che i
Cici
o Morlacchi, in seguito a questo comando, furono in buon
numero accomodati di terreni nella contea...
Ma anche dopo presa Clissa dai Turchi nel 1537, parte degli
Uscocchi, che servirono colà sotto Pietro Crussich, devono essere
stati trasferiti nella contea". (22)
Ciò che
Carlo de Franceschi
supponeva, avvenne realmente, come puossi vedere nel seguito del
lavoro citato del Bidermann (pag. 141, sgg.; 152, sgg.).
Desta per noi speciale interesse la seguente notizia, che nel
1540 venne mossa lagnanza, per mezzo di un ambasciatore regio, alla
Repubblica di Venezia, contro il ribelle Sakman, il quale si trovava
già da lungo tempo "unter den
Tschitschen und
Uskoken", specialmente fra quelli che si trovavano al confine
italiano (o veneto = am Wellischen), e scorrazzava per il
paese. (V. pag. 141)
Dunque, non per semplici deduzioni, ma risulta da documenti, che
questi emigrati della Bosnia, detti in generale "Uscocchi",
ma precisati coll'aggiuntivo di "Valacchi", e che nel 1533
furono insediati sul carso carniolico e istriano, erano anche per il
De Franceschi
Cici
o Morlacchi,
come lo erano gl'insultatori della fantesca di Risano del 1540.
(23).
Ma se le notizie di questo primo lavoro del Bidermann sono
preziose per fissare l'epoca della venuta sul Carso dei Cicio
Uscocchi e per precisare la patria onde vennero e la causa della
loro immigrazione, quelle ch'egli dà nel secondo lavoro dal titolo:
"Zur Geschichte der Uskoken in Krain" (24)
sono interessanti, oltre che per le ragioni addotte, anche per gli
accenni alla nazionalità di questi "fuggiaschi o disertori".
Da questo secondo lavoro (p. 174) sappiamo intanto una novità, e
cioè; che il bano G. Torquato Carlovich e G. Cobascich avevano
ricevuto l'incarico dell'organizzazione di un servizio di
spionaggio, contro le incursioni turchesche, al confine austriaco,
già nel 1523; e noi sappiamo già dal lavoro [225]
dello stesso autore: "Die Romanen" ecc. che nel 1523 i
Cici
erano già stabili in alcune località del Carso.
Quanto al nome con cui si designano questi fuggiaschi dai Turchi,
(p. 175) oltre al comune e già noto "Uskok", c'imbattiamo in
un'altro equivalente, cioè: "Pribeg"
leggi:
Pribegh.
(25)
Nella descrizione del viaggio di Benedetto Curipeschtitz del 1530
(26) si distinguono i Bosniaci romano-cattolici
dagli "Zygen"
(Cici)
o "Marcolosi" (Martolosi). Ma ecco una nuova rivelazione. Gli
amministratori delle possessioni della signoria Erdödy,
Yasstrebarska, fecero ai 9 Ottobre 1530 una solenne protesta contro
l'insediamento degli Uscocchi, fatto da G. Cobascich, nelle
vicinanze del castello Erdödy Lipocz. Essi scrivono fra altro a
Katzianer; (p. 180) "tandem percepimus, quomodo vellet Ioh
Kobazych quosdam prybeg
(fuggiaschi) seu Wlache ad confines castri Lypoch
collocare". (27) Ma qui non è tutto. Nel 1531
vennero nella Carniola dei nuovi Uscocchi (p. 181, 182), i quali
vengono qualificati per "Wolachi de Cettina".
(28)
Nel Luglio del 1531 (Nota 2 p. 184) il pascià della Bosnia si
lagnò col delegato del bano della Croazia, Carlovich, dei sotterfugi
coi quali si cercava d'indurre i "Morlacchi"
(ma che cosa si vuole di più?) sudditi turchi, ad abbandonare il
territorio turco e a rifugiarsi su quello austriaco.
Nello stesso anno vennero insediati dei nuovi Uscocchi a Kostel.
Pölland, Gerlasau e Osinitz. (p. 184)
S'è vera la relazione di Carlo Seifrid di Perizhoff, questi
Uscocchi del 1531 vennero costretti a rimanere "theils am
[226]
Karste, theils bei Pölland und Kostel"; quest'ultimi
ricevettero a capitano Nicolò di Thurn e quelli del Carso "Giacomo
di Raunach (p. 185).
Da uno scritto della metà di Febbraio 1532 appariscono quali
luoghi favorevoli all'introduzione degli Uscocchi, anche Adelsberg e
Prem. (29) Kostel, nella mente di Katzianer,
doveva essere la residenza del capitano o voivoda che si doveva
scegliere per essi. (p. 186)
Non bisogna credere tuttavia, che questi immigrati conduccessero
una vita agiata, tutt'altro. Trovandosi anzi sbalestrati in paese
straniero, privi di tutto, si diedero alle ruberie, e di tratto in
tratto minacciavano di voler far ritorno nella patria primiera; ciò
però venne loro impedito (p. 186) dalle spedizioni fatte nel 1532,
su territorio turco, da Giovanni Püchler e dal bano conte Zriny. I
Turchi d'altro canto cercavano, con lettere di lusinga, d'indurre i
disertori a ritornare in patria; ma essi resistettero a queste
lusinghe e rimasero nella Carniola, (p. 187). Rifiutarono eziandio
l'invito di Gussich, agente dei fratelli Frangipani, (30)
che li avrebbe insediati volentieri nel Vinodol.
Finalmente nel Maggio del 1533 occuparono le sedi loro assegnate
nel distretto di Sichelburg, (p. 187) ove da principio avevano 31
sedi (Huben); ma siccome c'erano ancora dei terreni liberi in cui
allogarli, vennero qui dei nuovi Uscocchi negli anni seguenti. Già
dal 1535 venne per essi impiegata la forma del feudo militare, e
venne esteso un "Privilegio"
col quale si regolavano i loro diritti e doveri di possesso (p.
