Sull'origine dei Cici
Contributo al etnografia dell'Istria

di Giuseppe Vassilich

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[Tratto da: "Sull'origine dei Cici" (Parte III), in Archeografo triestino, Raccolta di Memorie, Notizie, Documenti, Particolarmente per servire alla storia della Regione Giulia. Editrice La Società di Minerva, Stabilimento Artistico Tipografico G. Caprin (Trieste 1905), pag. 209-247.]


Parte III.

Giunto a questo punto colla narrazione delle incursioni turchesche, per rendere evidente la causa della venuta dei Cici sul Carso e per istabilire la regione onde trassero, prima di ivi fissarsi, voglio riferire qui alcuni brani delle storie del Krones e del Dimitz e di due nuovi lavori del Bidermann.

"La via solita delle invasioni turchesche, dice il Krones nella sua Storia dell'Austria (vol. III, pag. 308-310), conduceva dalla Bosnia nell'alta Croazia e, procedendo, a Gottschee, nella Carniola, nell'Istria, a Gorizia; oppure, lungo la Sava e la Drava, nella Stiria inferiore e nella Carniola settentrionale, ove i luoghi di confine Gurkfeld e Rann formavano dei punti di passaggio importanti e quindi pericolosi. Già Mattia Corvino, che era in mezzo alla corrente del pericolo, stava in attesa nelle valli dell'altipiano croato: Lica e Corbavia, territori importanti per un sistema di difesa, "und siedelte hier türkenflüchtige Südslaven an" (1) i quali, posti sotto il comando del capitano di Segna, (2) godevano la libertà delle loro credenze religiose [212] disunite, ove non preferissero divenire Piedavzi (passati al cattolicismo). (3)

Al principio del secolo XVI c'erano già di questi fuggiaschi serbi (serbische Flüchtlinge; lo dice lui però) intorno a Kopreinitz, Bèlavàr, S. Giorgio, nella Slavonia superiore. Qui si forino il disunito convento di Marca (pron. Marcia coll'i muta), un punto religioso di riunione di questi scismatici coloni". (4)

[213] Da Mattia Corvino passiamo a Ferdinando I.

"I Carniolini — i più minacciati, e più volte, da queste incursioni dei Turchi — pregarono l'arciduca Ferdinando (1520), che volesse assegnar loro, a scopo di difesa dei confini, il patrimonio morto dell'ordine cavalleresco di S. Giorgio, dei cavalieri di Rodi e dell'ordine Teutonico.

Nell'anno 1522 il re Lodovico II lasciò la difesa dei confini croati a suo cognato Ferdinando coi luoghi più esposti alle incursioni dei Turchi: Segna, Clissa, Cnin, Scardona, Ostroviza, la contea di Lica e Corbavia; e la reggenza della Carniola istituì una società di spionaggio, fino allora trascurato.

Due anni più tardi (1524) Ferdinando conchiuse con Nicolò Zrini una convenzione, in forza della quale questo magnate scambiava con Ferdinando, per la difesa dei confini, alcune importanti castella all'Unna e lungo i monti. (5) "Man siedelt immer mehr türkische Ueberläufer an".

L'eroico bano Berislavich era morto (1520); a lui successe il conte della Corbavia Torquato Carlovich; e gli altri magnati, p.e. gli Zrini, avevano al loro comando delle truppe, e Venezia le prese frattanto al suo soldo (condotta).

A comandante supremo di questa regione venne posto (1522) il conte Nicolò Salm; Ferdinando I, già nel 1523, voleva indurre il re d'Ungheria a consegnare a lui la Croazia-Slavonia. Al posto di Salm subentrò Nicolò Juriscich Era questo il momento dell'estremo pericolo, che giunse all'apice tra il 1526-28. Allora al posto dello Juriscich venne Katzianer, il quale ebbe il comando dei punti più importanti per la difesa [214] dei confini tra Varasdino e Kopreinitz. Nel 1530 apparisce egli quale comandante supremo di campo dei tre paesi austriaci; (6) e allo sbocco della Zermagna, nel lago presso Novi, apparisce eziandio una flottiglia sotto l'ammiraglio Girolamo da Zara, al cui posto però Katzianer volle ben tosto Nicolò Bauber (1532)..

Negli atti delle diete della Carniola e della Stiria ora si notano sempre più chiaramente gli assegni vieppiù crescenti per la difesa del confine: un'occupazione principale delle diete.

Erano indispensabili dei sacrifici, la cui grandezza dipendeva dal pericolo del momento. "Gleiclazeitig treffen wir schoh schon die Ansiedlung bosnisch — croato — serbischer Türken — flüchtinge (Uskoken = Entsprungene) in der Metlik (Möttling), am Karst, in der Umgebung von Sichelburg (Schumberk) vor Allein um Zengg an." (7)

Nel 1533 Katzianer scambiò il suo posto col comandante supremo in Ungheria, Giovanni Püchler. Già dal 1536 crebbe [215] la fortificazione della difesa dei confini, i quali andavano da Segna, sopra il dorso dei piccoli Cappella fino all'Unna, poi fino alla sua confluenza nella Sava, da questa fino al confluente della Lonja ed alla Ilsva in linea diretta fino alla Drava.

La sconfitta di Katzianer nella spedizione di Esseg (1537) fu da un lato un gran colpo, ma dall'altro fu utile, perchè si impiegarono tutti gli sforzi per la difesa. Quest'epoca si annoda all'insediamento del benemerito Nicolò Juriscich a comandante supremo nell'Austria inferiore e nel paese vindico, di Erasmo di Thurn a capitano di Bihacz e a comandante supremo di tutti i luoghi di confine croati, e di Sigismondo di Weichselberg a capitano di Zagabria, i quali furono posti al suo fianco (1537).

"Damals kam es zur ersten bleibenden und privilegirten Niederlassung türkenflüchtiger, nicht unirter Serben, unter ihrem angestammten Wojvoden im Slavonischen, insbesondere zwischen der Drau und obern Casma, und so begann alsbald auch der erste feste Kern der "windisch-steierischen Militärgrenze", oder Warasdiner, oder Kopreinitzer, wie sie nach den beiden Hauptorten genannt wurde."

Ferdinando trattenne nelle proprie fortezze, oltre che delle guarnigioni, anche 300 uomini di cavalleria leggera e altrettanti Nasadisti come ciurma della flottiglia (Nasadi). Ora si licenziarono anche i generalmente odiati assoldati spagnuoli (Spanioli). Nel 1539, al posto di Thurn, venne il molto promettente Giovanni Lenkovich; mentre poco tempo dopo (1540), al posto di comandante supremo, tenuto fino allora dallo Juriscich, venne Giovanni Unguad."

Ora io devo troncare quest'interessante quadro riassuntivo del Krones per ritornare di passata al lavoro del Bidermann (Die Romanen ecc.) e poi occuparmi di due nuovi suoi lavori che illustrano e completano la questione dell'origine dei Cici.

Noi abbiamo lasciato il primo lavoro del Bidermann (V. Parte I), al documento del 1463, nel quale s'incontra per la prima volta il nome Cirio, applicato alle genti del conte Giovanni Frangipani guerreggianti nell'Istria, e ai documenti del 1465, 1468, nei quali si accenna ai Vlachi (Morlacchi) [216] importati da lui sull'isola di Veglia dai possedimenti della Croazia. Dopo di ciò (a pag. 86) egli soggiunge:

"Sechzig Jahre später (1523) betraten indessen also benannte Fremdlinge den Boden Istriens nicht als Feinde, sondern als Flüchtlinge vor den Türken. In dieser Eigenschaft und weil das Karstgebietdurch Streifzüge ihrer Verfolger ehevor stark verödet war, erhielten dieselben hier Wohnsitze angewiesen."

Di queste sedi (Huben) sono nominate espressamente: il bosco sul monte S. Giovanni, Ladschach (Lešče = Lezece?) e S. Canziano. (8) Il primo di questi luoghi, soggiunge il [217] Bidermann è per avventura Sant'Ivanaz nella Valdarsa; ma non è detto con certezza, se desso apparteneva ai luoghi colonizzati di recente. (9) Le altre due località appartengono alla contea di Gorizia e Gradisca, e furono poc'anzi popolate con Cici che s'erano colà rifugiati dalla Croazia. (10)

Sotto "Croazia" non devesi qui intendere l'odierno regno di egual nome, ma la "Vecchia Croazia". (11)

"Hier also (soggiunge egli a pag. 87) zwischen dem Meere, der Unna und dem Verbas Flusse, am Velebit und in den nördlich wie südlich davon sich erstreckenden Gebirgen, dann auf der mehrgenannten Insel (cioè, di Veglia) haben wir die Heimat der Tschitschen zu suchen, wenigstens diejenige, aus [218] welcher sie nach Istrien übertraten. Veglia war für sie entschieden nur ein Durchgangspunkt oder vielmehr eine Etappe." (12)

I Cici adunque, secondo il Bidermann, vennero sul Carso, rimasto spopolato per le devastazioni dei Turchi, partendo dal paese che proprio allora cominciò a dirsi "Morlacchia", perchè invaso da Vlachi o Morlacchi, emigrati dalla Serbia, Bosnia, Erzegovina, in più riprese però, come abbiamo veduto, fuggitivi dinanzi ai Turchi che irruppero più volte in quei paesi e li conquistarono. (13)

[219] Quanto alla loro nazionalità, abbiamo già veduto nella Parte I, ch'egli li considera un misto di Rumeni e Slavi; ciò che a tutti deve apparire naturale, considerata la loro convivenza per più secoli fra Serbi; ma che i Cici parlassero ancora il rumeno, quando toccarono il suolo istriano, risulta non solamente dalle dichiarazioni degli scrittori riferite nella Parte I, ma codest'asserzione riceverà novella e irrefutabile conferma dalla lingua parlata dagli Uscocchi, insediati contemporaneamente nella Carniola, i quali sono tutt'uno coi Cici del Carso.


Per dimostrare la causa dell'insediamento di questi fuggiaschi (Uscocchi) nella Carniola, io, come ho già detto nell'Introduzione, dovrò parlare di due altri lavori del Bidermann; ma per le generalità mi servirò dell'opera di uno storico moderno della Carinola, il Dimitz, la quale, in ordine cronologico, precede i lavori del Bidermann.

Ecco adunque quanto ci racconta il Dimitz nella sua Storia della Carniola (in ted.) a pag. 106-138 del vol. I, Parte II. "Nel 1522 i Turchi sono alla Piuca. La domenica delle Palme entrano nella chiesa di Slavina; passano poi ad Adelsberg, Zirkniz, Reifniz, Gottschee; si ritirano quindi nella Croazia. Tutto ciò avvenne in tre giorni.

Nella quaresima del 1523 ritornano nella Carniola; uccidono migliaia di abitanti, e, nel ritirarsi, conducono molti in ischiavitù.

Ritornano nella Carniola nel 1528. Da Zirkniz passano a Laas, Schneeberg, Oblak, Ortenegg, Reifniz, Gottschee, Kostel... e da qui, lungo i confini, ritornano nella Bosnia, asportando seco alcune centinaia di prigionieri, (p. 115)

Nel 1529 i Turchi sono di nuovo a Kostel, Gottschee, Reifniz, Ortenegg, fino alla pianura di Igg. Leone e Cristoforo Frangipani e il bano conte Carlo di Corbavia vengono contro di essi a Bründ. D'altra parte Pietro Crussich, capitano di Segna e conte di Clissa, muove contro di essi presto Otočac (leggi Otociaz coll'i muta). I Turchi si dirigono su Möttling.