188).
Nella primavera del 1538 venne nella Carniola una grande schiera
di Uscocchi, per consiglio del voivoda Giorgio, [227]
dal distretto bosniaco di Srp (p. 188). Negli atti di lagno dei
Croati, coi quali questi chiedevano la rifusione delle spese per i
danni commessi dai fuggiaschi, essi vengono detti: Rasciani
Voskoky, Valachi Uzkoky, bribegi (pribeghi) (31).
Gli Uscocchi non si restrinsero alle sedi occupate dai primi
sorvenuti, ma si appropriarono eziandio alcuni territorii di nobili
croati a Podgorje (Pod-Turen?) e infine s'introdussero nella
signoria di Landstrass (p. 188).
Il re Ferdinando si occupò con amore dei nuovi arrivati;
quest'amore era dovuto all'intercessione del comandante supremo
Nicolò Juriscich e del comandante dei confini Erasmo di Thurn.
Nel Dicembre del 1538 il re impartì l'ordine d'insediarli a
Kostel o in altri luoghi in cui potessero essere occupati (p. 189)
Poco tempo prima erano apparsi quali punti favorevoli al loro
insediamento: Pölland nella Carniola e Ledenize nella Croazia.
Posteriori spedizioni dovevano venir fatte verso Modrussa e Ogulin.
Ferdinando, con rescritto (da Linz) d. d. 5 Settembre 1538, diretto
al suo fedele Nicolò Juriscich, rilasciava un privilegio a favore di
alcuni capitani o voivodi serbi (meglio: rasci) che, accompagnati da
molti fuggiaschi, intendevano venire a' suoi servigi. (32)
Nel 1539 avvennero due nuove immigrazioni di Uscocchi; la prima
nel Marzo, la seconda nell'Agosto. Anche l'idea d'insediarli nel "Ducato"
(così chiamavasi il territorio presso Möttling, che apparteneva
al conte Stefano Frangipani) sorse nel Luglio del 1539 (p. 190).
Nell'Agosto del 1539 vennero dei nuovi Uscocchi nella Carniola dalla
Cettina. Gl'indigeni ritenevano, che colà non vi fosse più posto per
nuovi fuggiaschi; ma questi volevano stabilirsi assolutamente nei
dintorni di Möttling; o tutt'al più a Jastravicz (Jasstrebarska).
[228] La Reggenza austriaca costrinse molti ad
andare a Ogulin e a Modrussa (p. 190), ove erano occupati nei lavori
campestri delle possessioni del conte Frangipani. (33)
E qui io abbandono queste preziose notizie, che il Bidermann ci
offre in questi due suoi lavori sull'insediamento degli Uscocchi
nella Carniola, e passo a provare, ch'essi erano nè più nè meno che
Vlachi o
Rumeni, come lo erano i
Cici,
i quali sono tutt'uno con questi Uscocchi della Carniola.
Le notizie storiche che ci dà il Bidermann in questi due ultimi
lavori, sono senza dubbio interessanti per conoscere la causa e
l'epoca dell'insediamento degli Uscocchi nella Carniola, ed io —
come abbiamo veduto — ne trassi profitto; ma quanto alla nazionalità
di essi, quanto alla loro identità coi
Cici,
non una parola trovasi nei due lavori suddetti. Io non avrei alcuna
titubanza a ritenere questi "fuggiaschi dai Turchi" quali
popoli di origine rumena e non serbica, quand'anche non avessi altre
prove, che l'aggiunto di "Vlachi, Valacchi" col quale vengono
designati; ma fra poco vedremo una testimonianza tale della loro
rumenità, che dissiperà ogni dubbio anche nei lettori più scettici.
Lo Czörnig (Ethnogr., II, 161) vorrebbe fare a questo
proposito una strana distinzione. Egli parla in più luoghi degli "Uscocchi"
o "così detti Vlachi", e adopera questa dizione [229]
anche per i fuggiaschi turchi importati nel distretto di
Sichelburg, i quali, secondo lui, ricevettero dei Privilegi dagli
arciduchi austriaci già tra gli anni 1524-1535 (ivi II, 167); ma poi
questi cosidetti Vlachi sono per lui di ceppo linguistico serbo,
mentre a designare i veri
rumeni riserva la forma
"Vallachi" (ivi, II, 161, Nota 3)
Questa distinzione, oltrechè essere strana e cervellotica, viene
distrutta dal fatto, che nei documenti già veduti (e in quelli che
seguiranno) questi fuggiaschi vengono scritti con ambe le forme; ma
se anche cosi non fosse, se anche venissero sempre designati colla
forma "Vlachi", si verrebbe sempre alla conclusione, ch'erano
Rumeni: come ho esaurientemente dimostrato in principio,
trattando del significato delle voci
Vlaco, Morlacco, Uscocco.
La distinzione dello Czörnig però non ha alcun valore anche per
un altro motivo, ed è: egli parla di questi Uscocchi o Vlachi del
distretto di Sichelburg, quali immigrati di nazionalità serba; ma
poi altrove (Ethnogr. I, 69) parla di isole linguistiche
romano-orientali antiche, esistenti nell'Istria e nella Carniola, la
cui popolazione sembra essere stata importata ne' tempi remotissimi,
e allude: alle istriane della Valdarsa, e alle "carnioliche"
di Hrast sopra Möttling e Bojanze a mezzodì di Tshernembl (Cfr.
anche "S. R. I." pag. 211, Nota 1). Siccome questi luoghi
furono colonizzati dagli Uscocchi nella prima metà del secolo XVI,
che, come tosto vedremo, erano
Rumeni, e non Serbi, ne viene, ch'egli non aveva un'idea esatta
dell'origine, vuoi delle colonie
rumene della Valdarsa, vuoi di queste della Carniola; ma che,
come tutti gl'indagatori della sua epoca e della sua scuola,
riteneva si le une che le altre quali avanzi della colonizzazione
romana.
Giova per ultimo notare, ch'egli parla bensì dei
Cici
di passata, (V. Ethnogr., I, 57) ed osserva in nota, che
sull'originaria posizione etnografica di essi verrà detto più tardi
trattando della storia delle popolazioni dell'Istria"; ma da quanto
mi consta, questa parte della sua opera non venne pubblicata.
Nell'opuscolo di suo figlio: Die ethnologischen Verhältnisse
des österr. Küstenlandes
(Trieste, 1875) a pag. 26, sgg. si parla [230] dei
Cici,
Morlacchi, Uscocchi, ma richiamandosi soltanto alle
Notìzie storiche di
Carlo de Franceschi per le varie introduzioni di Morlacchi
nell'Istria, e all'opuscolo dell'Urbas
(Die
Tschitscherei und die Tschitschen) per quest'ultimi; ma
nulla si dice della nazionalità di essi.
Dei
Rumeni di Valdarsa egli tocca brevemente a pag. 23, 24,
seguendo, circa l'origine di essi, le teorie del Miklossich.
Vediamo adunque queste prove non dubbie della rumenità di questi
fuggiaschi (Uscocchi) della Carniola. Esse sono tolte dall'opera
rinomata del
Valvasor; Die Ehre des Herzogthums Crain, (V.
Libr. VI. cap IV, pag. 292)
"Die Uskoken oder Valachen
haben den Namen empfangen von dem Wort "Skok", welches auf
Crainerisch (anche in serbo-croato) einen Sprung bedeutet. — Vennero
dalla Turchia colle mogli e coi figli nella Carniola 146 anni prima.
(34)
"Sie selbst nennet sich in ihrer Sprache
(35) Vlahe oder
Lahe
(36),
gleichwie sie unter den Griechischen Keysern Blachi
genannt wurden als wie man beym Laonico findet (37)
"Die Leute, die Uskoken oder Walachen", — abitano nella Carniola
di mezzo, ed hanno dei grossi villaggi specialmente presso
Freienthurm, Weniz e loro dintorni; ma presso Sichelberg (38)
nei monti del medesimo, delle case isolate con vigne ed orti...
[231] (p. 296): "Dieses Volk redet Walachisch,
welche Sprache von der Krabatischen in etwas, von der Crainerischen
aber noch was mehr unterschieden ist". (39)
A questo proposito della lingua valacca il
Valvasor si richiama
al Lucio (V. il capit. De Vlahis
più volte citato), e continua così:
(p, 296): "Es gedenkt zwar Joh. Lucius die Walachische und
Lateinische Sprache seyen einander sehr ähnlich, und die Walachische
von der Lateinische entsprossen: aber man muss wissen, dass solche
halb Lateinische Sprache nicht unserer
Uskoken, oder in Crain wohnenden Walachen (40),
sondern der Morlachen ihre sey; welche Morlachen man
insgemein auch Walachen nennet. (41) Daher
dieser Bericht des Lucii auf die Sprache der Morlachen gehet
"Denn in der gantzen in Turkey ligenden Walachey redet man also,
wie allhie unsere Uskokische Walachen".
(42) Quest'ultime parole, come le dizioni: "Uscocchi
o Valacchi", "questo popolo parla il valacco", come il resto del
testo, non lasciano dubbio alcuno, che gli Uscocchi insediati nella
Carniola tra il 1530-40, accompagnati non per nulla coll'aggiuntivo
di "Vlachi o Valacchi", erano d'origine rumena e non serba,
se parlavano
[232] questa lingua ancora nel secolo XVII, come la
parlavano i
Cici
del Carso, a detta di Fra Ireneo, ancora al principio del sec.
XVIII.
Lo stesso autore (V. Libr. VII, pag. 482, sgg.) parla
diffusamente della religione e delle cerimonie religiose di questi
Uscocchi o Valacchi della Carniola, cerimonie che sono in tutto
eguali a quelle dei
Rumeni. Poi ritorna sugli Uscocchi di Sichelburg, che ancora
chiama Valacchi, esprimendosi in una maniera piuttosto confusa (V.
Libro XII, cap. 2°, pag. 75 sgg.); e finalmente una terza volta
tratta degli Uscocchi o Segnani (pag. 84 sgg.). Dalle notizie
ch'egli ci offre, e da quelle che potei io desumere da altre fonti,
specialmente dall'opera citata del Kercelich (V. pag. 431, sgg.;
433, sgg,; 448, sgg.; 470, sgg.) resta provato quanto segue:
1° Vi furono diversi insediamenti di Valacchi (Uscocchi
nel senso di transfugae) nella Carniola orientale e
meridionale confinante colla Vecchia Croazia, incominciando
dall'anno 1530 fino al 1540; ma a questi ne susseguirono altri anche
molto più tardi.2° I Valacchi dei primi insediamenti, oltre a parlare il
rumeno, sono per lui scismatici e seguono in tutto e per tutto le
cerimonie religiose dei
Rumeni della vera Valacchia.
3° Siccome anche in Croazia alcuni Vlachi, che in origine
erano di religione greco-disunita, passarono al cattolicismo, ci
pare che di questi ne venissero alcuni a Sichelburg posteriormente.
4° Finalmente gli ultimi a venire devono essere stati gli
Uscocchi di Segna; che in parte si identificano da lui coi primi,
quanto all'origine valacca; ma sono già slavizzati e di religione
romano-cattolica (43). (Cfr. Libro XII, pag.
75-77; e pag. 84-89).