Ai 10 Maggio 1529 Solimano, effettuando la minaccia già fatta a Ferdinando, irrompe nell'Ungheria, (p. 123).

[220] In 8 anni più di un terzo del paese, compresa la "Marca Vindica", Möttling, l'Istria, il Carso, venne devastato dai Turchi e molti vennero fatti prigionieri.

In queste condizioni gli Stati della Carniola decisero d'insediare i fuggiaschi dei Turchi, dalla Bosnia e Croazia, a Kostel, Pölland, Gerlassav, Ossionitz, e di assegnar loro dei terreni esenti da gabelle con molte libertà; questi fuggiaschi dovevano soltanto dare un tributo, se possibile, di bestiame e di cereali. Si diede loro un valoroso duce (voivoda); e dovevano esser impiegati quali spioni a difesa dalle incursioni dei Turchi. Fu questa la prima creazione del distretto dei "Confini militari" su territorio austriaco.

"Mit dem Jahre 1530 hatte die Einwanderung der Flüchtlinge begonnen. Bis zum Jahre 1541 hatten bereits 3000 türkische Slaven (sic!) aus Serbien und Bosnien. (14) griechischer Religion, den Gorianz-berg und die Umgegend von Möftling, Sicherberg und Kostel bevölkert. Von ihnen bekam das Gebirge den Namen Uskokenberg".

Questi fuggiaschi vennero organizzati militarmente e vennero posti sotto il comando di capitani i quali ricevevano il loro soldo dalla Vicedomineria". (p. 138).

Ed ora veniamo ai due nuovi lavori del Bidermann. Il primo s'intitola: "Zur Ansiedlungs = und Verwaltungs = Geschichte der Krainer Uskoken im XVI Jahrhunderte". (15)

I primi Uscocchi (cioè, fuggiaschi, disertori) dic'egli a pag. 130, i quali dalla Bosnia si sottrassero al dominio turco fuggendo su territorio austriaco, vennero nella Carinola nel Settembre del 1530, oppure nel limitrofo confine vecchio-croato, dal quale ben presto s'insediarono nelle regioni confinanti e nella Carniola. L'epoca della loro emigrazione dalla Bosnia, e propriamente da quella parte di paese che, [221] dopo la conquista da parte dei Turchi, si nomò "Croazia turca", si lascia precisare discretamente da certe lettere scritte dal conte Torquato Carlovich a Katzianer nel 1530. (16)

Costui riferisce al Katzianer, qualmente 50 famiglie di Vlachi (dunque non di Serbi) siano pronte a disertare dal territorio turco e venire nella Carniola, ove pregano per lettera di potersi stabilire colle loro famiglie. (17)

Non molto dopo dev'essere avvenuto il passaggio di questi Vlachi nella Carniola, perchè ai 14 Settembre 1530 il vice capitano e gli abitanti di Bihacz diressero a Katzianer uno scritto in favore dei "Valachi Turcorum", già emigrati dai distretti di Srp, Unniza e Glamoč, il cui duce (o voivoda) aveva già chiesto a Ferdinando un'accoglienza benevola. (18)

Nello stesso senso scrisse, sei giorni dopo, a Katzianer il bano della Croazia dal suo castello di Krupa. Passarono con tutto ciò tre anni, prima che questi emigrati ricevessero un soggiorno stabile nella Carniola.

Durante questi tre anni essi dovettero condurre una vita assai misera, frammisti ai contadini indigeni, dispersi sui luoghi incolti e per i boschi. Queste sedi instabili si estesero, [222] dal distretto di Sichelburg, su Möttling, Tschernembl, Pölland, Kostel, Laas, fin nell'interno dell'altipiano del Carso, (p. 131).

Perciò Ferdinando, con decreto d. d. 24 Aprile 1532 da Ratisbona, indirizzato ai Commissarii provinciali della Carniola, nominava dei comandanti speciali per gli Uscocchi che vivevano nei distretti sopra nominati, sebbene sembri, che al principio del 1533 la maggior parte di essi vivesse ancora dispersa sull'altipiano del Carso.

Stanchi della vita randagia, esposti alle molestie sanguinose dei contadini indigeni, questi fuggiaschi minacciavano, ove non si assegnassero loro delle terre per potervisi stabilire colle loro famiglie, di far ritorno nella Bosnia, sotto il dominio turco, anzichè lasciarsi trasportare su territorio croato, (p. 131) La base di queste trattative forma il già citato mandato regio d. d. 24 Aprile 1532; nel quale si ordina, che per insediare una "Anzal Lewt aus Bossen" la quale "hievor herüber zu uns gefallen, welche auch noch einen anhang und partei in Bossen haben und bishero sich wol erzaigt und gehalten", e che s'era rifugiata ai confini della Carniola, sul Carso, attorno Pölland e Kostel... vengano assegnati dei terreni sterili per ridurli a coltura... in primo luogo quelli che sono proprietà del principe, poi anche quelli che sono proprietà di privati e che dovevano venire espropriati". (19)

Vennero scelte a sedi stabili di questi Uscocchi: Sichelburg, Möttling, Landstrass e Pletriach... perchè qui, dicevano essi, potevano "all bey einander hausen und ihre Freunde} so in Krabaten nit behausst, zu sich nemben". (p. 133) (20)

[223] Carlo de Franceschi (op. cit., p. 402) ci fa sapere, che in data 27 Maggio 1533 la cancelleria aulica, in nome di Ferdinando I, ordinava ai Consiglieri spediti nell'Istria per far cessare le lagnanze e le questioni insorte fra il capitano Giacomo Durer ed i sudditi della contea e dare nuova forma all'Urbario, di provvedere che fossero nella medesima collocati i Bosniaci suddetti, i quali vengono chiamati Cici, (21) ed il cui numero verosimilmente si sarà aumentato dal 1532 per arrivi di novelli fuggiaschi".

[224] "Non è a dubitarsi, continua egli (p. 403) che i Cici o Morlacchi, in seguito a questo comando, furono in buon numero accomodati di terreni nella contea...

Ma anche dopo presa Clissa dai Turchi nel 1537, parte degli Uscocchi, che servirono colà sotto Pietro Crussich, devono essere stati trasferiti nella contea". (22)

Ciò che Carlo de Franceschi supponeva, avvenne realmente, come puossi vedere nel seguito del lavoro citato del Bidermann (pag. 141, sgg.; 152, sgg.).

Desta per noi speciale interesse la seguente notizia, che nel 1540 venne mossa lagnanza, per mezzo di un ambasciatore regio, alla Repubblica di Venezia, contro il ribelle Sakman, il quale si trovava già da lungo tempo "unter den Tschitschen und Uskoken", specialmente fra quelli che si trovavano al confine italiano (o veneto = am Wellischen), e scorrazzava per il paese. (V. pag. 141)

Dunque, non per semplici deduzioni, ma risulta da documenti, che questi emigrati della Bosnia, detti in generale "Uscocchi", ma precisati coll'aggiuntivo di "Valacchi", e che nel 1533 furono insediati sul carso carniolico e istriano, erano anche per il De Franceschi Cici o Morlacchi, come lo erano gl'insultatori della fantesca di Risano del 1540. (23).

Ma se le notizie di questo primo lavoro del Bidermann sono preziose per fissare l'epoca della venuta sul Carso dei Cicio Uscocchi e per precisare la patria onde vennero e la causa della loro immigrazione, quelle ch'egli dà nel secondo lavoro dal titolo: "Zur Geschichte der Uskoken in Krain" (24) sono interessanti, oltre che per le ragioni addotte, anche per gli accenni alla nazionalità di questi "fuggiaschi o disertori".

Da questo secondo lavoro (p. 174) sappiamo intanto una novità, e cioè; che il bano G. Torquato Carlovich e G. Cobascich avevano ricevuto l'incarico dell'organizzazione di un servizio di spionaggio, contro le incursioni turchesche, al confine austriaco, già nel 1523; e noi sappiamo già dal lavoro [225] dello stesso autore: "Die Romanen" ecc. che nel 1523 i Cici erano già stabili in alcune località del Carso.

Quanto al nome con cui si designano questi fuggiaschi dai Turchi, (p. 175) oltre al comune e già noto "Uskok", c'imbattiamo in un'altro equivalente, cioè: "Pribeg" leggi: Pribegh. (25)

Nella descrizione del viaggio di Benedetto Curipeschtitz del 1530 (26) si distinguono i Bosniaci romano-cattolici dagli "Zygen" (Cici) o "Marcolosi" (Martolosi). Ma ecco una nuova rivelazione. Gli amministratori delle possessioni della signoria Erdödy, Yasstrebarska, fecero ai 9 Ottobre 1530 una solenne protesta contro l'insediamento degli Uscocchi, fatto da G. Cobascich, nelle vicinanze del castello Erdödy Lipocz. Essi scrivono fra altro a Katzianer; (p. 180) "tandem percepimus, quomodo vellet Ioh Kobazych quosdam prybeg (fuggiaschi) seu Wlache ad confines castri Lypoch collocare". (27) Ma qui non è tutto. Nel 1531 vennero nella Carniola dei nuovi Uscocchi (p. 181, 182), i quali vengono qualificati per "Wolachi de Cettina". (28)

Nel Luglio del 1531 (Nota 2 p. 184) il pascià della Bosnia si lagnò col delegato del bano della Croazia, Carlovich, dei sotterfugi coi quali si cercava d'indurre i "Morlacchi" (ma che cosa si vuole di più?) sudditi turchi, ad abbandonare il territorio turco e a rifugiarsi su quello austriaco.

Nello stesso anno vennero insediati dei nuovi Uscocchi a Kostel. Pölland, Gerlasau e Osinitz. (p. 184)

S'è vera la relazione di Carlo Seifrid di Perizhoff, questi Uscocchi del 1531 vennero costretti a rimanere "theils am [226] Karste, theils bei Pölland und Kostel"; quest'ultimi ricevettero a capitano Nicolò di Thurn e quelli del Carso "Giacomo di Raunach (p. 185).

Da uno scritto della metà di Febbraio 1532 appariscono quali luoghi favorevoli all'introduzione degli Uscocchi, anche Adelsberg e Prem. (29) Kostel, nella mente di Katzianer, doveva essere la residenza del capitano o voivoda che si doveva scegliere per essi. (p. 186)

Non bisogna credere tuttavia, che questi immigrati conduccessero una vita agiata, tutt'altro. Trovandosi anzi sbalestrati in paese straniero, privi di tutto, si diedero alle ruberie, e di tratto in tratto minacciavano di voler far ritorno nella patria primiera; ciò però venne loro impedito (p. 186) dalle spedizioni fatte nel 1532, su territorio turco, da Giovanni Püchler e dal bano conte Zriny. I Turchi d'altro canto cercavano, con lettere di lusinga, d'indurre i disertori a ritornare in patria; ma essi resistettero a queste lusinghe e rimasero nella Carniola, (p. 187). Rifiutarono eziandio l'invito di Gussich, agente dei fratelli Frangipani, (30) che li avrebbe insediati volentieri nel Vinodol.

Finalmente nel Maggio del 1533 occuparono le sedi loro assegnate nel distretto di Sichelburg, (p. 187) ove da principio avevano 31 sedi (Huben); ma siccome c'erano ancora dei terreni liberi in cui allogarli, vennero qui dei nuovi Uscocchi negli anni seguenti. Già dal 1535 venne per essi impiegata la forma del feudo militare, e venne esteso un "Privilegio" col quale si regolavano i loro diritti e doveri di possesso (p. 188).