E qui mi aspetto un'obbiezione. Ebbene; accettiamo come provato,
che gli Uscocchi insediati nella Carniola nella [233]
prima metà del secolo XVI, parlassero ancora il rumeno, e quando
v'immigrarono e quando il
Valvasor scrisse la sua nota opera
storica; ma egli parla qui degli Uscocchi e non dei
Cici.
Egli parla dei
Cici
separatamente (V. P. I.) e non si esprime in modo certo sulla lingua
da essi parlata. Sicuro, ciò è tutto vero; ma s'egli non sapeva, che
i
Cici
non sono altro che un nome speciale degli Uscocchi, venuti sul'Carso
nella stessa epoca; s'egli non si occupò dei
Cici
che di passata; noi invece sappiamo, che anche i
Cici
sono Uscocchi, che sì gli uni che gli altri vennero dalla vecchia
Croazia, fuggiti però precedentemente dalla Rascia e Bosnia col nome
di Vlachi o Morlacchi, dunque
Rumeni.
Ed ora ritorniamo per poco a
Carlo de Franceschi, il quale nelle
Note storiche ci offre, senza volere, un contributo per
la rumenità dei
Cici.
Egli dice (a pag. 403) che dopo la presa di Clissa da parte de'
Turchi (1537) alcuni Uscocchi, che servirono colà sotto Pietro
Crussich, devono esser stati trasferiti nella Contea di Pisino.
Quest'asserzione si basa sopra una supplica dei nobili di Pisino
(del 1698) Fabrizio Rapicio cancelliere e Francesco Bagni vicario
della contea, "colla quale chiedevano di venire investiti nel
territorio di Gimino di una parte di quella contrada, che in
antecedenza era stata assegnata a 12 famiglie di Clissani, le quali
a quel tempo in gran parte erano estinte, sicché si riducevano a
sole 3 o 4, povere ed inabili a coltivare tutti quei terreni". Certo
è, che perduta Clissa, gli Uscocchi del Crussich ripararono a Segna
(44) ed altri luoghi austriaci ed è verosimile che
ne furono trapiantati allora anche nel territorio della signoria di
Lupoglavo dei Crussich, cioè, a Semich, Lesischine, Goregnavas e
Dolegnavas, dove i contadini conservano tuttodì il vestito croato o
morlacco.
"Che numerosi fossero più tardi i trasporti di codesta gente
nella Contea, si rileva da una lettera del vicecapitano di Segna
Hans Fuchs (?) a Francesco Barbo, signore di Cosliano (45)
d. d. 19 ottobre 1568, in cui gli si partecipa
"di [234] aver rilevato da persone degne di fede fare i
Turchi pratiche per attirare dall'Istria una quantità di
Cici
(Zitschen) per metterli in Obrovazzo (Dalmazia allora
turca)
e suoi contorni."
(46)
"Raccomanda il vicecapitano al Barbo di stare attento, che per
tal modo non gli sfugga dal nido qualche uccello, e di portar ciò a
cognizione anche del capitano della contea Svetkovitz e di altri
suoi vicini."
Il Barbo, in data 5 novembre 1568, comunicava la lettera
all'amico Mons. Andrea Gentilini, preposito di Pisino in quesi
termini:
"Heri ho rezeuto la presente inclusa letera del sign
vice-Cap di Segna, il quale mi scrive qualmente li turchi fano
praticha di levar li
morlachi d'Istria, et meterli
apreso Obrovaz, qual fabricano, secondo V. S. in essa Letera
intenderà. Credo che molti quali sono soto il dominio Veneto, e
maxime li poveri, si potriano levar, per essere di quelli lochi
stati" ecc. (p. 404).Per comprendere il gergo, "che
qualche uccello (Morlacco)
potrebbegli fuggire dal nido" convien notare, che il Barbo
possedeva la signoria e castello di Ciana sul Carso, abitato da
Cici. (47)
[235]
"Chiamando egli Morlacchi quelli che il Fuchs denomina
Cici,
si scorge essere quest'ultimo nome dato ai Morlacchi,
ossia ai popoli di razza serblica della Bosnia,
dell'Erzegovina, Dalmazia ed Albania, riparatisi in Istria e sul
Carso come fuggiaschi".
(48)
Che poi i Morlacchi ed altri stranieri, venuti a stabilirsi
in Istria, talvolta ritornassero nelle antiche loro patrie
soggette ai Turchi, lo si rileva da varie fonti, ed in
particolare da un passo del Vergottini (1541) ch'egli riferisce
a p. 405. (49)
Ma è senz'altro a ritenersi, che dal 1533 in poi, oltrechè
Uscocchi di Clissa, altri ancora fuggitivi bosniaci venissero a
più riprese trapiantati nelle campagne della contea, arrivando a
formare una numerosa nuova popolazione, perchè nel 1579
l'amministratore della medesima, Antonio Wassermann, in un
rapporto dichiarava "che i Morlacchi pagano quasi la massima
parte della decima della Contea."
Dunque anche il De Franceschi fa i
Cici
eguali ai Morlacchi e li fa provenire dalla Serbia, Bosnia...
soltanto li considera di nazionalità slava e non rumena, come disse
anche altrove.
Quanto si riferisce all'introduzione di nuovi Uscocchi e
Morlacchi nell'Istria nel sec. XVII (50) non fa
più per la mia questione. Questi, secondo me, sebbene di ceppo
originariamente rumeno, per la lunga dimora fatta in Dalmazia e
Croazia, erano già affatto slavizzati, quando furono importati
nell'Istria.
[236] Anche le posteriori immigrazioni di Serbi e
Bosni nella Slavonia e Croazia, in via indiretta, dimostrano la rumenità dei
Cici, perchè
anche questi nuovi emigrati vengono detti Valachi
e non semplicemente Serbi, Le notizie son tolte dalla opera più
volte citata dello Czörnig. (Ethnogr. II, p. 167, sgg.)A)
Gli Uscocchi o i così detti Vlachi (sic!) vennero
anche fra la Drava e la Sava nel Comitato di Požega (Poxega) che da loro si
chiamò
"Piccola Valacchia."
(51)B)
I così detti Vlachi fra l'Unna e la Culpa
(pag. 168). Già nell'anno 1580 l'arciduca Carlo accolse entro ai
confini parecchie famiglie di Morlacchi. (52)
Ancor più importante fu lo stabilirsi di numerosi fuggiaschi,
probabilmente dalla così detta "Piccola Valacchia".
(53)
In questo distretto, fra l'Unna e la Culpa, immigrarono nel 1597
nuovamente 1700 Uscocchi o
Vlachi. (54)
C)
I così detti Vlachi nel generalato di Varasdino (p.
169). Dopo la battaglia di Mohacz (1526) la Slavonia era divenuta
[237] quasi un deserto spopolato
(desertum secundum); poi v'immigrarono nuove genti dalla
Bosnia e Serbia (1572). Rodolfo II rilasciò loro un Privilegio. In
conseguenza di questo vennero nella deserta Slavonia (nel 1600) più
migliaia di famiglie serbe dalla Bosnia e Macedonia. (55)
Nell'esame dell'origine del nome "Cicio"
ci apparirà ancora più chiaramente la relazione che passa fra questi
emigrati Bosno-Serbi, detti Valacchi, e i
Cici;
ora vediamo le prove della rumenità dei
Cici
dagl'immigrati Bosno-Serbi nella Lica e Corbavia.
Le notizie son tolte da una "Brevis et compendiosa duorum
Comitatuum Regni Croatiae, Likae et Corbaviae descriptio" (del
1696 circa), stampata nell'opera dello Sladovich, già citata
p. 32. Siroka Culla... inhabitant locum duodecim Patres
familias Neobaptizati et nonnulli Vallachi schysmatici...
p. 33. Ribnik... armis tractandis habiles 75,
Rascianorum schismaticorum loci 40... E chi siano questi
Rasciani scismatici risulta da quanto segue: [238]
p. 34. Medak est arx vetus ad littora fluminis Likae
exaedificata colonias elegerunt ibi
Vallachi seu Rasciani schismatici ex partibus marittimis illac
appulsi, quorum domus recensentur 70... advolavit huc e
Bosnia civitate Saraievo dicta quidam Episcopus Valachorum
seu Vladika cognomino Athanasius Glubović, relictis ibidem suis
fratribus et cognatis, idem primo collocaverat se in Kottar
plaga spectante ad Venetis, ubi pariter domum suos inter
Vallachos extruxerat.
Ma costui non potè rimanere qui, perchè 1° non aveva il permesso
regio; 2° "quia in partibus Croatiae mari proximis Rasciani
seu Vallachi" hanno già il loro vescovo o vladica...
pag. 34. Raduč
est ad eam partem ubi mons Vellebich eminet... vicinus
decurrit fluvius Raduciza vertens molendina, habitationes
Vallachorum Rascianorum schismate ab unitate Ecclesiastica
avulsorum 50 censentur.
p. 35. Ostrovizza cum
Barleta castella sunt jam prius destructa... per silvas montanas
dividitur Lika a Corbavia, incolunt hanc plagam Vallachorum
seu Rascianorum
patresfamilias 30, bini autem in Barleta ad ejusdem montis pedeni in
editiori loco arx Babaz jacet...
Vallachorum sunt domus 40.
p. 36. Novi in inferiori Lika arx est... dum tenerent
dominatum barbari, 200 capita Vallachorum
habitabant in districtu Novi, modo vero 34 domus sunt Ledenicensium,
noviter babtisatorum 28, isti male certe sunt collocati propter
viciniam
Vallachorum Schismaticorum, qui fluxae fidei mortales meliora
territoria praeripuerunt et occupaverunt, quod et alibi cum gravi
dolore catholicorum passim faciunt. Arma capere possunt ex nostris
Croatis 120 personae, ex neoconversis et aliis schismaticis
Vallachis 500.
p. 36. Parlando di Jablanaz... Confinia patent ad octo
milliaria germanica, coloni sunt (p. 37)
Vallachi ex Kernpot et sancto Georgio.
...p. 37. Ab oriente Kosin
respicit Pazarišće a meridie Jablanaz ab occidente Ottočaz,
sunt in circuitu ternae villae seu pagi, superior est e
Carnioliae confiniis eo translatorum incolarum domus 40; post
hos Vallachorum est medius pagus 100 [239]
capitum, tertius Croatarum 40 sessiones seu fundos tenentium,
dissident hi cum
Vallachis..." (56)
E credo che basti.
Io ritengo pertanto d'aver dimostrato più di quanto ho promesso
nell'Introduzione.
I. Alla questione: Quando i
Cici
vennero sul Carso? s'è visto, che nel 1500 erano già stabiliti
nel territorio di
Trieste. Genti affini ad essi, dette Morlacchi,
s'erano insediate, qualche anno prima, anche in certe località
deserte dell'Istria.Nel 1523 i
Cici
appariscono già stabili in certi luoghi del Carso. Non si tratta
però di una singola immigrazione, ma di varie, avvenute e prima e
dopo il 1523. Non è improbabile, anzi è quasi certo, che le varie
immigrazioni dei
Cici
sul Carso in masse maggiori combinino con quelle degli Uscocchi
nella Carniola (1530-1540). Questi immigrati non sempre portano il
nome di
Cici,
ma talvolta quello di Morlacchi. Anche questi sono d'origine rumena;
ma bisogna distinguere fra questi Cicio-Uscocchi-Morlacchi della
prima metà del secolo XVI, e i Morlacchi e gli Uscocchi del sec.