Nella primavera del 1538 venne nella Carniola una grande schiera di Uscocchi, per consiglio del voivoda Giorgio, [227] dal distretto bosniaco di Srp (p. 188). Negli atti di lagno dei Croati, coi quali questi chiedevano la rifusione delle spese per i danni commessi dai fuggiaschi, essi vengono detti: Rasciani Voskoky, Valachi Uzkoky, bribegi (pribeghi) (31).

Gli Uscocchi non si restrinsero alle sedi occupate dai primi sorvenuti, ma si appropriarono eziandio alcuni territorii di nobili croati a Podgorje (Pod-Turen?) e infine s'introdussero nella signoria di Landstrass (p. 188).

Il re Ferdinando si occupò con amore dei nuovi arrivati; quest'amore era dovuto all'intercessione del comandante supremo Nicolò Juriscich e del comandante dei confini Erasmo di Thurn.

Nel Dicembre del 1538 il re impartì l'ordine d'insediarli a Kostel o in altri luoghi in cui potessero essere occupati (p. 189) Poco tempo prima erano apparsi quali punti favorevoli al loro insediamento: Pölland nella Carniola e Ledenize nella Croazia. Posteriori spedizioni dovevano venir fatte verso Modrussa e Ogulin. Ferdinando, con rescritto (da Linz) d. d. 5 Settembre 1538, diretto al suo fedele Nicolò Juriscich, rilasciava un privilegio a favore di alcuni capitani o voivodi serbi (meglio: rasci) che, accompagnati da molti fuggiaschi, intendevano venire a' suoi servigi. (32)

Nel 1539 avvennero due nuove immigrazioni di Uscocchi; la prima nel Marzo, la seconda nell'Agosto. Anche l'idea d'insediarli nel "Ducato" (così chiamavasi il territorio presso Möttling, che apparteneva al conte Stefano Frangipani) sorse nel Luglio del 1539 (p. 190). Nell'Agosto del 1539 vennero dei nuovi Uscocchi nella Carniola dalla Cettina. Gl'indigeni ritenevano, che colà non vi fosse più posto per nuovi fuggiaschi; ma questi volevano stabilirsi assolutamente nei dintorni di Möttling; o tutt'al più a Jastravicz (Jasstrebarska).

[228] La Reggenza austriaca costrinse molti ad andare a Ogulin e a Modrussa (p. 190), ove erano occupati nei lavori campestri delle possessioni del conte Frangipani. (33)


E qui io abbandono queste preziose notizie, che il Bidermann ci offre in questi due suoi lavori sull'insediamento degli Uscocchi nella Carniola, e passo a provare, ch'essi erano nè più nè meno che Vlachi o Rumeni, come lo erano i Cici, i quali sono tutt'uno con questi Uscocchi della Carniola.

Le notizie storiche che ci dà il Bidermann in questi due ultimi lavori, sono senza dubbio interessanti per conoscere la causa e l'epoca dell'insediamento degli Uscocchi nella Carniola, ed io — come abbiamo veduto — ne trassi profitto; ma quanto alla nazionalità di essi, quanto alla loro identità coi Cici, non una parola trovasi nei due lavori suddetti. Io non avrei alcuna titubanza a ritenere questi "fuggiaschi dai Turchi" quali popoli di origine rumena e non serbica, quand'anche non avessi altre prove, che l'aggiunto di "Vlachi, Valacchi" col quale vengono designati; ma fra poco vedremo una testimonianza tale della loro rumenità, che dissiperà ogni dubbio anche nei lettori più scettici.

Lo Czörnig (Ethnogr., II, 161) vorrebbe fare a questo proposito una strana distinzione. Egli parla in più luoghi degli "Uscocchi" o "così detti Vlachi", e adopera questa dizione [229] anche per i fuggiaschi turchi importati nel distretto di Sichelburg, i quali, secondo lui, ricevettero dei Privilegi dagli arciduchi austriaci già tra gli anni 1524-1535 (ivi II, 167); ma poi questi cosidetti Vlachi sono per lui di ceppo linguistico serbo, mentre a designare i veri rumeni riserva la forma "Vallachi" (ivi, II, 161, Nota 3)

Questa distinzione, oltrechè essere strana e cervellotica, viene distrutta dal fatto, che nei documenti già veduti (e in quelli che seguiranno) questi fuggiaschi vengono scritti con ambe le forme; ma se anche cosi non fosse, se anche venissero sempre designati colla forma "Vlachi", si verrebbe sempre alla conclusione, ch'erano Rumeni: come ho esaurientemente dimostrato in principio, trattando del significato delle voci Vlaco, Morlacco, Uscocco.

La distinzione dello Czörnig però non ha alcun valore anche per un altro motivo, ed è: egli parla di questi Uscocchi o Vlachi del distretto di Sichelburg, quali immigrati di nazionalità serba; ma poi altrove (Ethnogr. I, 69) parla di isole linguistiche romano-orientali antiche, esistenti nell'Istria e nella Carniola, la cui popolazione sembra essere stata importata ne' tempi remotissimi, e allude: alle istriane della Valdarsa, e alle "carnioliche" di Hrast sopra Möttling e Bojanze a mezzodì di Tshernembl (Cfr. anche "S. R. I." pag. 211, Nota 1). Siccome questi luoghi furono colonizzati dagli Uscocchi nella prima metà del secolo XVI, che, come tosto vedremo, erano Rumeni, e non Serbi, ne viene, ch'egli non aveva un'idea esatta dell'origine, vuoi delle colonie rumene della Valdarsa, vuoi di queste della Carniola; ma che, come tutti gl'indagatori della sua epoca e della sua scuola, riteneva si le une che le altre quali avanzi della colonizzazione romana.

Giova per ultimo notare, ch'egli parla bensì dei Cici di passata, (V. Ethnogr., I, 57) ed osserva in nota, che sull'originaria posizione etnografica di essi verrà detto più tardi trattando della storia delle popolazioni dell'Istria"; ma da quanto mi consta, questa parte della sua opera non venne pubblicata.

Nell'opuscolo di suo figlio: Die ethnologischen Verhältnisse des österr. Küstenlandes (Trieste, 1875) a pag. 26, sgg. si parla [230] dei Cici, Morlacchi, Uscocchi, ma richiamandosi soltanto alle Notìzie storiche di Carlo de Franceschi per le varie introduzioni di Morlacchi nell'Istria, e all'opuscolo dell'Urbas (Die Tschitscherei und die Tschitschen) per quest'ultimi; ma nulla si dice della nazionalità di essi.

Dei Rumeni di Valdarsa egli tocca brevemente a pag. 23, 24, seguendo, circa l'origine di essi, le teorie del Miklossich.

Vediamo adunque queste prove non dubbie della rumenità di questi fuggiaschi (Uscocchi) della Carniola. Esse sono tolte dall'opera rinomata del Valvasor; Die Ehre des Herzogthums Crain, (V. Libr. VI. cap IV, pag. 292)

"Die Uskoken oder Valachen haben den Namen empfangen von dem Wort "Skok", welches auf Crainerisch (anche in serbo-croato) einen Sprung bedeutet. — Vennero dalla Turchia colle mogli e coi figli nella Carniola 146 anni prima. (34)

"Sie selbst nennet sich in ihrer Sprache (35) Vlahe oder Lahe (36), gleichwie sie unter den Griechischen Keysern Blachi genannt wurden als wie man beym Laonico findet (37)

"Die Leute, die Uskoken oder Walachen", — abitano nella Carniola di mezzo, ed hanno dei grossi villaggi specialmente presso Freienthurm, Weniz e loro dintorni; ma presso Sichelberg (38) nei monti del medesimo, delle case isolate con vigne ed orti...

[231] (p. 296): "Dieses Volk redet Walachisch, welche Sprache von der Krabatischen in etwas, von der Crainerischen aber noch was mehr unterschieden ist". (39)

A questo proposito della lingua valacca il Valvasor si richiama al Lucio (V. il capit. De Vlahis più volte citato), e continua così:

(p, 296): "Es gedenkt zwar Joh. Lucius die Walachische und Lateinische Sprache seyen einander sehr ähnlich, und die Walachische von der Lateinische entsprossen: aber man muss wissen, dass solche halb Lateinische Sprache nicht unserer Uskoken, oder in Crain wohnenden Walachen (40), sondern der Morlachen ihre sey; welche Morlachen man insgemein auch Walachen nennet. (41) Daher dieser Bericht des Lucii auf die Sprache der Morlachen gehet

"Denn in der gantzen in Turkey ligenden Walachey redet man also, wie allhie unsere Uskokische Walachen". (42) Quest'ultime parole, come le dizioni: "Uscocchi o Valacchi", "questo popolo parla il valacco", come il resto del testo, non lasciano dubbio alcuno, che gli Uscocchi insediati nella Carniola tra il 1530-40, accompagnati non per nulla coll'aggiuntivo di "Vlachi o Valacchi", erano d'origine rumena e non serba, se parlavano [232] questa lingua ancora nel secolo XVII, come la parlavano i Cici del Carso, a detta di Fra Ireneo, ancora al principio del sec. XVIII.

Lo stesso autore (V. Libr. VII, pag. 482, sgg.) parla diffusamente della religione e delle cerimonie religiose di questi Uscocchi o Valacchi della Carniola, cerimonie che sono in tutto eguali a quelle dei Rumeni. Poi ritorna sugli Uscocchi di Sichelburg, che ancora chiama Valacchi, esprimendosi in una maniera piuttosto confusa (V. Libro XII, cap. 2°, pag. 75 sgg.); e finalmente una terza volta tratta degli Uscocchi o Segnani (pag. 84 sgg.). Dalle notizie ch'egli ci offre, e da quelle che potei io desumere da altre fonti, specialmente dall'opera citata del Kercelich (V. pag. 431, sgg.; 433, sgg,; 448, sgg.; 470, sgg.) resta provato quanto segue:

Vi furono diversi insediamenti di Valacchi (Uscocchi nel senso di transfugae) nella Carniola orientale e meridionale confinante colla Vecchia Croazia, incominciando dall'anno 1530 fino al 1540; ma a questi ne susseguirono altri anche molto più tardi.

I Valacchi dei primi insediamenti, oltre a parlare il rumeno, sono per lui scismatici e seguono in tutto e per tutto le cerimonie religiose dei Rumeni della vera Valacchia.

Siccome anche in Croazia alcuni Vlachi, che in origine erano di religione greco-disunita, passarono al cattolicismo, ci pare che di questi ne venissero alcuni a Sichelburg posteriormente.

Finalmente gli ultimi a venire devono essere stati gli Uscocchi di Segna; che in parte si identificano da lui coi primi, quanto all'origine valacca; ma sono già slavizzati e di religione romano-cattolica (43). (Cfr. Libro XII, pag. 75-77; e pag. 84-89).

E qui mi aspetto un'obbiezione. Ebbene; accettiamo come provato, che gli Uscocchi insediati nella Carniola nella [233] prima metà del secolo XVI, parlassero ancora il rumeno, e quando v'immigrarono e quando il Valvasor scrisse la sua nota opera storica; ma egli parla qui degli Uscocchi e non dei Cici. Egli parla dei Cici separatamente (V. P. I.) e non si esprime in modo certo sulla lingua da essi parlata. Sicuro, ciò è tutto vero; ma s'egli non sapeva, che i Cici non sono altro che un nome speciale degli Uscocchi, venuti sul'Carso nella stessa epoca; s'egli non si occupò dei Cici che di passata; noi invece sappiamo, che anche i Cici sono Uscocchi, che sì gli uni che gli altri vennero dalla vecchia Croazia, fuggiti però precedentemente dalla Rascia e Bosnia col nome di Vlachi o Morlacchi, dunque Rumeni.

Ed ora ritorniamo per poco a Carlo de Franceschi, il quale nelle Note storiche ci offre, senza volere, un contributo per la rumenità dei Cici. Egli dice (a pag. 403) che dopo la presa di Clissa da parte de' Turchi (1537) alcuni Uscocchi, che servirono colà sotto Pietro Crussich, devono esser stati trasferiti nella Contea di Pisino. Quest'asserzione si basa sopra una supplica dei nobili di Pisino (del 1698) Fabrizio Rapicio cancelliere e Francesco Bagni vicario della contea, "colla quale chiedevano di venire investiti nel territorio di Gimino di una parte di quella contrada, che in antecedenza era stata assegnata a 12 famiglie di Clissani, le quali a quel tempo in gran parte erano estinte, sicché si riducevano a sole 3 o 4, povere ed inabili a coltivare tutti quei terreni". Certo è, che perduta Clissa, gli Uscocchi del Crussich ripararono a Segna (44) ed altri luoghi austriaci ed è verosimile che ne furono trapiantati allora anche nel territorio della signoria di Lupoglavo dei Crussich, cioè, a Semich, Lesischine, Goregnavas e Dolegnavas, dove i contadini conservano tuttodì il vestito croato o morlacco.

"Che numerosi fossero più tardi i trasporti di codesta gente nella Contea, si rileva da una lettera del vicecapitano di Segna Hans Fuchs (?) a Francesco Barbo, signore di Cosliano (45) d. d. 19 ottobre 1568, in cui gli si partecipa "di [234] aver rilevato da persone degne di fede fare i Turchi pratiche per attirare dall'Istria una quantità di Cici (Zitschen) per metterli in Obrovazzo (Dalmazia allora turca) e suoi contorni." (46)

"Raccomanda il vicecapitano al Barbo di stare attento, che per tal modo non gli sfugga dal nido qualche uccello, e di portar ciò a cognizione anche del capitano della contea Svetkovitz e di altri suoi vicini."

Il Barbo, in data 5 novembre 1568, comunicava la lettera all'amico Mons. Andrea Gentilini, preposito di Pisino in quesi termini:

"Heri ho rezeuto la presente inclusa letera del sign vice-Cap di Segna, il quale mi scrive qualmente li turchi fano praticha di levar li morlachi d'Istria, et meterli apreso Obrovaz, qual fabricano, secondo V. S. in essa Letera intenderà. Credo che molti quali sono soto il dominio Veneto, e maxime li poveri, si potriano levar, per essere di quelli lochi stati" ecc. (p. 404).

Per comprendere il gergo, "che qualche uccello (Morlacco) potrebbegli fuggire dal nido" convien notare, che il Barbo possedeva la signoria e castello di Ciana sul Carso, abitato da Cici. (47)

[235] "Chiamando egli Morlacchi quelli che il Fuchs denomina Cici, si scorge essere quest'ultimo nome dato ai Morlacchi, ossia ai popoli di razza serblica della Bosnia, dell'Erzegovina, Dalmazia ed Albania, riparatisi in Istria e sul Carso come fuggiaschi". (48)

Che poi i Morlacchi ed altri stranieri, venuti a stabilirsi in Istria, talvolta ritornassero nelle antiche loro patrie soggette ai Turchi, lo si rileva da varie fonti, ed in particolare da un passo del Vergottini (1541) ch'egli riferisce a p. 405. (49)

Ma è senz'altro a ritenersi, che dal 1533 in poi, oltrechè Uscocchi di Clissa, altri ancora fuggitivi bosniaci venissero a più riprese trapiantati nelle campagne della contea, arrivando a formare una numerosa nuova popolazione, perchè nel 1579 l'amministratore della medesima, Antonio Wassermann, in un rapporto dichiarava "che i Morlacchi pagano quasi la massima parte della decima della Contea."

Dunque anche il De Franceschi fa i Cici eguali ai Morlacchi e li fa provenire dalla Serbia, Bosnia... soltanto li considera di nazionalità slava e non rumena, come disse anche altrove.

Quanto si riferisce all'introduzione di nuovi Uscocchi e Morlacchi nell'Istria nel sec. XVII (50) non fa più per la mia questione. Questi, secondo me, sebbene di ceppo originariamente rumeno, per la lunga dimora fatta in Dalmazia e Croazia, erano già affatto slavizzati, quando furono importati nell'Istria.

[236] Anche le posteriori immigrazioni di Serbi e Bosni nella Slavonia e Croazia, in via indiretta, dimostrano la rumenità dei Cici, perchè anche questi nuovi emigrati vengono detti Valachi e non semplicemente Serbi, Le notizie son tolte dalla opera più volte citata dello Czörnig. (Ethnogr. II, p. 167, sgg.)A) Gli Uscocchi o i così detti Vlachi (sic!) vennero anche fra la Drava e la Sava nel Comitato di Požega (Poxega) che da loro si chiamò "Piccola Valacchia." (51)

B) I così detti Vlachi fra l'Unna e la Culpa (pag. 168). Già nell'anno 1580 l'arciduca Carlo accolse entro ai confini parecchie famiglie di Morlacchi. (52)

Ancor più importante fu lo stabilirsi di numerosi fuggiaschi, probabilmente dalla così detta "Piccola Valacchia". (53)

In questo distretto, fra l'Unna e la Culpa, immigrarono nel 1597 nuovamente 1700 Uscocchi o Vlachi. (54)

C) I così detti Vlachi nel generalato di Varasdino (p. 169). Dopo la battaglia di Mohacz (1526) la Slavonia era divenuta [237] quasi un deserto spopolato (desertum secundum); poi v'immigrarono nuove genti dalla Bosnia e Serbia (1572). Rodolfo II rilasciò loro un Privilegio. In conseguenza di questo vennero nella deserta Slavonia (nel 1600) più migliaia di famiglie serbe dalla Bosnia e Macedonia. (55)

Nell'esame dell'origine del nome "Cicio" ci apparirà ancora più chiaramente la relazione che passa fra questi emigrati Bosno-Serbi, detti Valacchi, e i Cici; ora vediamo le prove della rumenità dei Cici dagl'immigrati Bosno-Serbi nella Lica e Corbavia.

Le notizie son tolte da una "Brevis et compendiosa duorum Comitatuum Regni Croatiae, Likae et Corbaviae descriptio" (del 1696 circa), stampata nell'opera dello Sladovich, già citata

p. 32. Siroka Culla... inhabitant locum duodecim Patres familias Neobaptizati et nonnulli Vallachi schysmatici...

p. 33. Ribnik... armis tractandis habiles 75, Rascianorum schismaticorum loci 40... E chi siano questi Rasciani scismatici risulta da quanto segue: [238]

p. 34. Medak est arx vetus ad littora fluminis Likae exaedificata colonias elegerunt ibi Vallachi seu Rasciani schismatici ex partibus marittimis illac appulsi, quorum domus recensentur 70... advolavit huc e Bosnia civitate Saraievo dicta quidam Episcopus Valachorum seu Vladika cognomino Athanasius Glubović, relictis ibidem suis fratribus et cognatis, idem primo collocaverat se in Kottar plaga spectante ad Venetis, ubi pariter domum suos inter Vallachos extruxerat.

Ma costui non potè rimanere qui, perchè 1° non aveva il permesso regio; 2° "quia in partibus Croatiae mari proximis Rasciani seu Vallachi" hanno già il loro vescovo o vladica...

pag. 34. Raduč est ad eam partem ubi mons Vellebich eminet... vicinus decurrit fluvius Raduciza vertens molendina, habitationes Vallachorum Rascianorum schismate ab unitate Ecclesiastica avulsorum 50 censentur.

p. 35. Ostrovizza cum Barleta castella sunt jam prius destructa... per silvas montanas dividitur Lika a Corbavia, incolunt hanc plagam Vallachorum seu Rascianorum patresfamilias 30, bini autem in Barleta ad ejusdem montis pedeni in editiori loco arx Babaz jacet... Vallachorum sunt domus 40.

p. 36. Novi in inferiori Lika arx est... dum tenerent dominatum barbari, 200 capita Vallachorum habitabant in districtu Novi, modo vero 34 domus sunt Ledenicensium, noviter babtisatorum 28, isti male certe sunt collocati propter viciniam Vallachorum Schismaticorum, qui fluxae fidei mortales meliora territoria praeripuerunt et occupaverunt, quod et alibi cum gravi dolore catholicorum passim faciunt. Arma capere possunt ex nostris Croatis 120 personae, ex neoconversis et aliis schismaticis Vallachis 500.

p. 36. Parlando di Jablanaz... Confinia patent ad octo milliaria germanica, coloni sunt (p. 37) Vallachi ex Kernpot et sancto Georgio.

...p. 37. Ab oriente Kosin respicit Pazarišće a meridie Jablanaz ab occidente Ottočaz, sunt in circuitu ternae villae seu pagi, superior est e Carnioliae confiniis eo translatorum incolarum domus 40; post hos Vallachorum est medius pagus 100 [239] capitum, tertius Croatarum 40 sessiones seu fundos tenentium, dissident hi cum Vallachis..." (56) E credo che basti.

Io ritengo pertanto d'aver dimostrato più di quanto ho promesso nell'Introduzione.

I. Alla questione: Quando i Cici vennero sul Carso? s'è visto, che nel 1500 erano già stabiliti nel territorio di Trieste. Genti affini ad essi, dette Morlacchi, s'erano insediate, qualche anno prima, anche in certe località deserte dell'Istria.

Nel 1523 i Cici appariscono già stabili in certi luoghi del Carso. Non si tratta però di una singola immigrazione, ma di varie, avvenute e prima e dopo il 1523. Non è improbabile, anzi è quasi certo, che le varie immigrazioni dei Cici sul Carso in masse maggiori combinino con quelle degli Uscocchi nella Carniola (1530-1540). Questi immigrati non sempre portano il nome di Cici, ma talvolta quello di Morlacchi. Anche questi sono d'origine rumena; ma bisogna distinguere fra questi Cicio-Uscocchi-Morlacchi della prima metà del secolo XVI, e i Morlacchi e gli Uscocchi del sec. XVII e del principio del XVIII. Questi, sebbene fossero della stessa origine, non parlavano più il rumeno, o almeno non l'usavano più quale lingua d'affari, quando vennero importati nell'Istria; [240] usavano invece la lingua serbo-croata, appresa già in parte nella Serbia, Bosnia, Erzegovina, e poi nella Dalmazia, ove rimasero fra slavi per più secoli.

Il. Donde vennero i Cici? — Dalla Serbia, (o meglio dalla Rascia, ch'è la parte S-E della Serbia); dalla Bosnia ed Erzegovina, ove c'erano già da varii secoli, passarono nella vecchia Croazia o Croazia turca; alcuni rimasero colà e diedero il nome alla Morlacchia e al Canale della Morlacca; altri furono insediati sul Carso — rimasto deserto per le incursioni dei Turchi — sul Carso istriano col nome di Cici, del qual nome si vedrà fra breve il significato; sul Carso carniolino col nome generale di Uscocchi, che dice: fuggiaschi, disertori.

Chi sono i Cici? — I Cici sono senza dubbio di ceppo rumeno.