XVII e del principio del XVIII. Questi, sebbene fossero della stessa
origine, non parlavano più il rumeno, o almeno non l'usavano più
quale lingua d'affari, quando vennero importati nell'Istria;
[240] usavano invece la lingua serbo-croata, appresa già in
parte nella Serbia, Bosnia, Erzegovina, e poi nella Dalmazia, ove
rimasero fra slavi per più secoli.
Il. Donde vennero i
Cici?
— Dalla Serbia, (o meglio dalla Rascia, ch'è la parte S-E della
Serbia); dalla Bosnia ed Erzegovina, ove c'erano già da varii
secoli, passarono nella vecchia Croazia o Croazia turca; alcuni
rimasero colà e diedero il nome alla Morlacchia e al Canale della
Morlacca; altri furono insediati sul Carso — rimasto deserto per le
incursioni dei Turchi — sul Carso istriano col nome di
Cici,
del qual nome si vedrà fra breve il significato; sul Carso
carniolino col nome generale di Uscocchi, che dice: fuggiaschi,
disertori.
Chi sono i
Cici?
— I
Cici sono senza dubbio di ceppo rumeno.
Quali sono le prove della loro rumenità?
— Eccole:
a)
la dichiarazione del Nicoletti (1536?-1596) che descrivendo i
Giapidi o Carsi, ci dà tutti i caratteri che si attagliano ai
Cici,
e dice che "confondono colle schiave molte parole romane; ma
traviate dalla vera pronuncia".b) quella del Tommasini (1595-1654); "I Morlacchi
che sono sul Carso hanno una lingua da per sè,
la quale in molti vocaboli è simile alla latina".
c)
di Fra Ireneo (1627-1713): I
Cici
diconsi nel proprio linguaggio
Rumèri e usano un linguaggio "proprio e particolare consimile
al Valacco".
d)
del
Valvasor (1641-1693):
I
Cici usano una lingua speciale, diversa dagli altri Carsolini.
e) dello stesso, a proposito degli
Uscocchi della Carniola, che, secondo lui,
parlavano il valacco e si dicevano Vlachi. E gli Uscocchi della
Carniola vennero dalle stesse regioni dei
Cici
e nella stessa epoca, anzi sono tutt'uno coi
Cici.
f) l'aggiuntivo di Vlachi o Valacchi col quale si
accompagnano questi fuggiaschi o disertori Se non
fossero stati
Rumeni, non c'era bisogno di quell'aggiunta; ma bastava
chiamarli
[241] semplicemente: Serbi, Rasci, Bosni... Talvolta
vengono detti anche Morlacchi; denominazione che s'identificava
nel M. E. con quella di Vlachi =
Rumeni
g) la frase dei Vlachi (Uscocchi) di Ogulino del
1540:
"questo vi diciamo noi tutti
Rumeni (vlaški).
h)
il contributo di
Carlo de Franceschi (Vedi infra)
che qualifica, in più luoghi della sua opera, questi fuggiaschi dei
Turchi, riparatisi sul Carso, quali Morlacchi sinonimi di
Cici,
quantunque li ritenga di ceppo serbo.
l)
le posteriori immigrazioni di Serbi, Bosni... nella Croazia e
Slavonia, i quali vengono detti
Vlachi, Vallachi, Rasciani o Valacchi.
m)
I lettori si ricorderanno, che l'Urbas (V.
Parte I)
dichiarò, 1° che i
Cici celebrano nei loro canti popolari l'eroe Mattia Corvino, al
quale vengono attribuite delle azioni guerresche fatte da suo padre
Giovanni (Sibignanin Janko); 20 Marco Craglievich, un eroe serbo; 30
infine che molti canti popolari jugoslavi sono comuni anche ai
Cici.
Ebbene, ove appresero i
Cici
a celebrare nei loro canti popolari Mattia Corvino, oriundo
Transilvano, se essi originariamente non erano
Rumeni?
Fin qui ci stiamo, diran taluni; ma come c'entra poi nei loro
canti Marco Craglievich? — Questa circostanza viene spiegata dal
fatto, che i
Cici,
sebbene oriundi
Rumeni, immigrarono dapprima nella Serbia e Bosnia, ove
appresero i canti popolari di quella nazione; e finalmente, quanto
agli altri canti popolari jugoslavi, i
Cici
li possono avere appresi dagli Slavi che li circondano, avendo
appreso da loro anche la lingua, che oggidì parlano, non conservando
più di rumeno che l'origine e la fisionomia.
n)
I caratteri fisionomici, la foggia del vestire, il modo di
vivere,... li distinguono dagli Slavi in generale; il tipo
fisionomico dei veri
Cici
(non di quelli che così addimandansi, soltanto perchè abitano quella
parte del Carso, che dicesi
Ciceria in senso lato e perchè vendono il carbone come i
Cici
veri,) li annoda ai
Rumeni della Transilvania; la foggia del vestire istessamente,
seppure non si voglia trovare una somiglianza con
[242] quella dei Morlacchi che sono anche di origine rumena;
il modo di vivere finalmente ricorda quello dei
Rumeni della Transilvania, come risulta dalla seguente notizia.Il signor Alberto Rosenfeld, ancora vivente a
Trieste, e che
stette più anni nella Transilvania, mi assicurò, che non appena
giunto qui, restò non poco sorpreso nel vedere i nostri
Cici.
Secondo lui, essi vestono alla foggia di certi contadini
rumeni della Transilvania, specie dei dintorni di Hermannstadt,
di Clausemburgo, di Biestritz.
Questi contadini parlano il rumeno, vestono alla foggia dei
nostri
Cici,
si occupano del taglio delle legna che portano in città; fanno
lavorare le campagne dalle donne, che tengono quali schiave —
proprio come i nostri
Cici
— sono appassionati bevitori di acquavite (è notorio, che i nostri
Cici
sono famosi beoni) mangiano polenta (mamaliga), e quando sono sazi,
non pensano punto al lavoro, ma sono amanti dell'ozio e passano il
tempo fumando la pipa.