Quali sono le prove della loro rumenità? — Eccole:

a) la dichiarazione del Nicoletti (1536?-1596) che descrivendo i Giapidi o Carsi, ci dà tutti i caratteri che si attagliano ai Cici, e dice che "confondono colle schiave molte parole romane; ma traviate dalla vera pronuncia".

b) quella del Tommasini (1595-1654); "I Morlacchi che sono sul Carso hanno una lingua da per sè, la quale in molti vocaboli è simile alla latina".

c) di Fra Ireneo (1627-1713): I Cici diconsi nel proprio linguaggio Rumèri e usano un linguaggio "proprio e particolare consimile al Valacco".

d) del Valvasor (1641-1693): I Cici usano una lingua speciale, diversa dagli altri Carsolini.

e) dello stesso, a proposito degli Uscocchi della Carniola, che, secondo lui, parlavano il valacco e si dicevano Vlachi. E gli Uscocchi della Carniola vennero dalle stesse regioni dei Cici e nella stessa epoca, anzi sono tutt'uno coi Cici.

f) l'aggiuntivo di Vlachi o Valacchi col quale si accompagnano questi fuggiaschi o disertori Se non fossero stati Rumeni, non c'era bisogno di quell'aggiunta; ma bastava chiamarli [241] semplicemente: Serbi, Rasci, Bosni... Talvolta vengono detti anche Morlacchi; denominazione che s'identificava nel M. E. con quella di Vlachi = Rumeni

g) la frase dei Vlachi (Uscocchi) di Ogulino del 1540: "questo vi diciamo noi tutti Rumeni (vlaški).

h) il contributo di Carlo de Franceschi (Vedi infra) che qualifica, in più luoghi della sua opera, questi fuggiaschi dei Turchi, riparatisi sul Carso, quali Morlacchi sinonimi di Cici, quantunque li ritenga di ceppo serbo.

l) le posteriori immigrazioni di Serbi, Bosni... nella Croazia e Slavonia, i quali vengono detti Vlachi, Vallachi, Rasciani o Valacchi.

m) I lettori si ricorderanno, che l'Urbas (V. Parte I) dichiarò, 1° che i Cici celebrano nei loro canti popolari l'eroe Mattia Corvino, al quale vengono attribuite delle azioni guerresche fatte da suo padre Giovanni (Sibignanin Janko); 20 Marco Craglievich, un eroe serbo; 30 infine che molti canti popolari jugoslavi sono comuni anche ai Cici.

Ebbene, ove appresero i Cici a celebrare nei loro canti popolari Mattia Corvino, oriundo Transilvano, se essi originariamente non erano Rumeni?

Fin qui ci stiamo, diran taluni; ma come c'entra poi nei loro canti Marco Craglievich? — Questa circostanza viene spiegata dal fatto, che i Cici, sebbene oriundi Rumeni, immigrarono dapprima nella Serbia e Bosnia, ove appresero i canti popolari di quella nazione; e finalmente, quanto agli altri canti popolari jugoslavi, i Cici li possono avere appresi dagli Slavi che li circondano, avendo appreso da loro anche la lingua, che oggidì parlano, non conservando più di rumeno che l'origine e la fisionomia.

n) I caratteri fisionomici, la foggia del vestire, il modo di vivere,... li distinguono dagli Slavi in generale; il tipo fisionomico dei veri Cici (non di quelli che così addimandansi, soltanto perchè abitano quella parte del Carso, che dicesi Ciceria in senso lato e perchè vendono il carbone come i Cici veri,) li annoda ai Rumeni della Transilvania; la foggia del vestire istessamente, seppure non si voglia trovare una somiglianza con [242] quella dei Morlacchi che sono anche di origine rumena; il modo di vivere finalmente ricorda quello dei Rumeni della Transilvania, come risulta dalla seguente notizia.

Il signor Alberto Rosenfeld, ancora vivente a Trieste, e che stette più anni nella Transilvania, mi assicurò, che non appena giunto qui, restò non poco sorpreso nel vedere i nostri Cici. Secondo lui, essi vestono alla foggia di certi contadini rumeni della Transilvania, specie dei dintorni di Hermannstadt, di Clausemburgo, di Biestritz.

Questi contadini parlano il rumeno, vestono alla foggia dei nostri Cici, si occupano del taglio delle legna che portano in città; fanno lavorare le campagne dalle donne, che tengono quali schiave — proprio come i nostri Cici — sono appassionati bevitori di acquavite (è notorio, che i nostri Cici sono famosi beoni) mangiano polenta (mamaliga), e quando sono sazi, non pensano punto al lavoro, ma sono amanti dell'ozio e passano il tempo fumando la pipa.

Ma dunque, osserverà taluno, tutti questi emigrati dalla Rascia, Bosnia... sono Vlachi o Rumeni, o non emigrarono eziandio con essi dei veri Serbi? — Ho già detto e lo ripeto: E più che naturale, che insieme coi Vlachi, Morlacchi, esulassero da quelle contrade, in conseguenza della conquista turca, anche dei veri Serbi; ma, da quanto sono venuto esponendo nel corso del lavoro, risulta che la gran maggioranza dei fuggiaschi era composta di Vlachi. E non soltanto i fatti esposti m'inducono ad abbracciare quest'opinione, non soltanto l'aggiuntivo di Vlachi, Valacchi, Rasciani o Valachi, Rasciani Uscocchi, Valacchi Uscocchi, ma la circostanza che, per quanto dure fossero state le condizioni d'esistenza nella Serbia, Bosnia, Erzegovina... dopo la conquista fattane dai Turchi, era tuttavia assai difficile, che i forti possidenti e gli agricoltori liberi abbandonassero in massa i proprii averi per avventurarsi in paesi stranieri, in balia della fortuna; mentre i Vlachi erano semplici pastori, probabilmente senza possesso stabile, all'infuori delle loro mandre, cui potevano condurre con se senza gravi difficoltà, e così anche fecero nei secoli XII-XIV, allorquando, non la conquista turca, sì bene [243] il bisogno di nuovi pascoli per l'abbondante loro bestiame, li costrinse ad emigrare nella Dalmazia e Croazia. Questi emigrati però del principio del secolo XVI non vennero sul Carso istriano, croato e carniolico, in cerca di pascoli, ma trovandosi nella "Vecchia Croazia" quali recenti fuorusciti, ed essendo per natura robusti, intrepidi, e per la necessità degli eventi fieri ed eccellenti soldati, vennero insediati nei luoghi rimasti deserti per le incursioni turchesche, sia per ripopolarli, sia per difendere i minacciati confini.

Gli antenati dei Cici erano i Vlachi o Rumeni, domiciliatisi nella Serbia ancora nei secoli XII-XlV. Abitarono dessi qui per più secoli, quali pastori specialmente; dalla Serbia passarono eziandio nella Bosnia e nell'Erzegovina. Alcuni di questi Vlachi esularono spontaneamente, in cerca di pastura per le loro greggi, nella Dalmazia e nella Croazia; e, spingendosi sempre più innanzi, giunsero nella Valdarsa, ove sostarono: sono questi i progenitori dei Rumeni di Valdarsa. Alcuni invece rimasero nei paesi citati di sopra; e, in buona parte già slavizzati, ma parlanti ancora il rumeno, se ne fuggirono, alla fine del secolo XV, dinanzi al Turco conquistatore e si domiciliarono provvisoriamente nella Croazia.

Questi sono i Cicio-Uscocchi, che al principio del secolo XVI furono importati sul Carso istriano e nella Carniola inferiore, specialmente attorno a Sichelberg, per ripopolare quelle regioni ch'erano rimaste spopolate in conseguenza delle incursioni e devastazioni dei Turchi.

Di origine certamente rumena, come ne fa fede la lingua parlata da essi nei secoli scorsi, ma abitando fra Slavi ed essendo venuti fra noi già in parte slavizzati, poterono col tempo dimenticare la lingua materna. E chi oggidì ricorda ai Cici questa nobile origine, si sente rispondere: "Tu sei un pazzo; noi siamo Croati". Habent sua fata anche le nazioni e le lingue da esse parlate!

APPENDICE.

Sull'origine del nome "Cicio".

Fu già notato più e più volte nel corso del presente lavoro, che il nome generico col quale si designavano questi fuggiaschi o disertori dei Turchi era "Uskoki", "Pribeghi", che quasi sempre però viene accompagnato dall'aggettivo "Vlachi" o "Valachi", e che li si fanno emigrare dalla Serbia (Rascia) e Bosnia, ove appunto vivevano, frammisti a Serbi, i Vlachi o Rumeni.

S'io avessi potuto avere fra le mani qualche fonte contemporanea di quei paesi, è probabile che mi sarei imbattuto in qualche accenno, sia pure fuggevole, della causa di questo strano nome "Cicio", col quale vengono designati soltanto i fuggiaschi domiciliatisi sul nostro Carso, laddove quelli che si stabilirono sul Carso carniolico mantennero il nome di "Uscocchi", o "Vlachi".

Converrà adunque, che ce ne rendiamo conto per via di logiche deduzioni.

In primo luogo si osservi, che il primo documento a noi noto, nel quale ricorre questo nome è del 1463; ed è usato da un prete di Lindaro, che scrive in croato, usando la forma "Čič" che è il genitivo plurale di "čiča" (che nella lingua serba significa zio).

Con questo nome il prete di Lindaro designa alcuni delle genti del conte Giovanni Frangipani, (signore dell'isola di Veglia) rimasti morti sul campo in quell'anno, nella battaglia avvenuta nella contea di Pisino, fra le genti del Frangipani e quelli della contea di Pisino. Questi Cici non erano indigeni dell'isola di Veglia; ma o erano assoldati nella terraferma, nei possedimenti de' suoi fratelli, ove c'erano già dei Vlachi o Morlacchi, immigrati dalla Serbia e Bosnia già nei sec. XIV, o erano quegli stessi Vlachi o Morlacchi, cui il conte aveva importati sull'isola, ma dalla stessa terraferma, proprio in quel torno di tempo (V infra).

Si tenga ancora presente, che gli Uscocchi-Vlachi vennero dalla Serbia e Bosnia nella Croazia, e da qui furono importati [245] nella Carniola; i Cicio-Uscocchi vennero dalle stesse regioni sul nostro Carso; sono dunque tutt'uno.

Nella "Descrizione del castello di Lupoglavo, del 1523 questi emigrati dalla Croazia vengono detti in tedesco Tschizen, Tschitzen; in un documento tedesco del 1533 Zitschen; in un altro tedesco del 1536 die Ziegen; nei documenti latini di Trieste, dopo il 1500, Chichius, Chichi, una volta abbiamo Chichius de Segna.

Il Valvasor scrive Tschitschen, Tschitscher, volgarmente detti Zische; oggidì gl'Istriani li dicono Cici; i Tedeschi Tschitschen, che corrisponde alla pronunzia aspra slovena Čičen (Tcitcen), mentre i Croati li scrivono Ćići (= Dcidci).