Ma dunque, osserverà taluno, tutti questi emigrati dalla Rascia,
Bosnia... sono Vlachi o
Rumeni, o non emigrarono eziandio con essi dei veri Serbi? — Ho
già detto e lo ripeto: E più che naturale, che insieme coi Vlachi,
Morlacchi, esulassero da quelle contrade, in conseguenza della
conquista turca, anche dei veri Serbi; ma, da quanto sono venuto
esponendo nel corso del lavoro, risulta che la gran maggioranza dei
fuggiaschi era composta di Vlachi. E non soltanto i fatti esposti
m'inducono ad abbracciare quest'opinione, non soltanto l'aggiuntivo
di Vlachi, Valacchi, Rasciani o Valachi, Rasciani Uscocchi,
Valacchi Uscocchi,
ma la circostanza che, per quanto dure fossero state le condizioni
d'esistenza nella Serbia, Bosnia, Erzegovina... dopo la conquista
fattane dai Turchi, era tuttavia assai difficile, che i forti
possidenti e gli agricoltori liberi abbandonassero in massa i
proprii averi per avventurarsi in paesi stranieri, in balia della
fortuna; mentre i Vlachi erano semplici pastori, probabilmente senza
possesso stabile, all'infuori delle loro mandre, cui potevano
condurre con se senza gravi difficoltà, e così anche fecero nei
secoli XII-XIV, allorquando, non la conquista turca, sì bene
[243] il bisogno di nuovi pascoli per l'abbondante loro
bestiame, li costrinse ad emigrare nella Dalmazia e Croazia. Questi
emigrati però del principio del secolo XVI non vennero sul Carso
istriano, croato e carniolico, in cerca di pascoli, ma trovandosi
nella "Vecchia Croazia" quali recenti fuorusciti, ed essendo
per natura robusti, intrepidi, e per la necessità degli eventi fieri
ed eccellenti soldati, vennero insediati nei luoghi rimasti deserti
per le incursioni turchesche, sia per ripopolarli, sia per difendere
i minacciati confini.
Gli antenati dei
Cici
erano i Vlachi o
Rumeni, domiciliatisi nella Serbia ancora nei secoli XII-XlV.
Abitarono dessi qui per più secoli, quali pastori specialmente;
dalla Serbia passarono eziandio nella Bosnia e nell'Erzegovina.
Alcuni di questi Vlachi esularono spontaneamente, in cerca di
pastura per le loro greggi, nella Dalmazia e nella Croazia; e,
spingendosi sempre più innanzi, giunsero nella Valdarsa, ove
sostarono: sono questi i progenitori dei
Rumeni di Valdarsa. Alcuni invece rimasero nei paesi citati di
sopra; e, in buona parte già slavizzati, ma parlanti ancora il
rumeno, se ne fuggirono, alla fine del secolo XV, dinanzi al Turco
conquistatore e si domiciliarono provvisoriamente nella Croazia.
Questi sono i Cicio-Uscocchi, che al principio del secolo XVI
furono importati sul Carso istriano e nella Carniola inferiore,
specialmente attorno a Sichelberg, per ripopolare quelle regioni
ch'erano rimaste spopolate in conseguenza delle incursioni e
devastazioni dei Turchi.
Di origine certamente rumena, come ne fa fede la lingua parlata
da essi nei secoli scorsi, ma abitando fra Slavi ed essendo venuti
fra noi già in parte slavizzati, poterono col tempo dimenticare la
lingua materna. E chi oggidì ricorda ai
Cici
questa nobile origine, si sente rispondere: "Tu sei un pazzo; noi
siamo Croati". Habent sua fata anche le nazioni e le lingue
da esse parlate!
APPENDICE.
Sull'origine del nome "Cicio".
Fu già notato più e più volte nel corso del presente lavoro, che
il nome generico col quale si designavano questi fuggiaschi o
disertori dei Turchi era "Uskoki", "Pribeghi", che quasi
sempre però viene accompagnato dall'aggettivo "Vlachi" o "Valachi",
e che li si fanno emigrare dalla Serbia (Rascia) e Bosnia, ove
appunto vivevano, frammisti a Serbi, i Vlachi o
Rumeni.
S'io avessi potuto avere fra le mani qualche fonte contemporanea
di quei paesi, è probabile che mi sarei imbattuto in qualche
accenno, sia pure fuggevole, della causa di questo strano nome "Cicio",
col quale vengono designati soltanto i fuggiaschi domiciliatisi
sul nostro Carso, laddove quelli che si stabilirono sul Carso
carniolico mantennero il nome di "Uscocchi", o "Vlachi".
Converrà adunque, che ce ne rendiamo conto per via di logiche
deduzioni.
In primo luogo si osservi, che il primo documento a noi noto, nel
quale ricorre questo nome è del 1463; ed è usato da un prete di
Lindaro, che scrive in croato, usando la forma "Čič"
che è il genitivo plurale di "čiča"
(che nella lingua serba significa
zio).
Con questo nome il prete di Lindaro designa alcuni delle genti
del conte Giovanni Frangipani, (signore dell'isola di Veglia)
rimasti morti sul campo in quell'anno, nella battaglia avvenuta
nella contea di Pisino, fra le genti del Frangipani e quelli della
contea di Pisino. Questi
Cici
non erano indigeni dell'isola di Veglia; ma o erano assoldati nella
terraferma, nei possedimenti de' suoi fratelli, ove c'erano già dei
Vlachi o Morlacchi, immigrati dalla Serbia e Bosnia già nei sec.
XIV, o erano quegli stessi Vlachi o Morlacchi, cui il conte aveva
importati sull'isola, ma dalla stessa terraferma, proprio in quel
torno di tempo (V
infra).