Opinioni:

  1. Tutti i nostri scrittori, come abbiamo veduto, fanno provenir loro questo nome dall'uso frequente nel discorso delle sillaba ci, ce; ma nessuno ne adduce le prove; nè io potei constatare ciò de proprio auditu.
  2. L'Urbas arrischia l'ipotesi provenga da Zinzar, colla perdita della n; ma gli si può subito obbiettare, che così si chiamano i Macedo-Valacchi, perchè pronunziano tsints invece di cinci (che vale 5), i quali Kutzo-Vlachi nulla hanno a che fare coi Cici.
  3. Il Dr. Tomasin accenna vagamente allo voce rumena ţiţa (pron. ziza colle z aspre) che, fra altro, vale "berrettina rossa". Vista la parentela fra Cici e Morlacchi e visto l'uso di questi ultimi di portare sul capo una berrettina rossa, potrebbe passare anche questa derivazione: popoli che portano una berrettina rossa"; ma l'ipotesi non è suffragata da prove.
  4. Cominciando dai lavori del 1863 (V. Parte I) fa capolino una nuova derivazione, che variamente enunciata, si riduce però sempre alla seguente: I Cici, incontrandosi, si salutano a vicenda dandosi del "cicia", zio (barba in veneziano) o secondo altri cugino. Quest'uso fu notato dai viaggiatori anche presso altri popoli; sicchè, già per questo motivo, V opinione si raccomanda all'attenzione dell'indagatore.

Quanto ai Cici essa è, non solo accettabile, ma è la realmente vera. [246]

Prove:

Già il Bidermann (Die Romanen ecc. p. 79) osservò, che il contadino della Slavonia inferiore (Sirmio) chiama "cicia" il suo simile nell'incontrarsi. E notorio e provato, che nella Slavonia s'ebbero varie immigrazioni di Serbi e Valacchi (sec. XV - XVII), onde ad una parte di essa provenne il nome di "Piccola Valacchia". Ora il vecchio ex-direttore della locale scuola serba, che visse tant'anni a Trieste, mi assicurò che ancora oggidì nella Serbia, quando un più giovane s'incontra in un più anziano, gli dà del "cicia" (p. e. Čiča Peter = zio Pietro = barba Piero alla veneziana) uso che vige anche nel Sirmio e nel Banato. Ma se i Cici vennero nella Croazia dalla Serbia e Bosnia, resta provato, che vennero qui così chiamati dall'uso che avevavo di darsi del "barba" (cicia), e Cici corrisponde quindi alla dizione: "genti che si danno del cicia". Una sola cosa resta ancora da spiegarsi, ed è: perchè gli altri fuggiaschi della Serbia e Bosnia furon detti Uskoki, Vlachi, Morlacchi, e soltanto questi del nostro Carso si dissero Cici ? — Una ragione certa io non la conosco; non mi pare però d'esser lontano dal vero asserendo, che appunto perchè avevano diversi nomi, ogni paese in cui emigrarono prese quel nome che più gli piacque; e chi li disse in generale Uscocchi (fuggiaschi, disertori) chi li designò con Vlachi o Morlacchi, perchè Rumeni di nazionalità, e chi li disse Cici dall'uso di salutarsi così; e gl'Istriani li conobbero con quest'ultimo, che probabilmente venne loro dato già nella Serbia, o almeno nella Croazia; perchè così chiama il prete di Lindaro, nel 1463, le genti al soldo di Giovanni Frangipani, signore dell'isola di Veglia, che aveva qui importato dei Vlachi o Morlacchi dai possedimenti che la famiglia teneva nella Croazia; perchè così li chiamano i Triestini subito dopo il 1500. Di maniera che anche l'origine del nome ci conduce alle regioni onde trassero, prima d'insediarsi sul Carso, e cioè; alla Serbia, Bosnia, Erzegovina, dai quali paesi fuggirono dinanzi alle orde turchesche fissando una sede precaria nella Corbavia, e specialmente nella Lica, su ambi i versanti del Velebit, che da essi prese il nome di Morlacchia.

[247] Ancora una breve osservazione e poi fo punto.

Quasi tutti gli scrittori citati nella Parte I, dopo il 1863, fanno derivare anche il nome Cicio dalla voce cicia, che dicono significare tanto cugino che zio; ma fanno provenire questa voce dalla lingua rumena. Ciò non è esatto. Nella lingua rumena cugino si dice ver, e zio unchiu. Invece nella lingua serba čiča significa zio; nella lingua croata čič vale zio paterno, e čiča o čiko dicono cugino. Dunque anche il nome che portano questi fin qui strani e tardi immigrati del Carso è di origine serbo-croata; dunque anche il loro nome accenna alla patria secondaria onde trassero.

FINE


Note - Parte III:

  1. Per lui sono Slavi meridionali; per me sono, nella gran maggioranza, Vlachi, Morlacchi, Uscocchi, Rasciani, cioè, Rumeni.
  2. Cfr. Kercelich, op. cit., pag. 307. sgg.:
         "Hi Capitanei (di Segna) Turcas ad Corbaviam excurrentes, et partes Vunnanas depraedantes a. 1493 repullerunt."
     pag. 291: "Croatiam, si non totam, maiorem profecto eius partem, Mathias Rex, ob bella cura Turcis aliisque habita, militaris iurisdictionis iurisque tenuit et gubernavit."
  3. Cfr. Kercelich, op. cit., pag. 431.
         "Sclavoniae Croatiaeque locis desolatis desertisque per Turcarum excursiones redditis, postquam ad deserta haec impopulanda Rascianos, vulgo Vlahi vocatos evocassent illocavissentque, eorum saluti erat consulendum. — Nacquero dei dissidii fra gli aderenti al rito greco e i passati al cattolicismo, "cum Graecis non admitteretur ad latinos ritus transitus. Et qui transierant, reddire cogebantur, eo effectu, ut non pauci ex Latinis ad Graecos transiverint, qui in ipsis Legibus Predaucy vocantur."
         pag, 470: "In legibus ipsis Predauciorum, aeque ex slavonico Pridan aut Predan, sive coniunctus vel adiunctus, efformatorum est mentio."
  4. Cfr. Farlati, Illyr. sacrum, V, 500:
         "Dum Osvaldus (1466-99?) huic Ecclesiae (di Zagabria) praesidebat, Ulachos et Rascianos ritus graeci, qui Turcarum indignati dominatum, e Serblia et Valachia profugerant, Matthias rex in Slavoniam et dioecesim Zagrabiensem recepit, domicilia illis et agros assignavit, eosque tum multis privilegiis et beneficiis auxit, tum onere decimarum exemit."
         Il passo del Farlati va confrontato col decreto di Mattia Corvino del 1481: .... "Rasciani ad decimas solvendas non teneantur"... ciò che viene ripetuto in più luoghi. Cfr. Iura regni Chroatiae, ecc. Parte III, pag. 6.
         E ritornando al Farlati. op. cit., V, 558, abbiamo:
         "Dum Petrus huic Ecclesiae (di Zagabria, 1600?) praesidebat, primus Episcopus Graeci ritus datus est Valachis sive Rascianis, qui e ditione turcica, ut diximus in Osvaldo, in Slavoniam et Chrobatiam confugerant, receptique fuerant in clientelam regis Hungariae, et agris ac domiciliis donati sub ea conditione, ut eiurato schismate Photiano, se ad comunionem Ecclesiae Catholicae Romanae adiungerent. Sedes episcopalis constituta est in oppido et Ecclesia S. Michaelis de Marcha" (leggi Marcha) ecc. ecc. Più sotto si ripete: "ad Valachos seu Rascianos, qui sunt in dioecesi Zagabriensi"...
         Sladovich, op. cit., pag. 34:
         "Medak (nella Lica)... colonias elegerunt ibi Vallachi seu Rasciani schismatici"...
         pag. 35; "Ostroviza cum Barleta... incolunt hanc plagam Vallachorum sou Rascianorum patres familias 30"... (nella Lica-Corbavia).
         pag. 431: "cum innumerabili fere Valachicae seu Rascianae gentis familiarum numero"...
         ..."ipsam praedictam gontem Rascianam seu Valchicham"... (si parla di terre intorno a Marcia). Dunque questi immigrati vennero bensì dalla Serbia, Rascia, Valacchia...; ma non erano Slavi, se vengono detti Valachi!
  5. Vedi il relativo documento negli: Acta historiam Confinii militaris croatici illustrantia, Tomo I, pag. 2.
  6. Cfr. Jura regni Croatiae ecc., I, 277; Sladovich, op. cit, p. 269. sgg.; Du Cange, op. cit, pag. 176; Kercelich, op. cit., pag. 314, sgg.
  7. Oltre alle molte prove già addotte, (Cfr. Note, pag. 398, Parte II) se ne addurranno ancora delle altre per dimostrare, che questi fuggiaschi, Della massima parte erano Vinchi o Rumeni, e non Slavi. Eccone alcune subito. (Cfr. Acta... Confinii militaris... cit. Tomo II. pag. 131). L'imperatore Ferdinando II, nel rilasciare delle istruzioni per i Vlachi (in latino Vallachi) che si dicono Uscocchi, usa questa frase: "exemplum secuta sua Maiestas in eo Ferdinandi primi... qui Vscocios ex partibus ditionum Turcarum in ditione Christianitatis sese recipientes, in dominio honorum Sichelberg, Carniolae provinciae considere faciens"...
        
    pag. 142. Lo stesso imperatore, nel prendere sotto la sua protezione i Vlachi insediati nella Croazia e Slavonia, come fecero i suoi predecessori... dice: "qui nimirum nationi Valachorum, dum sub certis ductoribus et antesignanis (in islavo: voivodi) ex ditionibus Turcarum emigrarent, ac in domiciliorum loca, quae pro nunc in partibus Sclavoniae e et Croatiae incolunt, collocarentur"...
        
    pag. 146: "ante egressum ex Turcia Valachorum... Quin etiam usque ad Carnioliae et Stiriae fines penetraverint"...
        
    pag. 147: "si aliquo modo tota gens Valachicha, quae per totius Bosnae confinia latissime patet...
        
    pag. 148: "Verum exemplo divi imperatoris Ferdinandi primi, qui huiusmodi Valachos sive Uskokos in limitibus Carnioliae... collocaverat eosdemque funài dominos contentaverat"...
  8. Le notizie sono tolte dall'Urbario che si conserva nell'Archivio provine, di Lubiana e che porta il titolo: Beschreibung des Gschloss Marenfels (Lupoglavo) sambt alien güldt und herlichait, colla data 2 giugno 1523. Presso Ladschach si legge: "ist lang zeit alles od gelegen und biss jetz mit Tschizen besetzt worden; get der Zinz am Sant Michelstag 1523; ist zwe besorgen werden nit pleiben und sonderlichen wan sie der pfleger von Neuhaus (Castelnuovo) nit rueblichen sitzen lasst."
         I possessori dei 5 poderi locali si chiamavano: Bertol Balatitz, Inder Waletisch, Iban Pilanebin, Jenco Gortschin, Milokhabin (= Milo Kabin?).
         Camillo de Franceschi (I Castelli della Valdarsa, p. 43) ascrive ad altra causa la venuta dei Cici sul Carso, e non al fatto, che esso era rimasto deserto in conseguenza delle incursioni turchesche.
         Egli ascrive, cioè, la chiamata dei Cici sul Carso alle conseguenze della guerra fra Venezia e l'Austria, per il possesso della Contea (1510-11) e alla pestilenza conseguitane; per la qualcosa gli "Herberstein, che per i diminuiti introiti urbariali ne risentirono gravemente il danno, cominciarono ad accogliere sui loro dominii i Cici, fuggiaschi dalla Croazia, dalla Bosnia e dalle altre provincie meridionali, invase e occupate dai Turchi, e ad assegnar loro le terre rimaste deserte." — Ripopolata in tal modo la Signoria,... l'arciduca Ferdinando stabilì di dare nuova forma e ordine all'Urbario e nominò all'uopo un'apposita Commissione. Sarebbe questo l'Urbario di Lupoglavo di cui sopra. — Anche Carlo de Franceschi (Note storiche, p. 401) descrivendo lo stato miserando della contea di Pisino e della restante Istria austriaca, dopo la guerra tra Massimiliano e i Veneziani, dà le stesse cause dello spopolamento del Carso; e a p. 402 dice, che si dovette pensare al ripopolamento della contea col trasporto di genti straniere, che poco innanzi vengono designate quali Cicio-Qscocchi; ma il riordinamento dell'Urbario sarebbe avvenuto appena nel 1533. — Probabilmente si confondono qui varie importazioni di Cici, avvenute in diverse epoche.
  9. Ibidem: L'inserito luogo suona: "Von diesem Waldt und Contrada dienen die Pauren, so alles Tschitzen seint, wie hernach volgt." Vicino a nomi slavi non dubbiosi di contadini, compariscono nell'elenco i seguenti di non poco interesse: Wallitsch, Flockobin, Midimitsch, Wulitsch, Prilolobin, Minischin, Korbobin, Zwittin." — Ha ragione il Bidermann. Tanto i cognomi riferiti nella nota antecedente, quanto questi, sono slavi bensì, ma usati allora dai Vlachi della Serbia e Bosnia.
          "Della località Novavas (Villanuova) disse nell'anno 1548 il plenipotenziario della feudataria, in una Commissione distrettuale, ch'essa località esisteva circa da 22 anni".
  10. lbid. — "wann ein Paur von die gueter zeicht (davonzieht) darauf zu pringen, wie wol jetzt vil Pauern (sc. zu St. Canzian) sein; Ist aus der Ursach, das (dass) die Tschizen aus Krabatten ror den Türkhen lauffen; (dunque i Cici son venuti, fuggitivi dinanzi ai Turchi, dalla Croazia); aber sobald frid mit den Türkhen wird, lauffen sie wider anhaimbs".
         p. 87: Che sotto Ladschach non sia da intendere Lanišće (pron. Lanisc-ce) nell'odierno distretto di Pinguente, ma si debba intendere Lešće (pron. Lesc-ce) segue dalle circostanze del primo comune; dalle quali emerge, che Lanischie non era parte integrante della Signoria di Lupoglavo, ma apparteneva al Circolo distrettuale veneto di Raspo. Lešće del Bidermann dev'essere Lesechie (si legga alla veneta).
  11. Cfr. Krones, Handbuch der Gesch. Ocsterr., I, 359:
          "Alt-Croatien im Ganzen lag zwischen dem Cettinje = oder Cettina-Flusse im Süden, der Save und Kulpa im Norden, während es im Osten der Verbas im Westen die Adria begrenzte." — V. anche Czörnig, Ethnogr., II, 162.
  12. Il Bidermann (p. 87) dopo queste parole apre una nota nella quale parla dei due documenti già a noi noti del 1465 e 1468 per i Vlachi (Morlacchi) importati dal conte Giovanni Frangipani sull'isola di Veglia, e li pone in relazione coi Cici dei Carso del 1523. Nel testo poi dice, che l'isola di Veglia servì loro quale ponte di passaggio per portarsi nell'Istria.
         Quest'opinione dev'essere ripudiata per varie ragioni: In primo luogo egli stesso, un po' più in su, ci avverte, che la patria dei Cici, specie di quelli dell'Istria, va cercata attorno al Velebit, nella quale asserzione mi trova suo compagno; in secondo luogo i Vlachi o Morlachi di Veglia furono anche importati colà dalla terraferma; ma in un'epoca differente, cioè, quasi un secolo prima, e colà rimasero; ripugna in terzo luogo ritenere, che i Cici, per toccare il Carso, siano passati attraverso l'isola di Veglia; vuoi per le difficoltà del trasporto con navi dall'isola sulla costa dirimpetto, vuoi per il fatto, ammesso anche dal Bidermann, che gli Uscocchi insediatisi nella Carinola tra il 1580 40, seguirono la via di terra, come del resto doveva avvenire, se si ponga attenzione ai confini meridionali, occidentali e settentrionali della "Vecchia Croazia".
  13. V. per notizie sulla Morlacchia, già dal 1525-1553, il Tomo IL (vol. VIII) dei Monum. Slavor. Merid. (Commissiones et Relationes venetae), e nel Tomo III (vol. XI) dall'anno 1553-1571.
         Per ciò che riguarda la causa dello spopolamento della Morlacchia e della venuta quindi dei Cicio-Uscocchi sul Carso e nella Carinola, riferirò qui alcune notizie: Tomo II, p. 259 (Pago) "Et dopo che fu rovinata Scrisa, et che la montagna della Murlachia è disabitata per un spazio di 100 miglia, cioè, da Segna fin ad Obrovazzo, gli Euscochi, Martelossi et Turchi fanno tanti danni, che hanno fatto disabitar l'isola, perchè non essendo legne sopra la montagna della Murlaca, et la maggior parte vengono presi o morti dai Martolossi, a tal che dopo la perdita di Scrisa sono stati presi o morti più di 400 uomini da Pago"... (la Relazione è del 1553).
         Cfr. anche Tomo III, p. 21 (Isola di Pago)
  14. Non fa duopo ch'io mi perda nel ribattere ora quest'asserzione, che cioè gì'importati, esuli dalla Serbia e Bosnia, orano Slavo-Turchi, perchè i fatti che seguono porranno pienamente in evidenza, ch'erano esuli da quei paesi sì, ma parlanti il rumeno.
  15. In Archiv. für Heimatkunde di Fr. Schumi, vol. I, p. 113 sgg. (1882).
  16. Vedile in Kercselich, De regnis Dalmatiae, Croatiae, Sclavoniae (Notitiae praeliminares) p. 310 sgg.
         "Caeterum intimaverunt Vrae. M. ac nobis de Thurcis, aliqui Vlazi, ut saltum facient ad has partes multi, vel 50, quamtoties cum familiis huc venient, qui et litteras ad V. eandem D. miserunt, quas misimus ad V. M. et subsidium rogant a V. M. ut etiam illis sessiones aliquas praestaretis, ubi manerent cum familiis, quia calde boni milites sunt."
  17. Cfr. Kercselich, op. cit., p. 350.
        "Noverit Vra. M. quod quidam Valachy Turcorum, qui commoraverunt in Zerb, et in Unnatz, et in Slamoch, exierunt cum familia sua, una cum rebus quas potuerunt cum ipsis exportare"... Si lodano questi Valachi quali buoni militari... poi... "Quia si ad praedictos Valachos Vra. M. gratiose providerit, plures et plures ex parte ipsorum, ad servitia Regiae Matis et V. M. venient, et exient ad necessaria hujus Regni, quia sunt homines de valore"...
        "Et insuper humiliter rogamus V. M. quatenus dictos Valachos Vre. M. pro aliis dominiis mittere non faciatis."
  18. V. in Kercselich, op. cit, p. 343, la lettera per esteso. — Ne stralcio il seguente brano:
  19. Cfr. Bidermann, 1. cit., p. 131. — In uno scritto del 1533 (conservato a Lubiana) si legge una lettera indirizzata al capitano Giov. Piersch, colla quale gli s'ingiunge di significare agli "Herüber gesprungenen, soviel deren am Karst sein", di mandare dei plenipotenziari per addivenire ad un accomodamento. Più tardi ricevette la stessa incombenza Giov. Püchler, nelle cui mani trovavansi tutte le trattative.
    Cfr. anche Carlo de Franceschi, Note storiche, p. 402.
  20. Cfr. Carlo de Franceschi, Note storiche, p. 402:
         a) per il contenuto del rescritto di Ferdinando I dd. 24 aprile 1532, Ratisbona;
         b) per il susseguente della cancelleria aulica dd. 27 maggio 1533, la quale ordinava "ai consiglieri e riformatori, spediti in Istria per far cessare le lagnanze e questioni insorte fra il capitano Giacomo Durer ed i sudditi della contea, e dare nuova forma all'Urbario, di provvedere che siano nella medesima collocati i bosniaci suddetti, i quali vengono chiamati Cicci, ed il cui numero verosimilmente si sarà aumentato nel 1532 per arrivo di novelli fuggiaschi".
         c) per le miserande condizioni della Contea di Pisino dopo la guerra fra Massimiliano e i Veneziani (p. 401).
         d) per il docum. (in ted.) a p. 403 Nota 1, in cui più volte si nominano i Zitschen....
    Per quest'epoca cfr. anche: Puschi, Attinenze tra Casa d'Austria e la Repubblica di Venezia (1529-1616) Trieste, 1878-79, nel Programma del Ginnasio comunale di Trieste, p. 24, 25.
  21. Il documento di cui si tratta, e che per noi è di somma importanza, perchè vi si parla proprio di Cici (in ted. Zitschen), è del seguente tenore in traduzione italiana. (Cfr. p. 403, Nota 1, De Franceschi, Note storiche).
        