Si tenga ancora presente, che gli
Uscocchi-Vlachi vennero dalla Serbia e Bosnia nella Croazia, e
da qui furono importati
[245] nella Carniola; i Cicio-Uscocchi vennero
dalle stesse regioni sul nostro Carso; sono dunque tutt'uno.
Nella "Descrizione del castello di Lupoglavo, del 1523
questi emigrati dalla Croazia vengono detti in tedesco Tschizen,
Tschitzen; in un documento tedesco del 1533 Zitschen; in
un altro tedesco del 1536 die Ziegen; nei documenti latini di
Trieste, dopo il 1500, Chichius, Chichi,
una volta abbiamo
Chichius de Segna.
Il
Valvasor scrive Tschitschen, Tschitscher, volgarmente
detti Zische; oggidì gl'Istriani li dicono
Cici; i Tedeschi Tschitschen, che corrisponde alla
pronunzia aspra slovena Čičen (Tcitcen),
mentre i Croati li scrivono Ćići (= Dcidci).
Opinioni:
- Tutti i nostri scrittori, come abbiamo veduto, fanno
provenir loro questo nome dall'uso frequente nel discorso delle
sillaba ci, ce; ma nessuno ne adduce le prove; nè io potei
constatare ciò
de proprio auditu.
- L'Urbas arrischia l'ipotesi provenga da
Zinzar, colla perdita della n; ma gli si può subito
obbiettare, che così si chiamano i Macedo-Valacchi, perchè
pronunziano tsints invece di cinci (che vale 5), i
quali Kutzo-Vlachi nulla hanno a che fare coi
Cici.
- Il Dr. Tomasin accenna vagamente allo voce rumena ţiţa
(pron. ziza colle z aspre) che, fra altro, vale
"berrettina rossa".
Vista la parentela fra
Cici e Morlacchi e visto l'uso di questi ultimi di portare
sul capo una berrettina rossa, potrebbe passare anche questa
derivazione: popoli che portano una berrettina rossa"; ma
l'ipotesi non è suffragata da prove.
- Cominciando dai lavori del 1863 (V.
Parte I)
fa capolino una nuova derivazione, che variamente enunciata, si
riduce però sempre alla seguente: I
Cici, incontrandosi, si salutano a vicenda dandosi del
"cicia", zio (barba in veneziano) o secondo altri
cugino. Quest'uso fu notato dai viaggiatori anche presso
altri popoli; sicchè, già per questo motivo, V opinione
si raccomanda all'attenzione dell'indagatore.
Quanto ai
Cici
essa è, non solo accettabile, ma è la realmente vera. [246]
Prove:
Già il Bidermann (Die
Romanen ecc. p. 79) osservò, che il contadino della Slavonia inferiore
(Sirmio) chiama "cicia" il suo simile nell'incontrarsi. E
notorio e provato, che nella Slavonia s'ebbero varie immigrazioni di
Serbi e Valacchi (sec. XV - XVII), onde ad una parte di essa
provenne il nome di "Piccola Valacchia". Ora il vecchio
ex-direttore della locale scuola serba, che visse tant'anni a
Trieste, mi assicurò che ancora oggidì nella Serbia, quando un più
giovane s'incontra in un più anziano, gli dà del "cicia" (p.
e. Čiča Peter = zio Pietro = barba Piero
alla veneziana) uso che vige anche nel Sirmio e nel Banato. Ma se i
Cici
vennero nella Croazia dalla Serbia e Bosnia, resta provato, che
vennero qui così chiamati dall'uso che avevavo di darsi del "barba"
(cicia), e
Cici
corrisponde quindi alla dizione: "genti che si danno del
cicia".
Una sola cosa resta ancora da spiegarsi, ed è: perchè gli altri
fuggiaschi della Serbia e Bosnia furon detti Uskoki, Vlachi,
Morlacchi, e soltanto questi del nostro Carso si dissero
Cici
? — Una ragione certa io non la conosco; non mi pare però d'esser
lontano dal vero asserendo, che appunto perchè avevano diversi nomi,
ogni paese in cui emigrarono prese quel nome che più gli piacque; e
chi li disse in generale Uscocchi (fuggiaschi, disertori) chi li
designò con Vlachi o Morlacchi, perchè
Rumeni di nazionalità, e chi li disse
Cici
dall'uso di salutarsi così; e gl'Istriani li conobbero con
quest'ultimo, che probabilmente venne loro dato già nella Serbia, o
almeno nella Croazia; perchè così chiama il prete di Lindaro, nel
1463, le genti al soldo di Giovanni Frangipani, signore dell'isola
di Veglia, che aveva qui importato dei Vlachi o Morlacchi dai
possedimenti che la famiglia teneva nella Croazia; perchè così li
chiamano i Triestini subito dopo il 1500. Di maniera che anche
l'origine del nome ci conduce alle regioni onde trassero, prima
d'insediarsi sul Carso, e cioè; alla Serbia, Bosnia, Erzegovina, dai
quali paesi fuggirono dinanzi alle orde turchesche fissando una sede
precaria nella Corbavia, e specialmente nella Lica, su ambi i
versanti del Velebit, che da essi prese il nome di Morlacchia.
[247] Ancora una breve osservazione e poi fo punto.
Quasi tutti gli scrittori citati nella
Parte I, dopo il 1863, fanno derivare anche il nome Cicio
dalla voce cicia,
che dicono significare tanto cugino che zio; ma fanno
provenire questa voce dalla lingua rumena. Ciò non è esatto. Nella
lingua rumena cugino si dice ver, e zio unchiu. Invece
nella lingua serba čiča significa zio;
nella lingua croata čič vale zio paterno, e čiča o čiko
dicono cugino. Dunque anche il nome che portano questi fin
qui strani e tardi immigrati del Carso è di origine serbo-croata;
dunque anche il loro nome accenna alla patria secondaria onde
trassero.
FINE