    E coi quali (gli abitanti della Contea) vengano posti nella stessa Contrada altri sudditi. Ma alcuni (governatori] si scusano e ammettono, che prenderebbero volentieri altri sudditi nel loro paese; ma non vogliono avere i Cici. Però, non potendosi avere in questi tempi altri sudditi, ed essendo il paese, come predetto, in più parti deserto, ciò ch'è di scapito e danno alla Camera per le decime e il Robot... (la Rabotta = voce slava = lavoro, servitù) mancanti... s'ingiunge al Capitano e si comanda, che debba cercare con ogni premura tali sudditi per ripopolare la Contrada e il Castello. Se però non potesse avere altri coloni che Cici, deve accogliere quest'ultimi; ma li terrà in freno per assicurare i beni e la vita degli altri. Col tempo, se i Cici si comportassero male, li cambierà nuovamente con altri coloni, acciocchè i primieri sudditi non siano danneggiati dai Cici e ritornino alla loro vita tranquilla. — (Atto esistente nell'Archivio civico di Trieste).
  22. Cfr. anche Puschi, 1. c. pag, 25. 26.
  23. V. S. I. I., pag. 180, Nota 3.
  24. V. nell'Archiv für Heimatkunde dello Schumi, vol. II, p. 174, sgg.
  25. Cfr. Kercelich, op. cit., pag. 350: "pro istis vulgo Prebegi dictis"... in una lettera diretta a Katzianer nel 1531, che tratta della introduzione di questi Valachi Turcorum.
  26. Cfr. Hammer, op. cit., Tomo IX, pag. 173.
         Benedetto Curipeschitz di Obernburg, faceva parte dell'ambasciata spedita da Ferdinando a Solimano a Costantinopoli (1529-30). Nel 1530 il Curipeschitz fece la descrizione di quest'ambasciata.
  27. Il castello di Lipocz è Lipovgrad presso Samobor.
  28. Per i Vlachi alla Cetina si vegga infra.
  29. Qualche cosa di vero ci dev'essere, perchè quelli di Prem si rivelano ancora oggidì alquanto differenti dagli Sloveni della valle del Reka, tanto nell'aspetto fisionomico quanto nei costumi fieri; ed è noto, che i vicinanti, a dinotare la loro furberia e malignità dicono premska duša, che fa il paio colla Lazmanska vira (fede d'Italiano) che il Morlacco della Dalmazia affibbia all'Italiano (dalmata delle città). Cfr. Fortis, Viaggio ecc. 1, 103.
  30. Per questo Gusich e i conti Frangipani si vegga negli: Acta croatica del Cucuglievich, p. 241 (1541).
  31. Dunque: Uscocchi o Pribèghi (fuggiaschi, disertori); ma Valachi o Rasciani.
  32. Cfr. Acta hìstoriam confinii militaris croatici illustrantia, Tomo I, pag. 3 — ove trovasi il documento per intero. I capitani (o voivodi) son detti "Serviani seu Rasciani". Vedi eziandio: Czörnig, Ethnogr. II, 360; Vaniček, Specialgeschichte der Militärgrenze, I, 26.
  33. Qui trova il suo posto un documento interessantissimo del 1540 circa. I Vlachi (Uscocchi) di Ogulino pregano il capitano di quella città, Giovanni Gal, che spedisca loro dei viveri, perchè patiscono la fame. (Cfr. Acta croatica del Cucuglievich, pag. 240).
         Il documento è esteso in lingua croata, da qualcuno ch'era stato incombenzato dai petenti, ed è stampato in caratteri cirilliani. — Ne stralcio queste frasi: "od nas novih Vlaha" = di noi nuovi Vlachi — (sono nominati: il conte Zrini — e il conte Frangipani di Teržan). E se volete essere il nostro stabile capitano, — ovo govorimo mi vlaški svi skupa — fateci giustizia...
         Vlaški è l'aggettivo di Vlach = valacco; ma mancando il nome cui appoggiarsi, la frase, secondo me, va tradotta così: questo vi diciamo noi tutti Vlachi (nome) — seppure, con un ampliamento del pensiero, non si possa tradurre così: noi appartenenti alla nazione valacca!
  34. Da un'osservazione del Bidermann (Über Ansiedlung... I, 130) ricavo, che il Valvasor scrisse questo brano nel 1686; dunque gli Uscocchi o Valachi, secondo lui, vennero nella Carniola nel 1540. — Come abbiamo veduto però (Cfr. infra le date dell'immigrazione secondo il Bidermann e il Dimitz) i primi insediamenti avvennero nel 1530, ma altri seguirono fino al 1540; dunque il Valvasor scambia quest'ultimi coi primi.
  35. Dunque gli Uscocchi non parlavano come i Carniolini, ma avevano una propria lingua.
  36. Si sa, che gli Sloveni indicano con "Lahe" gl'Italiani, e "govoriti laško" vuol dire "parlare italianamente"; ma dalle parole seguenti del Valvasor ("come i Vlachi dei Bizantini") e dalle dilucidazioni posteriori risulta indubbiamente, ch'egli intendeva dire, che gli Uscocchi della Carniola parlavano il rumeno,
  37. Cfr. in Lucio, op. cit., p. 271. — De Vlahis, - il quale cita Laonico.
  38. Sono dunque quegli Uscocchi che vennero insediati a Sichelburg fra il 1530-40, come abbiamo veduto nei lavori del Bidermann.
  39. Sebbene il Valvasor non fosse un glottologo, nè la glottologia fosse ancor nata, egli qui dice abbastanza rettamente. Questi Uscocchi-Valachi, per esser vissuti più secoli, prima fra Serbi poi fra Croati, dovevano avere certamente nella loro lingua rumena, quando toccarono il suolo della Carniola, molti elementi serbo-croati; e siccome fra il dialetto carniolino di quei tempi, pieno zeppo di elementi tedeschi, ed il dialetto serbo-croato passava una grande differenza, non deve destar meraviglia, se al suo orecchio il rumeno di questi immigrati dovesse apparire molto dissimile dal carniolino.
  40. Da questo modo di esprimersi del Valvasor sembrerebbe, che gli Uscocchi o Valacchi della Carniola non parlassero il rumeno; ma dalle parole che seguono questo dubbio viene totalmente dissipato.
  41. Che si vuole di più? — Dunque la lingua rumena è propria dei Morlacchi (Maurovlachi, Morolachi) che comunemente si dicono Valachi, cioè, Rumeni.
  42. La conclusione finale adunque è questa: In tutta la Valacchia, allora soggetta ai Turchi, si parlava così, come dagli Uscocchi-Valachi della Carniola.
  43. p. 84: Die Uskoken und Zenger.
         Die Religion betreffend sind die Zenger alle Römisch-Catholisch; — fanno le cerimonie del culto in lingua illirica o sclavonica. —
         p. 89: Die Sprache welcher sich die Uskoken Zenger gebrauchen ist eigendlich die Dalmatinische.
  44. Cfr. Minucio op. cit., pag. 6; Kercelich, op. cit., pag. 331; Sladovich, op. cit., pag. 103; Puschi, 1. c., pag. 26.
  45. Cfr. Camillo De Franceschi, op. cit., pag. 116-118.
  46. Cfr. Commissiones et Relationes venetae (Mon. Slav. Mer.), Tomo II, p. 172; "Oltra di questo del 1538 il magnifico meser Alvise Badoer fece venire dal Banadego, territorio turchesco, alla divotion di vostra serenità forse (p. 173) 5000 anime de Morlachi, i quali per sicurtà furono tatti passare in Istria, dove l'anno passato, cacciati dal aere, dalla strettezza di pascoli e dal difetto delle acque, et inescati dall'esentioni, che li Turchi li facevano grandissime, s'erano levati con le sue famiglie et ritornavano in Turchia.
         p. 198 (1553) Murlachi portano a Zara formenti, lane, schiavine, cordovani, mele, cera rossa et formagi... Il territorio di Zara ha pochi abitanti... le terre restano incolte... Onde il territorio per questa ragione non dà da vivere al paese, ma Istriani (sic!) e Murlachi, li quali Istriani a) tempo dell'ultima guerra turchesca, per opera, astuzia et valore del clarissimo misser Alvise Badoer, allora proveditor general in quella provincia, aveva condotti dal paese del Turco, per coltivar quel paese, et per esser così alli confini dei Turchi, minaccian di tornar ad abitar sotto loro, perchè i Turchi cercano di deviarli, et anco tal volta per questa cagione gl'accarezzan".
  47. V. Camillo De Franceschi, op. cit., p. 118.
  48. Convengo in tutto, meno che in quel "di razza serblica". Erano invece di razza rumena, venuti dalla Serbia, Bosnia, Erzegovina.
  49. V. anche: Atti e memorie della Società istriana... VI, 312 (1588). "La destrezza del N. U. Alvise Badoer provveditore generale in Dalmazia, di richiamare a ripristinarsi alle proprie abbandonate abitazioni varie Morlacche Famiglie, che avevano emigrato dal nostro Territorio (di Parenzo) travagliate dalle passate calamità, e che eransi rifuggiate sotto l'Ottomana soggezione, molto confluì alla ripopolazione dello stesso anno 1541 con la spedizione non solo di queste, ma di varie altre ancora associatesi".
  50. Per le varie introduzioni posteriori di Morlacchi nell'Istria, si vegga: Carlo de Franceschi, Note storiche, pag. 356 sgg.; Dr. Benussi, La liturgia slava nell'Istria, pag. 55, sgg.
  51. I così detti Vlachi! Perchè? — Erano proprio Vlachi; tant'è vero, ch'egli stesso ammette, che il paese in cui si stabilirono si chiamò da essi Piccola Valacchia.
  52. Ma i Morlacchi sono anche Maurovlachi, cioè Rumeni.
  53. Ma se partirono dalla Piccola Valacchia, erano dunque Valacchi.
  54. In questo proposito lo Czörnig ha delle curiose idee. A p. 166 egli dice: "Il nome Vlach negli atti di quel tempo apparisce avere lo stesso significato di Uscocco". Certamente; perchè questi fuggiaschi erano nella maggior parte Vlachi. E a pag. 168 osserva: "Nell'uso di allora Uscocco e Vlaco sono talvolta sinonimi; pure sembra farsi questa differenza: che Uscocchi vale fuggiaschi predoni e guerrieri; Vlachi. fuggiaschi della Piccola Valacchia; benchè con tutti e due i nomi si comprendessero principalmente Bosni, Serbi, Rasci"...
         E ancora: "I nomi Uscocco e Vlaco, in quel tempo, non hanno un significato etnografico; perchè sotto di esso sono comprese popolazioni di stirpe serba, come Bosni, Serbi, Rasci... ma di religione greca."
         Non fa duopo insistere, che questa era una sua opinione erronea; perchè, seppure i fuggiaschi provenivano da quei paesi, non potevano essere slavi (serbi)" quando vengono qualificati per Vlachi o Valacchi. Uscocco, in origine, non disse altro che fuggiasco, come abbiamo veduto; più tardi gli Uscocchi, specie quelli di Segna, costretti dalla miseria e dalla rabbia contro il Turco, invasore delle loro terre e spogliatore delle loro sostanze, divennero ladri.
  55. E dàgli con questi Serbi! — Ma s'egli stesso riferisce l'"Informano de Valachorum in confiniis Regni Sclavoniae degentium Episcopatus origine, progressu et effectibus" del 1662; ed in questa gl'immigrati vengono detti: "certi Valachi" i quali vennero "in confiniis slavonicis" negli anni 1600, 1608, 1609. E detto eziandio: "Rasciani, sive, ut verius dicam, Serviani; nam ex regno Serviae prodierunt"; ma perchè occorreva dire "Valachi", se erano Serbi, oltrechè di patria, anche di nazionalità!
         Ma c'è dell'altro. Nei Privilegi del 1659 e 1681 si legge: "Valachòrum privilegia cassentur". — "Ut Valachi in confiniis croaticis et slavonicis, sub potestate Capitaneorum commorantes, Regno incorporentur" — e: "in Sclavonia et Croatia per Valachos, qui nuper ex ditione Turcica eo se contulerunt". — "a dictis Valachis in Sc'avonia et Croatia".
         E nei Privilegi di Ferdinando II del 1627 (V. p. 364). Dopo essersi richiamato a' suoi predecessori, si legge: "qui nimirum Nationi Volachorum, dum sub certis ductoribus et Antesignanis ex ditionibus Turcarum emigrarent, ac in domiciliorum loca, pro nunc in partibus Sclavoniae et Croatiae incolunt"...
         E in un altro Privilegio di Ferdinando II del 1630 (V. p. 365) sta scritto: "Unde cum tota Valachorum Communitas, quae ex Antecessorum nostrorum divinae memoriae Rudolphi Sec. et Mathiae Rom. Imp. et Hungariae Regum Concessionibus et gratiis jam ad triginta abhinc annis in partibus Regni nostri Sclavoniae inter Szavum et Dravum domicilium habuerunt".
  56. Da una descrizione del vescovado di Modrussa del sec. XVIII (V. Sladović, op. cit., p. 40) riferisco questo brano: Dopo aver accennate le parrocchie cattoliche del vescovato modrussiense, è detto: "Fra queste parrocchie vivono i Vlassi (Vallacchi) o Rasciuni de'quali v'ha tre volte più dei cattolici; hanno i loro parrochi o popi a Dubrava, Ponikve, Moravize, Gomirje, Otok, Plaško, Mrezniza, Tržich, Poloj, Periasic, ed in altri luoghi."
         Questi Vlachi poi (pag. 41) sono venuti dalla Bosnia, e non si potevano porre ostacoli al loro passaggio, perchè la Corbavia era poco popolata.
         p. 431. Il vescovo di Zagabria Domitrovich dona a Fra Simeone Vratanj dell'ordine di S. Basilio alcune terre intorno a Marča. È detto, che venne in terre soggette alla corona ungarica "cum innumerabili fere Valachichae seu Rascianae gentis familiarum numero" — e che vuole riconoscere il papa quale successore di S. Pietro — e "ipsam praedictam gentem Rascianam seu Valachicham ad veram Dei cognitionem informare"...

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Created: Monday, August 22, 2011; Last updated: Wednesday, March 29, 2023
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